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  maggio 2020

Da Biden a Sanders, i Democratici armano i macellai sionisti

Difendere i palestinesi
contro la guerra israeliana
Per una rivoluzione operaia arabo-ebraica!


Edifici distrutti, in località Beit Hanoun, Gaza, dopo l’attacco aereo israeliano del 14 maggio. I bombardamenti di Israele bersagliano le aree residenziali lasciando decine di migliaia di palestinesi senza casa. (Foto: Hosam Salem per il New York Times)

18 MAGGIO – L’assalto da parte di centinaia di poliziotti israeliani alla moschea di al Aqsa a Gerusalemme, lunedì 10 maggio, è stato l’inizio della rinnovata guerra sionista contro il popolo arabo palestinese. I media imperialisti parlano di conflitto militare nell’enclave assediata di Gaza tra Israele e Hamas (il partito di governo islamista), ma in realtà si tratta di un massacro subito dai palestinesi e perpetrato da parte unilaterale dalla macchina da guerra israeliana. Il bilancio delle vittime ne racconta la vera storia: oltre 220 arabi uccisi fino ad ora, di cui più di 60 sono bambini, contro 6 civili ebrei israeliani morti.

In più, a causa dei bombardamenti israeliani le linee elettriche sono state abbattute mentre il carburante per l’unica centrale elettrica a Gaza sta finendo, dunque il blackout dura fino a 16 ore al giorno. Almeno 800.000 persone non hanno accesso all’acqua potabile, mentre le acque fognarie si riversano nelle strade. Sono più di 700 le unità abitative distrutte, incluse le 76 torri di appartamenti civili. Scuole e ospedali sono stati colpiti dalle bombe di precisione di Israele e la torre che ospitava le agenzie stampa e i media è stata deliberatamente distrutta. Le Nazioni Unite riferiscono che almeno 58.000 residenti della stretta striscia di Gaza sono stati sfollati dalle loro case, con il risultato che 47.000 di questi sono ora stipati nelle scuole delle Nazioni Unite.

A questo si aggiunge il terrore disseminato dai vigilantes sionisti-fascisti contro i palestinesi nelle città israeliane a popolazione mista araba ed ebraica. Nella Cisgiordania occupata, le forze militari israeliane hanno fatto fuoco su manifestazioni di protesta, mentre coloni di estrema destra hanno attaccato i palestinesi. Il primo ministro israeliano, di destra, Benjamin Netanyahu, che ha lanciato questa guerra per rimanere in carica, e l’esercito, che sta martellando le aree residenziali di Gaza con artiglieria e bombe, entrambi promettono di voler continuare fino a che non avranno colpito tutti gli obiettivi del loro lungo elenco. Eppure i sionisti non sono riusciti a piegare la volontà di resistenza dei palestinesi.

Le orribili immagini di condomini di apparta-menti civili rasi al suolo dalle bombe, di un padre esterrefatto fissare i suoi figli morti all’obitorio, di un arabo linciato da pogromisti ebrei, hanno scatenato le proteste a decine di migliaia in tutto il mondo. In Europa, i governanti imperialisti hanno cercato di diffamare quanti manifestavano in protesta facendoli passare per antisemiti, sciogliendo o vietando le manifestazioni contro questo bagno di sangue sionista. Negli Stati Uniti, il presidente democratico Joe Biden ha enfaticamente sostenuto l’azione militare israeliana contro “gruppi terroristici a Gaza”, quando i veri terroristi in realtà sono l’esercito israeliano e le folle sioniste che imperversano nelle strade, pronte al linciaggio dei palestinesi.

In un comunicato dalla Casa Bianca alla stampa, rapporto della chiamata telefonica del 17 maggio intercorsa tra Netanyahu e Biden, quest’ultimo afferma che “ha espresso il suo sostegno per un cessate il fuoco”, ma ha inoltre aggiunto che i due “hanno discusso dei progressi fatti nelle operazioni militari d’Israele” a Gaza. Allo stesso tempo, l’amministrazione ha informato il Congresso degli Stati Uniti di aver approvato la vendita di 735 milioni di dollari in armi teleguidate di precisione a Israele. A discredito di tutti quelli che hanno fatto appello a eleggere in carica il regime di Biden, ecco ancora una volta come il Partito Democratico dell’imperialismo statunitense ha fornito le armi che Israele usa per disseminare morte sul popolo palestinese, i famigerati F-16 costruiti negli Stati Uniti, i jet che stanno bombardando Gaza.

