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  settembre 2016

“Comunisti” che si oppongono all’appello per l’asilo ai rifugiati siriani?

Strani incontri con la LCI


Rifugiati giungono a riva in Grecia nell’isola di Lesbo, nell’agosto del 2015. La Spartacist League USA e la Lega Comunista Internazionale si rifiutano di chiamare per l’asilo per i rifugiati. (Sergey Ponomarev/New York Times)

Maggio 2016 - Alla Fête di Lutte Ouvrière, poco fuori Parigi, abbiamo avuto strane “discussioni”, se si può chiamarle così, con quadri dirigenti, esponenti della Lega Comunista Internazionale, LCI. Poiché stavano la nostra stampa, siamo stati avvicinati da un tipo che urlava istericamente ripetendoci che siamo dei “liberali buonisti!”. Se facciamo appello per lasciar entrare i rifugiati nell’Unione Europea, sosteneva il tizio, allora tutta l’Africa vorrà entrare. Non avendolo riconosciuto di primo acchito, abbiamo pensato fosse un elemento di destra anti-immigrati che in qualche modo si era intrufolato nella kermesse della sinistra riformista. Presto però si è rivelato essere un membro di lunga data della LCI, e questo non è stato altro che l’assaggio dei continui scambi verbali che a intermittenza sono occorsi nei due giorni seguenti. Incontri ravvicinati del quarto tipo, direste voi, più strani di quelli raccontati dal film del 1977 con gli extraterrestri.

La LCI aveva messo insieme una squadra per molestare i sostenitori della LQI/LFI e della Fazione “Meglio-tardi-che-mai”, recentemente espulsa dalla Spartacist League /USA (LCI). I componenti di questo gruppetto della LCI erano particolarmente agitati dalla dichiarazione contenuta nel nostro articolo “I settori combattivi della classe operaia italiana impegnate in intense azioni contro la guerra imperialista possono giocare un ruolo di direzione delle lotte a questo proposito nel difendere pieni diritti di citta­dinanza per tutti gli immigrati e il diritto d’asilo per i rifugiati, diritti che possono essere conquistati solo attraverso azioni operaie e lotte nella prospettiva della rivoluzione socialista in entrambe le sponde del Mediterraneo”. Ci insultavano accusandoci di foraggiare illusioni su di un ipotetico imperialismo dal volto “umano”, per il nostro appello per il diritto di asilo per quelli che fuggono dalla guerra e dalle persecuzioni, sostenendo che questo avrebbe significato “l’apertura delle frontiere” (cosa non vera). Insistevano chiedendoci: se si fa appello per l’asilo per i rifugiati siriani, allora perché non anche per gli eritrei? E cosa dire dei rifugiati che fuggono dalla guerra civile nello Yemen? (Che significa? Che forse che voi li vorreste escludere?)

Cercando di riportare lo scambio verbale dallo spazio alla terra, abbiamo risposto: “Si, ma che ne dite dei rifugiati siriani? Ce ne sono a centinaia di migliaia che bussano alle porte dell’Europa proprio ora, che cosa dite loro?” La risposta di Len Meyers, editore di Spartacist, edizione inglese, a Jan Norden, editore di The Internationalist, era: “Oh, così tu e la Merkel [la cancelliera tedesca] salverete i rifugiati siriani, no?” A questa sorprendente domanda, la nostra risposta è stata che naturalmente la Merkel faceva entrare i rifugiati siriani per i propri scopi imperialisti, ma che la LCI si stava schierando con le forze della destra anti-immigrati in Germania. Allora abbiamo chiesto loro: e i siriani ammassati sulle coste turche che cercano di entrare in Europa, cosa dovrebbero fare? Dopo aver tentato di offuscare l’argomento dicendo che c’erano anche gli afgani e anche i pachistani tra loro, la loro risposta è stata che costoro avrebbero potuto starsene a casa a combattere. Combattere in Siria, per chi? Secondo la linea della LCI, i curdi siriani (e altri) dovrebbero schierarsi militarmente con lo Stato Islamico che li massacrerebbe tutti subito.

