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  settembre 2016

Vota “No” al referendum sulla “riforma” costituzionale

Capitalisti italiani spingono verso
un bonapartismo istituzionale

Matteo Renzi
            Vanity FairRuota di pavone Matteo?

I rapaci banchieri dell’UE e del FMI esigono un abbassamento del tenore di vita che non finisce mai e la rimozione di diritti e  servizi essenziali. La loro richiesta di “governabilità” è una spinta a ridurre drasticamente qualsiasi parvenza di controllo democratico al fine di far passare misure anti-operaie brutali. Questo è il nocciolo del referendum proposto per quest’autunno dal premier Renzi, che afferma di voler rassegnare le sue dimissioni in caso la sua proposta fallisca.

Sponsorizzata dal governo del PD, la “riforma costituzionale” fa parte della spinta verso bonapartismo istituzionale per evitare controlli democratici “fastidiosi”. Questa proposta di “riforma” va di pari passo con la completa acquisizione della maggioranza di governo della RAI con la sua nomina della maggior parte degli amministratori, con la “riforma” dell’istruzione che consente di centralizzare il potere sulla formazione e attacca i diritti sindacali e con la legge elettorale del Porcellum (ora Italicum) che si fa beffe del diritto di voto.

Non si deve dimenticare che gli ultimi tre premier – Matteo Renzi 2015-2016, Giovanni Letta 2013-2014 e Mario Monti 2011-2012 – non sono stati mai eletti. Ora l’Italicum dà una maggioranza del 53% dei seggi parlamentari al primo della lista che ha ottenuto il maggior numero di voti, anche se questo vincesse solo il 25%, o giù di lì, dei voti al primo turno.

Il fatto che la Corte costituzionale abbia stabilito la legge elettorale Porcellum incostituzionale perché “danneggia il diritto di voto”, non ha avuto conseguenze pratiche. I parlamentari eletti incostituzionalmente continuano ad andare avanti come prima.

La “riforma costituzionale” ridurrebbe il Senato da 315 membri a 100 (di cui cinque sarebbero nominati dal Presidente della Repubblica) spogliandolo della maggior parte dei suoi poteri. Spetterebbe alla Camera dei deputati far passare le leggi nazionali, votare la fiducia al governo e rappresentare la nazione, mentre il Senato rappresenterebbe i governi locali e regionali.

I 95 senatori non sarebbero più votati dai cittadini, ma scelti dai sindaci e dai politici locali dietro porte chiuse, dando ai capi partito ancora più potere.

Anche i governi locali sarebbero spogliati della maggior parte dei loro poteri che sarebbero trasferiti al governo centrale. Politici locali potrebbero anche essere rimossi dai loro incarichi se il governo locale si trovasse in deficit. Poiché il governo nazionale taglia drasticamente questi fondi ogni anno, questa ipotesi è quasi una certezza. La proposta di “riforma” darebbe inoltre al governo il potere di accelerare il voto delle sue più recenti proposte di legge semplicemente definendole essenziali.

Storicamente i trotskisti hanno favorito un parlamento borghese unicamerale, poiché i senati di solito richiedono un’età di voto più alta ed altri metodi meno democratici di rappresentazione allo scopo di esercitare una influenza conservatrice. Ma in Italia il sistema di voto proposto è così truccato che eliminare il Senato sarebbe un passo verso un maggiore bonapartismo istituzionale.

Infatti, uno dei motivi per cui la “riforma” è stata presentata è quello di eliminare la situazione verificatasi nel recente passato dove il PD ha avuto una maggioranza alla camera ma non in Senato.

Mentre i comunisti non sono insensibili ai diritti democratico borghesi e a quelli della classe operaia e facciamo appello per votare No a questo referendum, siamo coscienti che gli orpelli democratici dello stato della borghesia maschera il ruolo di capitale, e sotto l’imperialismo maschera la dittatura del capitale finanziario. Il Governo, non eletto, della Banca d’Italia di Monti è stato la prassi, ma forse essendo soluzione troppo grezza e scontata, così i governanti hanno desiderato nasconderla dietro la facciata del PD. Così in Italia sono le banche a nominare il premier e in Grecia hanno un referendum che dice “No” mentre il governo decreta “Sì” all’austerità.

Mentre gran parte della sinistra riformista è ossessionata dal il gioco elettorale borghese truccato, i rivoluzionari cercano soprattutto di mobilitare il potere della classe operaia nelle fabbriche e nelle strade. In quest’epoca di decadenza imperialista (che l’insolvenza delle banche italiane dimostra ancora una volta chiaramente) genuine riforme durature nell’interesse della classe operaia non sono più possibili e le conquiste del passato sono sistematicamente ridotte in pezzi. I lavoratori e i rivoluzionari in Italia, come in tutta l’Europa, devono intraprendere la lotta per spazzare via tutti gli sfruttatori per costituire gli Stati Uniti Socialisti d’Europa. ■