Nei territori della Cisgiordania occupata da Israele, i giovani si stanno sollevando, e mentre la distruzione di Gaza continua senza sosta, si parla oggi di una terza intifada, o rivolta, dopo le ribellioni del 1987-1993 e del 2000-2004 (quest’ultima innescata dall’invasione da parte di 1.000 poliziotti nel complesso di al Aqsa sotto il macellaio Ariel Sharon). Oggi uno “sciopero generale e una giornata d’azione” è stato indetto dai gruppi sindacali e comunitari arabi in Israele affinché tutta la Palestina storica protesti contro gli attacchi a Gaza e ai civili palestinesi che si trovano a Gerusalemme est e in Israele. A centinaia di migliaia hanno smesso di lavorare, chiudendo cantieri, negozi e altre attività, sia in Israele sia in Cisgiordania, dove si sono verificati scontri con l’esercito israeliano. Sciopero chiamato per iniziativa del comitato High Follow-Up Committee of Palestinians in Israel, gui-dato da Mohammad Barakeh, un ex-membro della Knesset (il parlamento), per il partito di sinistra Hadashche, la sua lista dei sostenitori si è estesa anche alla screditata Autorità Palestinese.

Di fronte all’ennesima esplosione della guerra senza fine sionista, il Gruppo Internazionalista e la Lega per la Quarta Internazionale fanno appello alla difesa dell’oppresso popolo palestinese contro i suoi oppressori, in primo luogo i militari israeliani sostenuti dall’imperialismo statunitense ed europeo. Facciamo appello a difendere Gaza, oggi il nuovo ghetto di Varsavia, dagli assassini di massa israeliani; a rompere l’assedio israelo-egiziano che ha trasformato questa terra arida in una prigione a cielo aperto per migliaia di profughi da bombardare e ridurre in mille pezzi periodicamente; a cacciare l’esercito israeliano e tutti i coloni sionisti fuori dai territori occupati palestinesi.

In questa guerra, noi capiamo bene che il lancio dei razzi da Gaza non è altro che un disperato tentativo di resistere e di vendicarsi contro gli aggressori israeliani, al tempo stesso non diamo alcun sostegno politico alle forze islamiste,1 che sono nemiche mortali del comunismo, dall’Iran e dalla Siria alla Palestina (dove Hamas fu sponsorizzato inizialmente da Israele). Eppure il fatto è che la potenza di fuoco del sanguinario esercito israeliano è massicciamente superiore a quella dei palestinesi. La cittadella del sionismo non sarà scalfita da missili fatti in casa - ci vorrà la lotta di classe rivoluzionaria in seno a Israele e a livello internazionale.

Con gli imperialisti quasi unanimi nel sostenere Israele, e una sinistra opportunista che si accoda al nazionalismo e all’islamismo delle direzioni palestinesi, la LQI rappresenta l’unico l’internazionalismo proletario. Facciamo appello urgente per azioni sindacali contro la guerra sionista/imperialista che si sta abbattendo sui palestinesi, compreso il boicottaggio del carico aereo e marittimo israeliano. I lavoratori portuali italiani nel porto di Livorno hanno dichiarato che non avrebbero movimentato il carico militare israeliano. Ora l’International Dockworkers Council (Consiglio internazionale dei lavoratori portuali), ha invitato i lavoratori portuali a rifiutarsi di maneggiare materiale bellico diretto a Israele. Quest’obiettivo dovrebbe essere implementato immediatamente da tutti sindacati portuali negli Stati Uniti (ILA e ILWU) e in tutto il mondo.

Invitiamo a fermare la “pulizia etnica” sionista, perpetrata dal 1948 in poi, e a difendere il diritto al ritorno dei palestinesi, sottolineiamo che ciò richiede una lotta comune da parte dei lavoratori arabi ed ebrei che porti verso una rivoluzione dei lavoratori arabo-ebraici. La Palestina è un tipico caso di popoli compenetrati. Con due nazioni, gli arabi palestinesi e il popolo di lingua ebraica, che abitano la stessa, stretta, striscia di terra, l’unico modo per ottenere un accesso equo alle risorse vitali (come l’acqua) è quello di creare uno Stato Operaio Arabo-Ebraico Palestinese, come parte di un Federazione Socialista a livello regionale del Vicino Oriente, con le potenti classi lavoratrici egiziane e turche a suo ancoraggio.