Digerendo gli argomenti dell’esponente della LCI, siamo ritornati sull’argomento qualche tempo dopo, chiedendo cosa ne pensasse dei soldati greci che hanno annunciato la loro disobbedienza, rifiutandosi di eseguire ordini anti-immigrati al confine tra la Tracia e la Turchia? (Vedete il nostro articolo [nel inglese] “General Strikes Are Back in Greece: Revolutionary Leadership Needed”, The Internationalist n. 42, gennaio-febbraio 2016). Se questi soldati si fossero rifiutati di ammassare i rifugiati che tentavano di entrare in Grecia, o li avessero addirittura aiutati a oltrepassare le barriere, questo significherebbe appoggiare l’“imperialismo umanitario”? Tutto quello che la LCI è stata in grado di rispondere era che se i rifugiati sono riusciti a passare, allora devono avere la cittadinanza. Però cosa dire dei greci che hanno aiutato a tirar fuori tanti rifugiati dalle acque di Lesbo, stanno forse aiutando l’imperialismo? Nessuna risposta. Secondo la LCI, l’idea di azioni operaie in appoggio dei rifugiati che tentano di passare attraverso i confini sarebbe da denunciare come “liberalismo da apertura delle frontiere”. Per i trotskisti genuini invece tali azioni sarebbero salutate come espressioni ristoratrici di solidarietà internazionale e come un atto di umana decenza.

Un'altra battutaccia della LCI era di pretendere che il nostro appello per “pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati e rifugiati!” significasse che un immigrato che vive in Francia dovrebbe avere la cittadinanza in Germania. E così è andata avanti, ogni argomento è divenuto più assurdo o reazionario dei precedenti. In realtà, lo scopo primario di tutto questo blabla sui rifugiati puntava a deflettere la sfida lanciata dalla Dichiarazione di Fazione “Meglio-tardi-che-mai” su chi avesse diretto la controrivoluzione in Germania dell’Est e in Unione Sovietica: gli imperialisti (come correttamente affermava all’epoca la stessa LCI) oppure gli stalinisti (come la stessa ha dichiarato nel corso dell’espulsione, nel 1996, dei quadri fondatori della LQI/LFI, posizione poi codificata nella Dichiarazione dei Principi della LCI). Per tutta risposta, Meyers ha insistito rispondendo “I burocrati del Cremlino”, mentre altri della banda hanno risposto “gli imperialisti naturalmente”. Una settimana prima, alla manifestazione del Primo Maggio a New York, il tentativo diversivo della LCI era stato di accusare la LQI/LFI e la nostra sezione brasiliana di appoggiare il fronte popolare (sebbene i titoli delle nostre testate esplicitamente dicano “Nessun sostegno politico al governo di fronte popolare”) per la nostra opposizione alla campagna della destra per l’impeachment che sparge l’attacco capitalista contro la classe operaia (vedi l’articolo “SL/ICL Impeached By Its Own Past”. The Internationalist n. 43, maggio-giugno 2016).

Le dispute interne della LCI su i diritti dei rifugiati


1938, l’allora trotskista SWP chiamava per accogliere i rifugiati in fuga dal terrore di Hitler. Gli ex trotskisti della LCI affermano che i rifugiati siriano di oggi in realtà sono “persone sfollate” in cerca di una “vita migliore” e con grande loro vergogna si rifiutano di rivendicare il loro diritto di asilo o almeno di farli entrare, ma che “simpatizza con le loro traversie”. (Riazanov Library Project/Marxist Internet Archive/Holt Labor Library)

Ma dietro tutte le diversioni, inon sequitur, gli argomentireductio ad absurdum e i vituperi c’è qualcos’altro, non immediatamente ovvio per un osservatore non al dentro: durante l’ultimo anno, la LCI ha vissuto prolungate dispute interne proprio su queste questioni. Tutto è iniziato con due articoli ritirati all’ultimo minuto daWorkers Vanguard (29 maggio 2015), uno dei quali affermava:

“La Lega Comunista Internazionale (Quartinternazionalista) esige pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati, lavoratori migranti e rifugiati richiedenti asilo. Questo include il diritto di viaggiare verso ogni paese dell’UE come anche il diritto di voto e libero accesso a tutti i servizi sanitari e sociali. Chiamiamo anche per pieni diritti d’asilo senza alcuna restrizione […]”.

