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  giugno 2020

Solamente la rivoluzione può portare giustizia!

Quando Finirà?
Il linciaggio di George Floyd
della polizia razzista


Migliaia di giovani protestano davanti la Scuola Superiore della Missione di San Francesco, il 3 giugno, la manifestazione da inizio alla richiesta di giustizia per George Floyd (nel ritratto), assassinato dalla polizia di Minneapolis. (Foto: Fabio Bucciarelli)

Da Gordon Barnes

Questo articolo è tradotto di www.internationalist.org. Ha stato pubblicato inizialmente in Other Voices al sito web www.disobedientbodies.com.

NEW YORK CITY, 3 giugno – Nel mezzo della pandemia senza precedenti del Covid-19, gli Stati Uniti sono scossi dalle proteste nazionali contro la brutalità e gli omicidi commessi dalla polizia razzista. Ogni notte si sentono gli elicotteri sopra la testa; ogni giorno arrivano nuove immagini di violenza della polizia, repressione, coprifuoco e arresti accompagnati dalla minaccia della legge marziale.

Quando teste parlanti e politicanti, decretando che le proteste in corso non hanno “nulla a che fare” con il desiderio di ottenere giustizia per George Floyd, cercano di diffamare le innumerevoli migliaia (me stesso tra loro) che giorno dopo giorno riempiono le strade e le piazze di rabbia e indignazione. Però è vero: le proteste non riguardano solo il linciaggio razzista di George Floyd per mano della polizia di Minneapolis. Riguardano la brutalizzazione e la violenza quotidiana che è endemica sotto il capitalismo americano. I neri, considerati come una razza/casta di colore oppressa –  integrata nell’economia statunitense, ma segregata forzatamente al livello più basso della società – sopportano, e hanno sopportato, livelli sproporzionati della violenza esercitata dalle forze dell’ordine di tutto il Paese. Questa verità storica, se giustapposta al coronavirus combinato con la crisi economica e con il tributo sproporzionato e orribile che la crisi economica pretende dalla popolazione nera, ha creato una situazione esplosiva di fermento sociale.

Protesta del 28 maggio a Union Square, NYC, Gioventù internazionalista. (Internationalist photo)

L’omicidio di Floyd è stato la proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso, avvenuto poco dopo l’omicidio di Breonna Taylor da parte della polizia e l’uccisione di Ahmaud Arbery per opera di un ex poliziotto (vigilante razzista) e di suo figlio. Gli omicidi di Floyd, Taylor e Arbery sono nuove tacche sul triste bilancio di morte dei neri eseguite per mano dello Stato capitalista e dei vigilantes razzisti e sono serviti come momenti catalizzatori per l’attuale ribellione. Non sono unici, ma piuttosto orrendamente una routine, con ondate precedenti giunte all’attenzione dell’opinione pubblica nel 2011, 2014, 2015, ma che in realtà si verificano continuamente tutto il tempo.

Il fatto che George Floyd abbia ripetutamente gridato “Non riesco a respirare” mentre Derek Chauvin spegneva con nonchalance la sua vita costituisce l’agghiacciante ricordo delle ultime parole di Eric Garner quando un agente della polizia di New York lo strangolò a morte nel 2014. Oggi come allora ne è seguito un massiccio quanto brusco risollevarsi del malcontento. Ciò che c’è di diverso oggi è che quest’evento brutale si verifica sullo sfondo di una profonda crisi economica innescata dalla pandemia. Mentre le contraddizioni della società americana vengono messe a nudo agli occhi di tutti, dalle uccisioni della polizia, all’incapacità e inadeguatezza delle infrastrutture sanitarie, all’anarchia produttiva del capitalismo, dobbiamo chiederci: perché tutto ciò continua ad accadere? Come tutto ciò si potrà fermare? E cosa riserva il futuro a queste proteste?