Gli stratagemmi elettorali non conducono ad altro che agli omicidi di massa sionisti


Palestinesi portano i corpi dei bambini uccisi nel bombardamento aereo israeliano del 16 maggio su Gaza. Il giorno seguente, negli attacchi aerei a Gaza sono state uccise 42 persone tra cui 10 bambini.  (Foto: Hosam Salem per il New York Times)

L’attuale guerra unilaterale, condotta contro gli arabi-palestinesi, è iniziata con una cinica provocazione. I media liberali si stanno torcendo le mani per una situazione che sarebbe “sfuggita di mano”, presumibilmente a causa di “estremisti” da entrambe le parti, cioè Hamas da una parte e Netanyahu dall’altra. Assurdo. La guerra è stata deliberatamente scatenata dal primo ministro israeliano. Costui è sotto processo per corruzione e dopo le ultime elezioni non è stato in grado di formare un nuovo governo di coalizione, ma sta ancora gestendo le cose come capo di un governo “provvisorio”. Netanyahu ha deciso di usare un vecchio trucco: lanciare una guerra per cui la gente dovrà allinearsi attorno ai propri governanti. Nello specifico, ha convinto il suo ministro della “pubblica sicurezza”, Amir Ohana, uno dei tirapiedi di Netanyahu, a lanciare una serie di attacchi (non provocati dalla parte avversa) contro i palestinesi. La provocazione sionista ha avuto inizio la prima notte del Ramadan, il 13 aprile, quando la polizia ha invaso la moschea di al Aqsa e interrotto gli altoparlanti che trasmettevano le preghiere serali.

Subito dopo, la polizia ha vietato i raduni alla Porta di Damasco, dove i giovani arabi si riuniscono la sera durante il Ramadan. Ciò ha portato agli scontri notturni tra giovani palestinesi e la polizia. Il 21 aprile, diverse centinaia di membri del Lehava, un gruppo sionista-fascista, hanno marciato attraverso il centro di Gerusalemme cantando “Morte agli arabi” e attaccando i passanti palestinesi. Nel frattempo, i palestinesi mani-festavano ogni giorno nel quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est, dove i coloni cercavano di sfrattare le famiglie arabe, con una decisione del tribunale prevista per il 10 maggio. La polizia picchia regolarmente i manifestanti, hanno picchiato perfino un membro ebreo della Knesset della Arab Joint List, una lista mista prevalentemente araba. Il vice-sindaco di Gerusalemme Aryeh King, uno dei leader dei coloni ultra-sionisti, ha dichiarato pubblicamente che “naturalmente” gli sfratti facevano parte di una strategia per l’inserimento di “strati di ebrei” a Gerusalemme est. In altre parole, “pulizia etnica” intesa a cacciare gli arabi.

 Successivamente, venerdì 7 maggio, la polizia ha attaccato un gruppo di fedeli alla moschea di al Aqsa, usando granate assordanti, gas lacrimogeni e proiettili di gomma all’interno della sala di preghiera del terzo luogo più sacro dell’Islam, ferendo oltre 200 persone, mentre i giovani stavano reagendo all’attacco. Poi il 10 maggio, quando i sionisti di destra fascisti marciavano provocatoriamente attraverso il quartiere musulmano della Città Vecchia diretti al Monte del Tempio, lo stesso luogo della moschea di al Aqsa, celebrando la presa della Gerusalemme est araba nel conflitto del 1967, è solo all’ultimo minuto che la polizia ha deviato la marcia. Allo stesso tempo, centinaia di poliziotti facevano irruzione nella moschea per la seconda volta in tre giorni, con il pretesto che i musulmani stavano accumulando pietre per proteggere al Aqsa dagli attacchi della polizia e della destra. Tutto ciò ha prodotto un bilancio di oltre 330 feriti, di cui 250 finiti in ospedale. Era chiarissimo che tutto ciò avrebbe scatenato massicce proteste da parte degli arabi e il lancio di missili da parte di Hamas.