Dopo alcune obiezioni sollevate dal dirigente nazionale della Spartacist League USA, Jim Robertson, una mozione del Segretariato Internazionale della LCI, datata 28 maggio, decretava che quella formulazione equivaleva a: “una linea utopica e reazionaria di ‘apertura delle frontiere’, che rifletteva una specie di liberalismo umanitario. Gli articoli avevano eliminato la distinzione tra immigrati che ce l’avevano fatta ad arrivare in un paese e quelli che no. In aggiunta, l’articolo riguardante l’UE spingeva per richieste che corrispondevano a un’idea di ‘Europa sociale’… ”. Come accade spesso con la SL/LCI, la frenesia delle loro denuncie contro l’Internationalist Group/LFI trova spiegazione sulla loro necessità di polemizzare contro se stessi.

Così dopo aver fatto appello per decenni per pieni diritti di cittadinanza per gli immigrati, la LCI si limita ora, come la mette Spartaco del 26 aprile 2016, ad aggiungerci con prudenza la specificazione “per quelli che ce l’hanno fatta ad arrivare”. Ma, al di là dal rovesciare quella che prima era una dichiarazione positiva in favore degli immigrati (chiunque sia stato in grado di arrivare qui dovrebbe avere il diritto di rimanere con gli stessi diritti come chiunque altro) in una frase negativa di esclusione, la LCI dei giorni nostri procede ora a correggere le sue proprie posizioni precedenti sulla richiesta di asilo per i rifugiati che ha avuto per decenni. Ecco dunque che una risoluzione del Segretariato Internazionale della LCI del 15 ottobre 2015, in un articolo dall’Italia riprodotto in Workers Vanguard (27 maggio 2011) in retrospettiva dichiarava che lo slogan “Per il diritto d’asilo per tutti i rifugiati provenienti dalla Libia!” era “troppo ampio”. Ma non è stata solo la LTd’I o la LCI dei nostri giorni a commettere il peccato capitale di chiamare per il diritto di asilo per i rifugiati, quella che una volta era la rivoluzionaria Tendenza spartachista, ha ripetutamente sollevato questa rivendicazione:

–Asilo per le vittime del terrore di destra in Cile dopo il colpo di stato di Pinochet nel 1973;
–Asilo per i Tamil in fuga dai pogrom in Sri Lanka (1981, 1983 e molti anni dopo);
–Asilo per i salvadoregni in fuga dall’esercito assassino, sostenuto dagli Stati Uniti (1982);
–Asilo per i “rifugiati salvadoregni, guatemaltechi e honduregni in fuga dal terrore delle squadre della morte” (1985, 1987);
–Per la libertà degli haitiani rinchiusi nei campi di concentramento di Reagan (1982, 1984);
– “Asilo per i rifugiati haitiani!” (1992);
Eccetera ecc.

In tutti questi casi, si applicava solo per “quelli che ce l’hanno fatta ad arrivare qui”? No. Tutto ciò promuoveva illusioni in un “imperialismo umanitario”? Questo significava forse che tutta la popolazione dei Caraibi o del Centro America si sarebbe spostata negli Stati Uniti? Neanche per idea.

La LCI dei giorni nostri pretende che la richiesta d’asilo per tutti i rifugiati ad un tempo specifico rappresenti una richiesta valida per ogni potenziale rifugiato in qualsiasi momento e in qualsiasi posto, poi sostiene che questo significherebbe chiamare per “l’apertura delle frontiere”tutto allo scopo di giustificare il fatto che non chiama acciocché i rifugiati possano entrare. Nel far ciò, non solo sta rinunciando al suo più che onorevole passato, ma anche all’eredità rivoluzionaria del trotskismo risalente agli anni ’30 del secolo scorso, poiché ne è ben cosciente. Dunque, l’autore originale della LTd’I, dell’articolo di WV ritirato, scrive in un documento interno, datato 13 maggio 2015, di aver preso lo slogan per “diritto di asilo libero e illimitato” dal Socialist Workers Party, a seguito dei pogrom della Kristallnacht, notte dei cristalli del novembre 1938, in Germania. Come Workers Vanguard del 13 marzo 2013 notava, “l’SWP lanciò una campagna nazionale centrata sul mondo del lavoro esigendo il diritto d’immigrazione senza alcuna restrizione per le centinaia di migliaia di rifugiati in fuga dal terrore Nazista”. I titoli di testa del giornale dell’SWP, Socialist Appeal, del 26 novembre 1938, scandivano “BASTA LACRIME PIE! AMMETTERE I RIFUGIATI!” Lo stesso numero riportava una risoluzione del Locale sindacale n. 544 del Sindacato Generale degli Camionisti di Minneapolis, diretto dai trotskisti, che faceva appello a “aprire i cancelli degli Stati Uniti agli oppressi dell’Europa”.