Perché, nonostante le ondate di protesta e le cicliche promesse di “riforma”, la polizia continua a uccidere i neri? La lista dei loro nomi è infinita. Mentre i manifestanti scandiscono cantando i loro nomi, alcuni di noi aggiungono “la lista non finisce più”. é, anno dopo anno, giorno dopo giorno, la lista si allunga sempre più? In poche parole, si tratta dell’estensione della funzione della polizia. Nata come forza professionalizzata dalle pattuglie di controllo degli schiavi nel sud degli Stati Uniti, la polizia è al servizio dell’élite al potere e protegge la loro proprietà e l’ordine sociale. Questo è il ruolo fondamentale dei poliziotti sotto il capitalismo. E oggi quella classe, la cui proprietà e ricchezza sono sempre dipese dall’imporre questa sottomissione e dal potere di mantenerla, è quella che comanda. Letteralmente. Nessun insieme di politiche modificherà il ruolo sociale e la funzione della polizia, e nessuna quantità di “moral suasion” o di “formazione contro il pregiudizio implicito” la porterà ad essere in qualche modo egualitaria o non repressiva, poiché la repressione è il suo lavoro e la difesa della disuguaglianza sociale e dello sfruttamento è lo scopo stesso della sua esistenza.


Una squadra di una mezza dozzina di poliziotti inseguono accanendosi sui manifestanti, New York, 30 maggio. (Foto: Jabin Botsford/The Washington Post)

Ora, poliziotti e persino famigerati capi della polizia stanno mostrando una presunta “solidarietà” con i manifestanti in occasione di alcune proteste, “inginocchiandosi” con i manifestanti. Non dovrebbe essere una sorpresa, però, quando questi stessi poliziotti solo poche ore dopo la farsa brutalizzino e arrestino i manifestanti, come è successo ripetutamente. I numerosi coprifuoco razzisti vengono fatti rispettare da questi stessi poliziotti. (Sì, i coprifuoco sono razzisti; sono armi legali per reprimere le proteste contro il terrore razzista. Qui a New York, il sindaco “progressista democratico” Bill de Blasio ha imposto un coprifuoco dalle ore 20:00, con i poliziotti che lo esercitano per radunare i manifestanti.) La repressione delle proteste in corso è stata pesante, fatta anche lanciando veicoli contro i manifestanti stessi.

Trump ha aggiunto benzina al fuoco, minacciando la legge marziale e impegnando  poliziotti e gas lacrimogeni per allontanare i manifestanti dalla Casa Bianca per poter posare per una foto-op con la Bibbia in mano davanti a una chiesa vicina. Il co-regista di questo spettacolo dell’orrore è il presunto candidato del Partito Democratico alla presidenza, Joe Biden, che ha suggerito alla polizia di sparare “alle gambe”, piuttosto che al petto, alle persone disarmate. È meglio morire dissanguandosi dall’arteria femorale o morire più velocemente con un proiettile (e conoscendo i poliziotti, è probabile che siano decine o centinaia) al petto?

La risposta semplice: nessuno dei due.

Nel frattempo,  Bernie Sanders,  l’ex candidato e sostenitore di Biden, ha proposto una lista di “riforme” della polizia, includendo la sua pericolosa richiesta di trasformare gli assistenti sociali, i paramedici, ecc. in un “supplemento [alle] forze dell’ordine”.

Proprio come le precedenti riforme di polizia (da una maggiore varietà razziale alle commissioni di revisione civile, alle videocamere-incorporate alla divisa e all’addestramento contro il pregiudizio implicito) non hanno cambiato la funzione della polizia, mentre la lista di coloro che uccidono o mutilano continua a crescere, non cambieranno nulla nemmeno le attuali proposte di riforma. Come affermano molti manifestanti e commentatori, la questione è sistemica. Credo che oggi sia essenziale aiutare i giovani manifestanti antirazzisti a riflettere su cosa significhi. “Sistemico” significa intrinseco alla natura di questo sistema che crea continuamente oppressione razzista. Questo sistema è il capitalismo. La violenza razzista della polizia non può finire entro i confini del sistema capitalistico gi esistente. Questo è stato dimostrato più volte con il flusso e il riflusso di uccisioni e proteste nel corso degli ultimi due decenni. Ed è stato dimostrato di nuovo con ogni nuova serie di “riforme della polizia”, che non hanno fatto nulla per porre fine alle uccisioni o per migliorare la costante brutalizzazione razzista.