Netanyahu voleva questa guerra, voleva il caos che essa ha provocato, e questa ha avuto l’effetto che egli desiderava, e ora è impegnato in una missione omicida a Gaza. Questo massacro è stato compiuto dai militari guidati dal ministro della difesa, il generale in pensione Benny Gantz, il presunto candidato sionista “moderato” alla carica di primo ministro nelle elezioni del 2020 e del marzo 2021. Gantz è un criminale di guerra che come capo di stato maggiore delle forze armate israeliane ha ordinato il bombardamento terroristico di Gaza nella guerra del 2014, che ha ucciso oltre 2.200 palestinesi. Perciò tutte le ale sioniste hanno le mani che grondano di sangue arabo. Era pure desiderio di Netanyahu pure che fanatici religiosi sionisti e coloni compissero pogrom in quelle città israeliane con popolazioni miste arabe ed ebraiche, in particolare Haifa, Acri, Jaffa, Ramla e Lod (o più propriamente Lydda, il nome che aveva prima del massacro del 1948 quando i sionisti uccisero centinaia di persone e scacciarono con la forza spingendo migliaia di arabi nella marcia della morte di Lydda). Ora, i sionisti di estrema destra vogliono “finire il lavoro”.

La “pulizia etnica” degli arabi – sarebbe cataclismica


Protesta nella città mista ebreo-araba di Jaffa, fuori Tel Aviv, contro i bombardamenti e gli attacchi israeliani su Gaza e contro  l’occupazione della Cisgiordania.  Sullo striscione  campeggia: “No a una nuova Naqba”. Il 15 maggio ha segnato il 73° anniversario della Naqba (la catastrofe),  cioè l’espulsione di massa degli arabi palestinesi alla fondazione di Israele. (Foto: Corinna Kern per il New York Times)

Per molti decenni, queste città hanno avuto tra un sesto e un terzo di popolazione araba, con ebrei e arabi che spesso convivevano negli stessi quartieri e persino negli stessi edifici. Molti ebrei in quelle città erano orgogliosi di vivere con gli arabi. Tuttavia, negli ultimi anni, i sionisti di destra hanno cercato di ghettizzare i residenti arabi, soffocandoli con una marea di nuovi residenti ebrei di queste città, in particolare a Lydda. Dall’11 maggio, centinaia di teppisti sionisti-fascisti, molti dei quali armati, hanno marciato per le città miste minacciando e picchiando senza pietà i residenti arabi, alcuni di questi eventi sono stati ripresi in video. Questi sono veri e propri pogrom, come quelli compiuti dai Centoneri zaristi che attaccarono i quartieri ebraici nella Russia zarista, prima della Rivoluzione Russa, o come i linciaggi razzisti avvenuti nel sud degli Stati Uniti, nel periodo detto di Jim Crow. Almeno tre diverse organizzazioni fasciste2 sono coinvolte, alcune delle quali derivate dal Festival di Kach di Meir Kahane, che è stato bandito. Kahane è stato il fondatore della Jewish Defense League, organizzazione terroristica di estrema destra a New York.

Netanyahu anela a formare una coalizione con questi fascisti che ad aprile hanno ripetutamente aggredito degli arabi a Gerusalemme est. A Lod, le “rivolte” dei giovani arabi infuriati per l’attacco ad al Aqsa e gli incendi alle sinagoghe, provocatoriamente costruite nei quartieri arabi, sono diventati il pretesto. E’ a questo punto che Netanyahu ha affermato che gli ebrei erano stati le vittime dei “linciaggi” ed è perciò che ha promesso di usare un “pugno di ferro” per schiacciare gli arabi, mentre il ministro della Difesa Gantz ha dichiarato lo stato di emergenza e ha bloccato la città. Il ministro della Pubblica Sicurezza Ohana, colono fascista, ha appoggiato in particolare i vigilantes armati di estrema destra che vagano per le strade. Quello che sta accadendo in realtà all’interno di Israele è il terrore sionista-fascista sponsorizzato dallo stato contro la popolazione araba. La folla assetata di sangue è desiderosa di scacciare la popolazione araba e attuare quei piani di lunga data dell’ultra-destra, l’ala di destra del Likud di Netanyahu e di alcuni sionisti “moderati”, finalizzata all’annessione formale di gran parte della Cisgiordania a Israele.