Analogamente, allo scopo di giustificare la sua attuale posizione di tenere i rifugiati fuori, la LCI ha ridefinito il suo concetto di “rifugiato”: “per noi, ‘rifugiato’ è un termine politico utilizzato per riferirci alle vittime del terrore di destra” asserisce in un documento Eiblhlin McDonald, dirigente della sezione britannica della LCI, datato 27 maggio 2015. L’editore di Spartacist Meyers argomentava, in un documento datato 16 luglio 2015, che “quelli che fuggono ‘le dislocazioni della guerra’ non sono rifugiati in nessun senso politico, ma sono piuttosto ‘sfollati’”. Toglie il respiro. La definizione di “persone sfollate” era usata per descrivere i campi infami “DP” (Displaced Persons) dove gli ebrei sopravvissuti all’olocausto erano ammassati per prevenire che entrassero negli Stati Uniti. Il termine “persona sfollata” fu coniato per negare loro lo status di rifugiato che si suppone abbia certi diritti legali. Il Displaced Persons Act, del 1948, era così antisemita che il presidente Truman stesso nel firmarlo affermò che “questo progetto di legge è sfacciatamente discriminatorio” e “esclude le persone ebree sfollate”. Questo termine di esclusione è ora apparentemente in cima alla classifica dei termini preferiti dalla LCI perché “rifugiato” implica un diritto all’asilo che ora si rifiuta di rivendicare.

Noi vorremmo aggiungere che quando la questione dei rifugiati è tornata alla ribalta di nuovo nella LCI, alcuni mesi più tardi, Meyers scrisse (il 5 ottobre 2015):

“La stragrande maggioranza di quelli che desiderano entrare nei paesi dell’UE (o negli USA) sta semplicemente cercando una vita migliore e più sicura. Noi simpatizziamo le loro traversie. Ma sappiamo che la risposta ai loro problemi non sta nel provare a trasferirsi da un paese all’altro, ma nel lottare contro gli sfruttatori capitalisti ovunque essi siano”.

Questa è la stessa linea sgorgata fuori dalla sua bocca alla Fête di Lutte Ouvrière, cioè che invece di fuggire loro potrebbero (dovrebbero) lottare a casa loro. Nella frase precedente dello stesso documento, allo scopo di rafforzare il suo argomento che non ci sono “diritti di asilo nel… paese di propria scelta”. Qui Meyers fa riferimento al famoso caso dei 900 ebrei a bordo del vaporettoSt. Louisa cui era stato rifiutato, nel 1939, l’ingresso a Cuba, negli Stati Uniti e in Canada. Nonostante ciò, il fatto che essi desiderassero entrare negli Stati Uniti e questo gli fosse rifiutato è stato un’atrocità. Uno si chiede: che forse egli pensi che invece di chiamare, come fece l’SWP nel 1939, per un “diritto d’asilo libero e illimitato” si sarebbe dovuto dir loro di tornare indietro e battersi contro Hitler in Germania? Senza dubbio i rifugiati siriani sarebbero debitamente riconoscenti alla LCI per la loro vuota “compassione” per le loro “traversie”. Compassione, ma non asilo.

Abbasso il decreto di deportazione Dublino III


Gli immigrati “trasferiti” (deportati) dalla Germania sotto la normativa del Dublino III dell’Unione Europea sono spediti in primo luogo in Bulgaria, Italia e Spagna dove vengono incarcerati e poi espulsi dal territorio dell’UE. La LCI si oppone a sollevare l’abolizione del Dublino III, con l’assurda pretesa che questo crei illusioni in una UE “più gentile”. (Mediathek/n-tv)