Il Partito Democratico e’ un ostacolo alla liberazione dei neri


Manifestanti contro la brutalità della polizia siedono sul selciato di una strada della città di New York, 3 giugno. Un voto per i Democratici è un voto per il partito capitalista responsabile di aver scatenato la repressione praticamente in ogni città degli Stati Uniti. (Foto: Spencer Platt/Getty Images)

Centrale a tutto questo, e a ciò che rischia di ripetersi durante l’attuale ciclo di ferventi proteste, è l’incanalamento del dissenso nel Partito Democratico. Sì, è il Partito Democratico, il più antico ed esperto partito capitalista del mondo, che ha dimostrato, e lo dimostrerà ancora, di essere il principale ostacolo alla liberazione dei neri.

Il capo-bigotto razzista e misogino alla Casa Bianca alimenta palesemente l’odio razziale e la xenofobia. Eppure anche i Democratici sostengono l’ordine sociale che rende il razzismo sistemico, hanno costruito le loro forze di repressione razzista e le esercitano contro gli oppressi. I sindaci democratici controllano in gran parte i centri urbani di questo paese e le loro forze di polizia. Sono questi sindaci democratici che hanno istituito i vari coprifuoco e la repressione da parte della polizia, e sono stati una serie di governatori del Partito Democratico con i loro confratelli repubblicani che hanno dispiegato la Guardia Nazionale.

Politici neri del Partito Democratico, come Lori Lightfoot e Keisha Lance Bottoms, sindaci di Chicago e di Atlanta hanno, rispettivamente, fatto da apripista in queste misure draconiane e razziste. E’ stato il secondo, sostenuto in un discorso dal rapper Killer Mike, che ha proceduto a strisciare ai piedi dei maestri, mentre indossava una maglietta “Kill Your Masters”. Mentre i politici parlano ambiguamente, da entrambi i lati della loro menzognera bocca, denunciano l’assassinio di Floyd mentre strigliano i manifestanti per la loro “violenza”, è chiaro da che parte stanno i Democratici. È il Partito Democratico che cerca di far avanzare la legislazione sul razzista controllo delle armi, che bloccherebbe il diritto cruciale di autodifesa (centrale nella difesa e nella pratica dei pionieri della libertà nera come Ida B. Wells, Robert F. Williams, i Diaconi della Difesa, le Pantere Nere e molti altri). E come è evidente, non si può contare sulla protezione della polizia contro gli suprematisti bianchi e gli fascisti come il Ku Klux Klan, con i quali sono andati così spesso di pari passo nella storia sanguinosa di questo Paese.

Su Twitter, Trump ha minacciato che “quando inizia il saccheggio inizia la sparatoria”. È sorprendente sentire che Obama abbia chiamato i manifestanti delinquenti e criminali durante le ondate di violenza della polizia nel 2014 e nel 2015? No, se capiamo cosa significa “oppressione razziale sistemica” e la natura bipartisan di come viene amministrata nell’America capitalista. Allora come oggi, sono stati i Democratici a chiamare la polizia militarizzata e la Guardia Nazionale. Mentre Trump e il suo coro mediatico si scagliano contro gli “anarchici” e gli attivisti antifascisti per stimolare una reazione più reazionaria e razzista, una serie di sindaci e governatori democratici minacciano “gli agitatori esterni”. A pretesto per la repressione essi citano il vandalismo e la distruzione di proprietà, poiché né hanno fatto ricorso ad nauseam ogni volta che scoppiano proteste di questo tipo.