Il tutto è in linea con quel grottesco “piano di pace” in Medio Oriente di Donald Trump svelato lo scorso anno. Un piano che ha cercato di allontanare le centinaia di migliaia di arabi che vivono nella Cisgiordania spingendoli in Giordania e di tagliar fuori le regioni a maggioranza araba intorno a Umm Al-Fahm, nel nord di Israele.3 Questa zona era un tempo la roccaforte del Partito Comunista Palestinese, quello stesso che diede origine al Partito Comunista israeliano (Maki). Un tempo, sulle pareti del municipio di Nazareth era appeso il ritratto di Lenin, lì il PC ha visto il suo candidato sindaco eletto all’amministrazione comunale per decenni, fino al 2014. I razzisti sionisti cercano di sbarazzarsi anche di questi arabi. Le città a popolazione mista si trovano al centro dell’area costiera di Israele, per questo motivo Lydda è stata bersaglio particolare di massacri e di “trasferimenti di popolazione” nel 1948 (guidati da Yigal Allon e Yitzhak Rabin, membri della milizia di Palmach legati al sedicente partito “Marxista sionista” Mapam). Lod, 22 km da Tel Aviv, è il sito dell’aeroporto internazionale di Israele e a cavallo dell’autostrada per Gerusalemme.

Quindi è possibile che ci siano pressioni per cacciare gli arabi da Lod/Lydda, e se così fosse sarebbe un’ecatombe. Andrebbe sicuramente di pari passo con la spinta ad espellere i residenti arabi del quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme est. Una tal epurazione razzista non sarebbe solo un’azione da parte di squadracce fasciste pronte ai linciaggi (la “pulizia etnica” richiede di solito il sostegno delle forze armate d’un potere statale). Incontrerebbe con certezza un’aspra resistenza, perché tutti ricordano che quegli arabi, che i sionisti costrinsero ad abbandonare le loro terre nel 1948 per fondare lo stato di Israele, non sarebbero mai tornati.4 Quindi, se i sionisti lanciassero un serio tentativo di cacciarli via, per quegli arabi oggi, con molta probabilità risulterebbe un bagno di sangue di proporzioni enormi, il che provocherebbe una reazione esplosiva in tutto il Vicino Oriente e nel mondo. Possiamo immaginare l’impatto che questo avrebbe a Brooklyn, dove palestinesi ed ebrei ultra-ortodossi vivono in aree adiacenti tra Bay Ridge e Borough Park.

La natura dell’oppressione sionista


Dimostranti marciano a Ramallah, nella Cisgiordania occupata da Israele, durante lo sciopero generale palestinese del 18 maggio. Sui cartelli c’è scritto: "Quello che sta succedendo a Gaza non è complicato, si tratta di pulizia etnica" e "Ogni città israeliana è stata una volta Sheikh Jarrah", il quartiere di Gerusalemme Est dove i sionisti stanno cercando di espellere i residenti arabi palestinesi. (Foto: Nasser Nasser / Associated Press)

I marxisti rivoluzionari si oppongono all’esistenza stessa di uno “stato ebraico”, proprio come ci opponiamo alla “Repubblica islamica” dell’Iran o agli autoproclamati “stati cristiani”, come la Spagna di Franco, tutti stati che sono intrinsecamente antidemocratici. Difendiamo il popolo palestinese oppresso dagli oppressori sionisti. Ma, che ne sarà dei due popoli che ora occupano la Palestina storica? I nazionalisti palestinesi cantano: “Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera!”

Vari gruppi di sinistra, dopo essersi accodati a lungo all’Organizzazione per la liberazione della Palestina di Yasser Arafat e al suo sostegno all’ideale di una “soluzione a due stati”, hanno recentemente accolto l’appello per una “soluzione a uno stato” in una “Palestina democratica laica”.

Per i liberali e la sinistra, questi programmi costituiscono illusioni democratiche, mentre molti nazionalisti e islamisti palestinesi, dopo aver sopportato decenni di torture e omicidi sionisti, sognano semplicemente di cacciare via gli ebrei israeliani. Oggi sono circa 6,8 milioni gli ebrei e 6,8 milioni gli arabi che vivono nella Palestina storica (poi vi sono altri milioni di profughi palestinesi in più che sono stati spinti a rifugiarsi in altri paesi, tra cui la Giordania, il Libano e altri). Ma, sotto il capitalismo è il potere più forte che prevale, e oggi quel potere sono i sionisti, così a queste condizioni che sia un unico stato, oppure siano due gli stati, a perdere saranno sempre gli arabi palestinesi.