La battaglia sull’immigrazione e l’asilo è ritornata in superficie nella LCI a settembre del 2015, quando alcuni membri della sua sezione tedesca, la SpAD, sollevò obiezioni ad una polemica contenuta in un progetto di articolo per Spartakist che criticava il gruppo RIO, Revolutionäre Internationalistische Organisation, affiliata alla Fracción Trotskista diretta dal PST argentino), Arbeitermacht (Potere Operaio, organizzazione sorella di Red Flag Platform del British Labour Party) e la SAV (parte del Comitato per un'Internazionale dei Lavoratori, il CWI diretto da Peter Taaffe, non solo per il loro appello liberale e utopico della “apertura delle frontiere” ma anche per essersi opposti alle misure del Dublino III. Come abbiamo evidenziato il Dublino III (ufficialmente la Norma dell’UE n. 604/2013) ordina che i rifugiati richiedenti asilo siano trattati dal primo paese dell’UE in cui entrano, dunque pone le basi acciocché tutti quelli che anche riescano a raggiungere le destinazioni nord europee siano “trasferiti” indietro da dove sono venuti, cioè Grecia e Italia, per essere detenuti prima di essere deportati. Il Dublino III è un “binario ad alta velocità della deportazione” a cui i rivoluzionari marxisti devono chiaramente opporsi come noi ci opponiamo alle deportazioni degli immigrati e dei rifugiati in generale.

Ciononostante, Workers Vanguard n. 1077, del 30 ottobre 2015, giornale “portabandiera” della LCI, ha criticato il CWI per aver fatto appello a porre fine al Dublino III, proclamando al contempo: “i marxisti non prendono posizione sulla discussione tra i governi capitalisti sulla ‘distribuzione del’onere’ dei rifugiati”. Internamente, il 27 maggio 2015 scrive la McDonald, dirigente della Spartacist League/Britain, che la mette in termini più nudi e crudi: non è “affare [della LCI] essere coinvolti nella discussione riguardante in quale paese debbano essere spediti i richiedenti asilo”. Così se qualcuno è pizzicato e “spedito” (cioè deportato) in un altro stato dell’UE, questo non è “affar nostro” secondo questi finti trotskisti? L’articolo di WV n.1077 prosegue dichiarando “Piuttosto, ci opponiamo a tutte le deportazioni, al di là delle sue basi legali”. Ma rifiutandosi di opporsi al Dublino III, la LCI accetta le “basi legali” usate dalla borghesia per tenere i rifugiati fuori dei paesi del nord europeo, e terrorizzare (e deportare) quelli che riescono a raggiungere queste destinazioni. Tutto ciò è in linea con la denuncia fatta contro l’appello per la “cancellazione delle leggi anti-immigrati” apparsa in Spartaco dell’aprile 2016. Al contrario la LQI fa appello per azioni operaie per prevenire qualsiasi deportazione e si oppone anche a tutte le leggi discriminatorie e razziste sull’immigrazione, proprio come ha fatto la LCI in passato.

Inoltre, l’attuale rifiuto della LCI di opporsi al Dublino III contraddice il programma per cui si è battuta quando si basava sul programma rivoluzionario del trotskismo. Nel 1992-1993 il parlamento tedesco votò il “compromesso sull’asilo” tra i cristiani democratici, i democratici liberi e i socialdemocratici che hanno tolto la sostanza alla legge precedente che manteneva un diritto illimitato all’asilo ai rifugiati, scritto nelle costituzioni di entrambe le Germanie, la Repubblica Federale Tedesca e la Repubblica Democratica Tedesca (la Germania dell’Est). D’ora in avanti, ogni rifugiato che arriva da un altro paese dell’UE o da un terzo “sicuro” paese sarà non-qualificato per l’asilo e perciò potrebbe essere espulso dalla Germania. Il Dublino III è l’accettazione pura e semplice del resto dell’UE della legge tedesca. Durante il dibattito“sull’asilo”Spartakist titolava “Operai: Difendere gli immigrati e il diritto d’asilo!” (maggio 1992) e “Il fronte popolare razzista cerca di distruggere il diritto d’asilo!” (novembre-dicembre 1992) accompagnato da una foto dello striscione della SpAD che reclamava “Pieni diritti di cittadinanza per i lavoratori immigrati e le loro famiglie”. Sotto la nuova legge, meno del 2% degli applicanti per l’asilo sono stati riconosciuti.