La vita dei neri e delle minoranze, infatti, non ha alcuna importanza per la classe dirigente (e nemmeno quella dei poveri bianchi e dei lavoratori o di qualsiasi altra persona “essenziale” ma spendibile nel loro sistema di profitto). Il più importante prigioniero americano della guerra di classe, l’ex Pantera Nera Mumia Abu-Jamal, ha posto la domanda nel titolo del suo recente libro, “Have Black Lives Ever Mattered? (La vita dei neri ha mai avuto valore?). Oggi, con grande indignazione per l’assassinio di George Floyd, e data l’oppressione quotidiana che molti neri affrontano, un sorprendente 54% degli americani pensa che i manifestanti siano più che giustificati quando hanno invaso e raso al suolo un edificio del distretto di polizia di Minneapolis.

Copertina del Libro di Mumia Abu Jamal: “La vita dei neri ha mai avuto valore?”

Da che parte stiamo? Non è difficile rispondere. C’è solo una parte da scegliere tra le due: o quella dell’oppressore, o quella dell’oppresso. Il Partito democratico non è una soluzione. Ciò che serve per una vera liberazione nera non è solo uno sconvolgimento, ma un rovesciamento del sistema capitalistico. Oggi, molti liberali e socialdemocratici parlano di “smantellare la supremazia bianca” e di “decolonizzare gli spazi”, “controllare il privilegio” e altre frasi rituali per rivendicare il cambiamento attraverso una combinazione di moral suasion e di senso di colpa, pur continuando a radunare la gente nel Partito Democratico. Coloro che possono segnalare la “wokeness” (espressione liberale e della sinistra si vantano de coscienza “svegliata” dell’oppressione) con un riferimento a Malcolm X (allo stesso modo di MLK), rendendolo un’icona innocua, trascurano convenientemente di menzionare che egli ha puntualmente condannato ogni obbedienza e sostegno al Partito Democratico, additandolo come un pilastro del razzismo. E se aveva ragione a sottolineare che “non si può avere il capitalismo senza il razzismo” – come l’aveva – allora ciò significa che questo deve essere portato alla conoscenza dei giovani manifestanti di oggi.

L’oppressione razziale deve essere distrutta, strappata, fondamentalmente sconfitta ed estirpata. Questo può essere ottenuto solo attraverso una rivoluzione sociale. Con tanti che si uniscono ora alle proteste, spesso per la prima volta, credo sia fondamentale aiutare i più riflessivi a cogliere il significato di un programma rivoluzionario per la libertà dei neri, cioè della liberazione dei neri attraverso la rivoluzione socialista.

Perché le proteste che inondano le strade non sono sufficienti, per quanto possano essere d’ispirazione. Gli aspetti più eclatanti delle proteste qui a New York City, dove vivo, sono costituiti dalla varietà multirazziale, dalla quantità di giovani (molti manifestanti tra la fine dell’adolescenza e i primi vent’anni), e dal carattere in gran parte non organizzato – cioè spontaneo – delle manifestazioni. Anche con il Covid-19, una minaccia sempre presente, migliaia di persone si sono riversate nelle strade per protestare contro l’uccisione di Floyd e di tanti altri, e la violenza sistemica contro i neri, così centrale nella società americana. In un modo che a volte ha la qualità di un rituale, stanno cantando gli ormai popolarissimi slogan “ufficiali” di “No Justice, No Peace”, “Black Lives Matter” e “Hands Up, Don’t Shoot”, tra gli altri. E da quanto riportato in tutto il paese, questa tendenza non è unica a New York, dato che le proteste si sono ormai diffuse in tutti gli Stati Uniti. Le manifestazioni si sono diffuse così ampiamente che la Guardia Nazionale è stata mobilitata in oltre la metà degli stati

Scioperi operai contro la repressione razzista


Contingente dell’Internationalist Group e della Gioventù Rivoluzionaria Internazionalista, il 2 giugno alla marcia di protesta per l’uccisione di George Floyd. I cartelli fanno appello ad azioni operaie per fermare la repressione razzista e le minacce di legge marziale da parte di Trump. (Foto: The Internationalist)