Molti nella sinistra definiscono Israele come uno “stato-coloniale-di-coloni”, come se questo fosse una sorta di colonia di un altro paese, uno nel quale gli ebrei israeliani potrebbero tornare in caso le cose si complicassero, come fecero i coloni in Algeria che se ne tornarono in Francia, o i coloni bianchi in Rodesia che se ne tornarono in Gran Bretagna dopo l’indipendenza. Si noti che in Algeria i coloni francesi, i pieds noirs, erano il 10% della popolazione; nella Rhodesia britannica (oggi Zimbabwe), i coloni bianchi erano circa l’8% della popolazione. A confronto, la popolazione ebraica, cioè i parlanti di lingua ebraica, costituisce circa i tre quarti della popolazione d’Israele.5

Sebbene l’istituzione di Israele scaturisse da un progetto coloniale, facilitato dall’imperialismo britannico dopo la Dichiarazione Balfour del 1917, Israele non è una colonia: è una potenza regionale e un cliente imperialista, alleato in particolare dell’imperialismo statunitense, e pure bellicoso. Mentre molti dei suoi cittadini, se scoppiasse una guerra su vasta scala, potrebbero volarsene via prendendo il primo volo per il sud della Florida, nel complesso il resto della popolazione ebraica israeliana non va da nessuna parte. Nessun vero programma che si proponesse di sconfiggere il sionismo potrebbe basarsi su tali illusioni. La popolazione di lingua ebraica deve essere scissa secondo linee di classe.

Israele non è nemmeno uno “stato dell’apartheid” come il Sudafrica, un altro paragone preferito. Liberali e riformisti interpretano l’“apartheid” come molto repressivo o molto razzista, come nel recente rapporto (27 aprile) di Human Rights Watch, dal titolo “Una soglia attraversata: le autorità israeliane e i crimini d’apartheid e persecuzione”.6 È comprensibile che l’indignazione contro gli orrendi crimini commessi da Israele contro il popolo palestinese portasse alcuni attivisti a raggiungere un confronto evocativo. Ma, piuttosto che descrivere la realtà materiale dello stato sionista, questo termine mostra di essere un’espressione di disperazione liberale.

Questo concetto è anche collegato a un programma come nel caso d’Israele e del Sudafrica di “BDS”, ovvero “boicottaggio, disinvestimento e sanzioni”. Ma il rifiuto di acquistare hummus di marca Sabra non fermerà la guerra contro gli arabi palestinesi, non più di quanto il boicottaggio delle monete Krugerrand abbia portato alla caduta dell’apartheid sudafricano. E chi dovrebbe disinvestire e sanzionare esattamente? Questo si risolve in un appello alle multinazionali capitaliste e in ultimo all’imperialismo statunitense, quello stesso che è colpevole di così tanti crimini contro i popoli oppressi, persino maggiori di quelli dei pazzi sionisti. E chiunque pensi che il Pentagono smetterà di acquistare software israeliano per i propri computer o che smetterà di assumere mercenari israeliani per addestrare i propri squadroni della morte paramilitari in America Latina sta sognando.

Ma, aldilà delle sue implicazioni programmatiche, il termine non è storicamente accurato. Come marxisti è nostra comprensione che il regime dell’apartheid non è consistito solo in un insieme di misure legali quali i documenti d’identificazione speciali (tipo passaporti interni), ma si è trattato di una particolare marca di schiavitù salariale capitalista basata sul super sfruttamento dei lavoratori neri africani segregati con la forza in township e “bantustan”. Inoltre, nel Sudafrica dell’apartheid i bianchi erano circa il 15% della popolazione. Si potrebbe dire che la Cisgiordania occupata da Israele sia oggi soggetta a un governo simile a quello dell’apartheid, dove la popolazione araba palestinese è suddivisa in piccoli cantoni, e alcuni datori di lavoro israeliani traggono un super profitto dal lavoro super sfruttato dei loro lavoratori arabi. Ma nello stato di Israele stesso, la popolazione araba ed ebraica vive ancora compenetrata, e i sionisti dalla linea dura non sono principalmente interessati al super-sfruttamento della manodopera palestinese, invece vorrebbero volentieri espellere del tutto gli arabi.