Per tutta risposta agli appelli provenienti dai membri dissidenti della LCI, sia in Germania sia in Gran Bretagna, a opporsi al Dublino III, la direzione della LCI dichiarava che questo “fa parte della cornice socialdemocratica di una più cortese e gentile Europa e prende per buono il mito liberale delle ‘frontiere aperte’ tra gli stati che hanno firmato l’accordo di Schengen” (mozione del SI, 20 dicembre 2015). Simultaneamente, come ripetuto nell’articolo di Spartaco dell’aprile del 2016, si opponeva all’appello per la “libertà di movimento in seno all’UE” per gli immigrati come fosse equivalente alla richiesta “dell’apertura delle frontiere”, anche se cittadini non immigrati possono farlo. In breve, la svolta della LCI dell’ultimo anno che l’ha vista opporsi a chiamare per il diritto di asilo per i rifugiati e a polemizzare sia contro chi solleva l’abolizione del regime di deportazione Dublino III sia contro chi si esprime a favore della libertà di viaggiare dei rifugiati entro i confini dell’UE contraddice la sua rivendicazione per pieni diritti di cittadinanza per gli immigrati.

Quello che esattamente significhi “pieni diritti di cittadinanza” agli occhi della LCI dei nostri giorni è un mistero per tutti. La McDonald, in un documento del 27 maggio 2015, condanna il progetto ritirato di articolo per Workers Vanguard, per le “rivendicazioni ridicolmente illusorie riposte negli imperialisti dell’UE, inclusa quella che lo ‘stato sociale’ dovrebbe essere applicato agli immigrati”. Così “diritti di cittadinanza” ma nessuna assistenza sanitaria? In effetti, la nuova linea della LCI è una capitolazione allo sciovinismo anti-immigrati, nel mezzo di una crisi che ha drammaticamente acuito questo sentimento. Concentrandosi esclusivamente sull’opposizione alle illusioni liberali borghesi della “apertura delle frontiere” sotto il capitalismo, in pratica si è alleata con gli elementi più retrogradi e xenofobi.

E’ istruttivo leggere le autocritiche e le spiegazioni egocentriche degli attori di questo psicodramma in seno alla LCI sul perché loro stavano per pubblicare (orrore!) un appello per l’asilo per quelli che fuggono dalle guerre nel Medio Oriente. Un membro del comitato editoriale di WV, Alan Wilde, scrive il 30 maggio 2015, che nell’adottare una linea di “lasciarli entrare” avrebbe sostituito “la necessità della rivoluzione proletaria e del potere della classe operaia con il lavoro sociale e il buonismo”. Un altro quadro, R., scrive il 27 maggio 2015, “Ho pensato, dove tirerei la linea? Nel momento in cui le persone entrano in un’imbarcazione? Quando raggiungono la Libia? Oppure prima?” La McDonald, il 27 maggio 2015, si riferisce al desiderio di indirizzarsi alle “persone sulle imbarcazioni, che stavano affogando a migliaia, o a quelli che stanno aspettando il loro turno per salirci e giungere in Europa. Una delle pressioni verso il liberalismo viene dal non voler essere visti come degli ‘indifferenti’ alle sofferenze dei rifugiati disperati. Ma noi possiamo fare meglio resistendo a questa pressione”. I suoi dovrebbero essere sogni tranquilli, la LCI è diventata abbastanza brava in questo esercizio (essere vista indifferente alla sorte dei rifugiati). Gli autentici trotskisti però hanno compiti diversi come mobilitare la classe lavoratrice per difendere gli oppressi.


Le truppe statunitensi della 82 Divisione Aerea, pattugliano le strade della capitale di Haiti, Port-au-Prince, nel gennaio 2010. La LCI ora pretende che il suo appoggio alle truppe di occupazione statunitensi fosse dovuta per l’eccessiva preoccupazione per il fato delle masse oppresse haitiane. Tutte sciocchezze, si è trattato di appoggio social-imperialista ai propri dominanti borghesi, come la LCI stessa ha poi ammesso. Ora sta ripetendo il tradimento allineandosi con le forze reazionarie anti-immigrati rifiutandosi di chiamare per l’asilo per i rifugiati.  (Ramón Espinosa/AP)