La natura non organizzata e spontanea di queste proteste è uno degli aspetti del loro limite. I dimostranti inorridiscono, si raffreddano fino all’osso e si riempiono di rabbia per l’uccisione di persone nere, ovviamente non versano lacrime per la proprietà privata aziendale. Ma nessuna quantità di vetro in frantumi può cambiare lo status quo razzista al di là di semplici aggiustamenti politici e armeggiamenti e un’ulteriore spolverata di “facce nere ai posti di comando”, quando ciò che serve è a livello sociale. Per superare l’oppressione razziale che è, ed è sempre stata, parte del fondamento del capitalismo americano, il potere della classe operaia multirazziale deve essere mobilitato. La classe operaia di questo Paese, con la sua grande e strategica componente nera e immigrata, è l’unica forza sociale in grado di portare a termine questo importante compito. E più volte, tornando alla lotta per distruggere la schiavitù, le lotte per la libertà dei neri sono state all’avanguardia nella lotta di classe in questo Paese. Parte di questa storia – spesso “sepolta” e importante da dissotterrare e comunicare in lungo e in largo – è la lotta per guardie di difesa dei lavoratori contro il terrore razzista, e le chiusure dei porti della costa occidentale da parte del sindacato rivendicando la libertà di Mumia (unendosi ai lavoratori in Brasile), contro l’assassinio della polizia di Oscar Grant (raffigurato nel film “Fruitvale Station”) e contro la guerra imperialista in Iraq e Afghanistan.

Ora, è urgente che il movimento operaio faccia valere il suo potere nella lotta in corso. Ho visto il potenziale di questo nel microcosmo al Barclays Center di Brooklyn, quando un autista di autobus della MTA si è rifiutato di trasportare per le forze dell’ordine le persone che i poliziotti avevano arrestato (dopo averle picchiate con i manganelli). Il 29 maggio, il potente locale del sindacato newyorkese TWU, Transport Workers Union, ha dichiarato che “gli operatori degli autobus non lavorano per la polizia di New York” e che perciò “dovrebbero rifiutarsi di trasportare i manifestanti arrestati”. Anche a Minneapolis, gli autisti di autobus si rifiutano di fare il lavoro sporco per la polizia, e ora il sindacato dei trasporti di Washington D.C. ha seguito l’esempio. Ora più che mai servono scioperi dei lavoratori contro la repressione razzista, contro il coprifuoco e le minacce d’imposizione della legge marziale. Chiusura dei porti, interrompere il trasporto delle merci, a raccolta del cibo, fermare il funzionamento del trasporto, in altre parole, paralizzare il sistema.

Scioperi contro il terrore razzista di tale portata, che dispieghino il potere operaio al punto di produzione, nei trasporti e nelle comunicazioni, collegherebbero il movimento di protesta ancora in gran parte piccolo borghese e giovanile con la classe operaia, la classe che fa funzionare tutto in questa società. I giovani da soli non hanno il potere sociale per rovesciare questo sistema razzista, e nemmeno i neri in sé e per sé, invece quelli il cui lavoro lo fa funzionare sì che possono fermarlo. Doppiamente oppressi, nelle città di tutti gli Stati Uniti, i lavoratori neri sono concentrati in settori strategici dell’economia capitalista. Oggi c’è un enorme potenziale per prendere l’iniziativa unendosi alle proprie sorelle e fratelli di classe, immigrati, latini, asiatici, bianchi, nativi americani, poiché l’attuale lotta antirazzista, combinata con la crisi economica e le devastazioni della pandemia contro i lavoratori e i poveri, scuote questo intero Paese. Con le mani sulle leve del potere sociale, i lavoratori, molti dei quali neri, hanno la capacità e il potere necessario per sfidare e rovesciare questo sistema razzista.