Questo è il motivo per cui abbiamo scritto sul pericolo di una “soluzione finale” sionista, descrivendo Gaza e l’enclave della Cisgiordania – come immaginate dai piani di annessione – dei giganteschi campi di concentramento per i palestinesi. Non va dimenticato che i sionisti – sia quelli “laburisti” come David Ben Gurion, sia quelli “revisionisti” guidati da Ze’ev Jabotinsky – cooperarono con il regime di Hitler e si opposero all’insurrezione del ghetto di Varsavia del 1943.7 La “soluzione” a cui Netanyahu e gli eredi di Kahane aspirano è molto più vicina alla Germania nazista rispetto all’apartheid del Sud Africa, e alla fine questi potrebbero veramente commettere un genocidio, nel vero senso della parola. Come abbiamo scritto nel 2014:

“Rifiutando la caratterizzazione d’Israele quale “Stato coloniale-di coloni”, oppure di “Stato dell’apartheid”, non stiamo sminuendo in alcun modo la mostruosa natura dei crimini sionisti. Al contrario, quello che i governanti israeliani sono disposti e pronti a fare ai palestinesi è potenzialmente molto peggiore di ciò che hanno fatto i rhodesiani o i razzisti sudafricani”.
–citazione tratta da “Difendi Gaza e il popolo palestinese – Per la rivoluzione dei lavoratori arabi-ebraici!” (luglio 2014), The Internationalist n. 38, ottobre-novembre 2014.

Quale sarà il risultato dall’attuale barbara guerra contro i palestinesi? Ancora un altro cessate il fuoco? I palestinesi saranno ancora intrappolati in una morsa sionista. Guerra regionale, “trasferimento di popolazione” di massa come lo chiamavano eufemisticamente i fondatori sionisti? A tutti questi possibili e terribili esiti, la risposta deve essere quella di battersi per la rivoluzione dei lavoratori arabi-ebraici. Questo percorso è difficile, ma è l’unica vera via d’uscita.

Distruggere il sionismo e l’imperialismo con la rivoluzione socialista internazionale


L’Internationalist Group, sezione nordamericana della Lega per la Quarta Internazionale, protesta a Los Angeles, il 15 maggio, contro la guerra di Israele ai palestinesi. I cartelli salutano l’azione sindacale dei portuali italiani contro la guerra israeliana; chiedono di rompere con il Partito Democratico (degli Stati Uniti) e costruire un partito operaio; dichiarano che solo la rivoluzione socialista metterà fine alle guerre senza fine del capitalismo.  (Foto: The Internationalist)

Gli incessanti attacchi alla popolazione palestinese finiranno per portare a un’esplosione. È vitale che la breccia alla fortezza sionista sia aperta dal suo interno. Israele, dopotutto, ha centinaia di armi nucleari e una leadership abbastanza folle da usarle, contro l’Iran o chiunque altro. Fino a pochi anni fa, le reclute dell’unità dei carri armati israeliani venivano portate in cima alla scarpata di Masada, nel deserto della Giudea, per giurare la loro fedeltà. È qui che si dice che quasi 1.000 zeloti si siano suicidati in massa, nell’anno 74 d.C. quando accerchiati dalle legioni romane. Quella fu la fine degli zeloti, ma oggi i loro sedicenti eredi hanno il dito sul grilletto nucleare. C’è un intero livello dello strato di governo israeliano costituito da alcune migliaia di killer patologici che nessuna società umana potrebbe tollerare. E’ importante però, che questi siano assicurati alla giustizia dalla classe operaia e dai rivoluzionari di lingua ebraica, come parte dell’obiettivo di porre fine a questo ciclo infinito di massacri nazionalisti.


Il Grupo Internacionalista, sezione messicana della Lega per la Quarta Internazionale, protesta a Città del Messico il 15 maggio contro la guerra di Israele ai palestinesi. (Foto: Revolución Permanente)

La situazione che deve affrontare il popolo arabo palestinese oggi in questa guerra è cupa, come lo è stata negli ultimi tre quarti di secolo di ascesa sionista, e prima ancora, durante l’ascesa del colonialismo britannico e dell’impero ottomano. Ma non tutti gli ebrei israeliani vogliono vivere per sempre in uno stato/guarnigione, e molti sono contrari ai saccheggi perpetrati dai coloni fascisti e dai fanatici religiosi di estrema destra che ora scorrazzano per le strade. Leone Trotsky molto tempo fa avvertì che l’impresa sionista sarebbe stata una trappola mortale per gli ebrei. Esistono linee di frattura nella società israeliana, ma ci vorrà un enorme shock per rompere la presa sionista. L’unica strada per la liberazione passa attraverso la lotta di classe unita dei lavoratori e degli oppressi, sia in Palestina sia in tutta la regione, come pure a livello internazionale. Azioni di protesta operaie-sindacali contro i militaristi israeliani possono indicare la strada. Lotte operaie rivoluzionarie per abbattere i governanti borghesi arabi, in particolare l’Egitto e la Turchia, scuoterebbero l’entità sionista.