Operando una grossolana perversione della realtà, i dirigenti della LCI pretendono che quello che li ha messi nei guai era di essersi lasciati catturare dalla preoccupazione per le sofferenze degli oppressi. “Il desiderio dell’umanitarismo liberale di offrire qualcosa di concreto per queste povere anime disperate era precisamente l’impulso che ci ha portato cinque anni fa al tradimento di Haiti” scrive Ray Bishop, il 1mo giugno 2015, riferendosi all’appoggio della LCI, durato tre mesi, all’invasione da parte degli Stati Uniti di Haiti a seguito del terremoto del 2010. Wilde gli fa eco, dicendo che “la metodologia è simile a quella che ha fatto seguito al tradimento di Haiti—cioè, le masse stanno soffrendo e morendo e dobbiamo escogitare un programma immediato che affronti la loro situazione. Nel caso di Haiti ci ha portato alla capitolazione all’imperialismo USA, in questo caso, ci ha portato al liberalismo e all’utopia e anche a fare eco alla linea di una ‘Europa sociale’”.

Stanno dicendo che se avessero avuto un cuore meno tenero verso la sorte delle vittime del terremoto non avrebbero abbracciato l’esercito USA come dei salvatori umanitari?! Questa è una cinica razionalizzazione a fatto compiuto e una copertura per il loro tradimento social-imperialista. La origine di ciò è stata la crescente capitolazione ai propri governanti imperialisti—dall’abbandonare la rivendicazione per l’indipendenza per Porto Rico nel 1998 (e più tardi le colonie francesi di Guadalupe e Martinica) all’abbandonare l’appello alla sconfitta del proprio imperialismo nelle guerre post-9/11.

All’epoca della “dura imputazione” da parte della LCI di sua linea su Haiti, noi abbiamo scritto che “per quelli che non si augurano di ruotare attorno alla confusione centrista mentre insistono a dichiararsi la direzione rivoluzionaria, ci deve essere una profonda ricerca delle cause del tradimento. Quelli che genuinamente cercano alle radici delle ‘politiche del possibile’ pro-imperialiste della SL su Haiti farebbero bene a esaminare i fatti reali del suo adattamento e della capitolazione alla ‘propria’ borghesia durante gli scorsi anni” (vedi “Open Letter from the Internationalist Group to the Spartacist League and ICL”, The Internationalist n. 31, maggio 2010). Avendo fallito nel portare avanti l’esame di questo tradimento alle radici, la LCI si è vista condannata a ripeterlo – che è quello che sta facendo ora allineandosi con la parte più retrograda della borghesia, inclusi i fascisti e i razzisti, mentre si da un gran daffare a denunciare il pericolo delle “frontiere aperte” e “migrazioni di massa illimitate” allo scopo di giustificare il fatto di non rivendicare il diritto dei rifugiati siriani a entrare.

I membri della LCI dovrebbero chiedersi se vogliono veramente dire ai rifugiati stipati sui gommoni al largo dell’isola greca di Lesbo che non sono rifugiati ma “persone sfollate”, che non hanno diritto a entrare nella Fortezza Europa; dire a Agyemin che viene dal Ghana e a Mohammad che viene dal Gambia detenuti in un “campo di accoglienza” in Sicilia (vedi l’articolo del New York Times del 2 maggio 2015, “Displaced Again and Again, Some African Migrants Had No Plan to Land in Italy”) che non è una preoccupazione della LCI se loro non possono viaggiare verso il nord Europa perché rivendicare questo diritto significherebbe “frontiere aperte” e minaccerebbe il diritto della Germania o della Svezia all’autodeterminazione (vedi l’articolo in questo numero “Italia: La crisi dei rifugiati e la barbarie capitalista”); ed informare i parenti di Aylan Kurdi (il bimbo di due anni, il cui corpo è stato ritrovato sulla spiaggia della Turchia, diventando l’icona delle traversie dei rifugiati siriani) che avrebbero dovuto rimanere a Kobanê e combattere schierandosi dalla parte dello Stato Islamico che minacciava di massacrare i curdi. Se voi siete in grado di dir loro tutto questo e avere ancora la faccia di difendere pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati, allora la LCI è il posto adatto per voi.

Se invece voi cercate di essere dei leninisti “tribuni del popolo”, che si fanno campioni della causa di tutti gli oppressi, allora è più che l’ora di ritrovare la vostra strada per tornare al trotskismo e unirvi alla Lega per la Quarta Internazionale che si batte per quel programma storico che la LCI ha abbandonato!