Anche qui la questione della direzione è cruciale. Per troppo tempo i “leader” ufficiali hanno incatenato i neri, i latino-americani, gli immigrati e la classe operaia nel suo complesso a questo ordine sociale, attraverso il Partito Democratico. Studiando le lotte per la libertà dei neri, qui e altrove, rimontando fino alla rivoluzione haitiana di Toussaint L’Ouverture, vediamo che la direzione rivoluzionaria è la chiave. Oggi questo pone un bisogno cruciale per un partito operaio rivoluzionario.

Questa necessità è più urgente che mai proprio qui, in questo momento.

La lotta della classe operaia è necessaria per evitare che l’ondata di malcontento ricada nel vicolo cieco dell’affidarsi ai Democratici per risolvere una situazione che questi non vogliono né sono in grado di risolvere. La classe dirigente ha offerto alcuni agnelli sacrificali (per salvare l’infima parvenza della facciata che possiede) con l’arresto degli ufficiali colpevoli dell’omicidio di Floyd. Ma come hanno sottolineato gli studenti radicali dei Clubs Internazionalisti della Università della Città di New York (dove io lavoro) durante l’ultima ondata di proteste di brutalità della polizia: “Non c’è giustizia nell’America capitalista razzista”. Solo l’1% dei poliziotti che uccidono civili disarmati viene condannato, e a questo punto con condanne misere. Il poliziotto che ha ucciso Oscar Grant nel 2009 è stato condannato a due anni per un omicidio in stile esecuzione. Solo tre, dei sei che hanno spezzato il collo a Freddie Gray nel 2015 con una delle loro “cavalcate violente”, sono stati accusati e non uno di loro condannati. La lista continua.

Le persone guardando le proteste, e osservandole dall’esterno, hanno contribuito facendo dei post sui social media (in gran parte si perdono nella cacofonia della politica online), o facendo donazioni a varie organizzazioni, spesso finanziano le cauzioni. Mentre questi fondi di cauzione sono importanti, in particolare con il restringimento delle maglie razziste del coprifuoco in varie località, molte delle altre organizzazioni a cui la gente dona fanno campagna per i Democratici e sono allineate con loro, almeno in parte, nella strategia fallimentare di attuare in qualche modo la “giustizia sociale” attraverso uno dei due principali organi del governo capitalista razzista negli Stati Uniti. Con doppiezza e lingua biforcuta hanno appena ri-autorizzato Freedom Act degli USA, che conferisce a Trump maggiori poteri di polizia. Sono, insieme a Trump e ai repubblicani, l’idra dalle mille teste, essenzialmente una stessa bestia con tante teste diverse.

La politica dello scegliere il male minore non sarà sufficiente ora, poiché la società civile mostra sempre più fratture e lo spettro della guerra civile ancora una volta non è frutto dell’immaginazione. La Guerra Civile è stata giustamente chiamata la Seconda Rivoluzione Americana. Con la partecipazione chiave di 180.000 truppe nere, ha sconfitto la schiavocrazia del Sud, ma la borghesia del Nord ha tradito la promessa della libertà nera.

Oggi, una Terza Rivoluzione Americana sarà necessaria per porre fine all’asservimento dei neri, ma ciò sarà possibile solo se si tratta di una guerra tra classi sociali. Da parte loro, le due grandi fazioni della classe dirigente, quella democratica e quella repubblicana, si differenziano su come amministrare questa guerra senza fine degli sfruttatori contro i neri, gli immigrati e la classe operaia nel suo complesso. Con le elezioni di novembre, entrambe le parti si preparano ad un’intensificazione del conflitto con la Cina, e vede Biden collocato a destra di Trump nel minacciare l’uso della forza – sono ambedue imperialisti razzisti.

Con tutto questo in mente, tra il frastuono delle sirene della polizia e dei megafoni, il rombo degli elicotteri e la cadenza di migliaia di manifestanti, dobbiamo ricordare: “Solo la rivoluzione può portare giustizia!” ■