L’Internationalist Group di New York protesta il 15 maggio contro la guerra di Israele ai palestinesi. I cartelli difendono il diritto al ritorno dei palestinesi e sostengono la rivoluzione operaia arabo-ebraica.  (Foto: The Internationalist)

In Europa, dove i governanti etichettano ogni opposizione a Israele come antisemita, la lotta contro il militarismo sionista si fa contro le borghesie e contro i socialdemocratici. Negli Stati Uniti, dove i democratici più di sinistra si limitano a criticare l’aiuto incondizionato degli Stati Uniti ai macellai sionisti, Bernie Sanders ha regolarmente votato per inviare milioni e finanziare il sistema antimissili Iron Dome e la macchina da guerra del sistema israeliano8 una lotta per fermare tutti gli aiuti statunitensi a Israele e rompere con i Democratici e tutti i partiti capitalisti, avrebbe un impatto. Senza il sostegno dei suoi padroni imperialisti Israele è un paese piccolo in un mare arabo. Alla fine, la vittoria sul sionismo, sull’imperialismo, sugli altri clienti imperialisti e sulle satrapie borghesi dell’area, può avvenire solo attraverso la rivoluzione socialista internazionale. La Lega per la Quarta Internazionale cerca di forgiare il nucleo del partito comunista leninista-trotskista indispensabile a guidare quella rivoluzione. ■


L’Internationalistische Gruppe, la sezione tedesca della Lega per la Quarta Internazionale, protesta a Berlino il 15 maggio contro la guerra di Israele ai palestinesi. I cartelli fanno appello all’espulsione degli occupanti sionisti dalla Cisgiordania; alla difesa di Gaza, il nuovo ghetto di Varsavia; e alla costruione di uno stato operaio arabo-ebreo in una federazione socialista del Medio Oriente.  (Foto: Janis Garnet)

  1. 1. L’islamismo, o islam politico, è una dottrina che sostiene che la legge islamica (sharia) dovrebbe governare la società. Per gli islamisti non c’è separazione tra moschea e stato. Sebbene vi siano diverse correnti islamiste e nette differenze tra gli islamisti dei rami sunniti e sciiti dell’Islam, tutti invocano un regime teocratico, intrinsecamente antidemocratico in cui la dottrina e l’autorità religiosa siano supreme.
  2. 2. Questi includono Otzma Yehudit (Potere ebraico), Lehava (Fiamma) e i movimenti religiosi sionisti Tkuma.
  3. 3. Vedi "No al piano di annessione Trump / Israele Cisgiordania!" The Internationalist No.58, inverno 2020.
  4. 4. Vedi l’articolo “1948: L’anno di Naqba (Catastrofe)” in The Internationalist No.9 (numero speciale sulla Palestina), gennaio-febbraio 2001.
  5. 5. Opponendosi alla pretesa sionista secondo cui Israele è “lo stato del popolo ebraico”, i trotskisti rivoluzionari usano il termine “popolo di lingua ebraica” per riferirsi alla popolazione che divenne la nazione dominante in Israele con la formazione dello stato sionista.
  6. 6. HRW è un’agenzia imperialista che ha tipicamente prodotto propaganda di guerra sugli abusi dei diritti umani da parte di regimi o movimenti a cui i governanti statunitensi si oppongono o che vogliono rovesciare, anche se occasionalmente (come ora) potrebbe non essere in linea con i poteri che siedono a Washington.
  7. 7. Vedi l’articolo “Sionismo. Imperialismo e antisemitismo” e l’articolo “Complicità sionista nella distruzione dell’ebraismo ungherese” o altri articoli su The Internationalist No. 9, gennaio-febbraio 2001.
  8. 8. Il senatore del Vermont e candidato democratico alla presidenza delle primarie che si definisce un "socialista democratico" si dice "pro-Israele" e si è unito ai suoi colleghi del Senato lo scorso anno nel dare il consenso unanime - due volte! – a stanziare 3,3 miliardi di dollari a Israele nell’ambito del "Programma di finanziamento militare straniero". Oggi Sanders chiede solo a Biden di "guardare attentamente" all’uso da parte di Israele degli aiuti militari statunitensi, di "considerare" di ridurli e di renderli condizionati a un buon comportamento. Ciò è in netto contrasto con la richiesta di interrompere immediatamente tutti gli aiuti.