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  febbraio 2022

Fascisti e nazionalisti ucraini giù le mani dal Donbass!
Difendere il diritto di autodeterminazione dell’Ucraina sudorientale!

Sconfiggere la spinta di guerra U.S.A./NATO
e le sanzioni contro la Russia!

Dichiarazione della Lega per la Quarta Internazionale


Nell'ambito dell'esercitazione militare della NATO Baltops, i marines statunitensi si esercitano a sbarcare sulle spiagge della Lituania a soli 40 km dal territorio russo (regione di Kaliningrad), giugno 2018. 
(Foto: Mindaugas Kulbis / AP)

La seguente dichiarazione è stata rilasciata dal Comitato Esecutivo della Lega per la Quarta Internazionale il 23 febbraio.

Il 21 febbraio, dopo settimane di propaganda di guerra imperialista sempre più isterica e un’escalation quotidiana di attacchi da parte del governo ucraino e delle forze fasciste/nazionaliste contro le regioni secessioniste di lingua russa di Donetsk e di Lugansk nell’Ucraina orientale, il presidente russo Vladimir Putin ha riconosciuto formalmente l’indipendenza di queste autoproclamatesi repubbliche popolari sotto attacco e vi ha inviato le truppe. Gli Stati Uniti, la NATO (Organizzazione del Trattato Nord Atlantico) e l’Unione Europea hanno immediatamente condannato la Russia per la sua azione difensiva e hanno annunciato che imporranno severe sanzioni economiche. I lavoratori con coscienza di classe e tutti gli oppositori dell’imperialismo dovrebbero denunciare spinta di guerra imperialista U.S.A./NATO, che solleva lo spettro della guerra mondiale. Gli imperialisti cercano di isolare, provocare e demonizzare la Russia che, nonostante le ambizioni imperiali di Putin, è una potenza capitalista intermedia e regionale. Ma lo scopo ultimo degli imperialisti è quello di innescare la controrivoluzione in Cina, Cuba e Corea del Nord.

Il giorno dopo, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha colto l’azione della Russia dichiarandola “l’inizio di un’invasione russa dell’Ucraina”, al fine di proclamare sanzioni economiche contro la Russia, come previsto (Vedi “Spike U.S./NATO Anti-Russia War Threats and Provocations!” The Internationalist, 20 febbraio 2022). Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, tuttavia, ha ancora difficoltà a seguire la linea imperialista e ha dichiarato: “Non ci sarà nessuna guerra” con la Russia. Le annunciate sanzioni statunitensi, che Biden ha chiamato “la prima tranche”, con altre che seguiranno, bloccherebbero gli investitori russi dal raccogliere prestiti dall’Occidente, cosa che comunque Putin sta cercando di ridurre già da diversi anni. Il governo tedesco ha dichiarato che sospenderà la certificazione del gasdotto Nord Stream 2, che porterà il gas naturale russo in Europa, per un nuovo riesame della sicurezza.

Per anni, Putin si è lamentato del crescente accerchiamento da parte della NATO e delle sue minacciose azioni militari contro la Russia, senza risultato. Due mesi fa, Mosca ha consegnato agli Stati Uniti il linguaggio proposto per le garanzie di sicurezza, e a maggior enfasi, ha mobilitato le sue forze armate per manovre militari attorno ai confini dell’Ucraina. I media imperialisti hanno assunto in pieno la modalità d’“assalto alla Russia”, richiamando le immagini della Guerra Fredda dell’orso russo che s’impadronisce dell’Europa. La propaganda guerrafondaia senza sosta sulla presunta imminente invasione russa dell’Ucraina ha ricordato la bellicosa propaganda sulle inesistenti “armi di distruzione di massa” nell’Iraq di Saddam Hussein. Le potenze occidentali hanno risposto a Putin soltanto con vuoti colloqui sul controllo delle armi e rifiutato categoricamente di escludere l’espansione della NATO. Con il suo confine di più di 2.000 km con la Russia, l’inclusione dell’Ucraina nell’alleanza militare occidentale sarebbe un atto di guerra. Nel dichiarare che una qualsiasi limitazione all’espansione della NATO verso est sarebbe un “non-starter”, cioè escluso fin dall’inizio, Biden e i suoi alleati europei stanno dichiarando che l’alleanza imperialista si sta preparando a una guerra contro la Russia che, o prima o poi, avverrà.

Biden batte i tamburi di guerra contro la Russia nel disperato tentativo di apparire forte dopo l’umiliante sconfitta dell’imperialismo statunitense e la fuga dall’Afghanistan, dove due decenni d’invasione e occupazione U.S.A./NATO non hanno potuto impedire il crollo del governo fantoccio. L’attuale abitante della Casa Bianca sta disperatamente cercando di resuscitare il “Nuovo Ordine Mondiale” unipolare già proclamato dagli U.S.A. con la distruzione controrivoluzionaria dell’Unione Sovietica tre decenni fa. Washington però non ha più la forza militare ed economica per imporre la sua egemonia globale e deve invece contare sui suoi alleati europei e asiatici. In gran parte, l’insistenza degli Stati Uniti nell’isolare e attaccare la Russia con misure di guerra economica è guidata dalla determinazione di mantenere la Germania, suo alleato imperialista e rivale, in linea, con particolare insistenza sulla cancellazione del Nord Stream 2.

Putin, nel suo discorso che annuncia il riconoscimento delle due repubbliche secessioniste, ricorda che nei negoziati sulla riunificazione della Germania del 1990 gli Stati Uniti assicurarono ai leader sovietici che non ci sarebbe stata alcuna espansione della NATO a est. L’esistenza di questa promessa, che gli Stati Uniti ora fingono di non aver mai fatto, è confermata in uno scambio del febbraio 1990 in cui il segretario di stato americano James Baker giurò a Mikhail Gorbaciov che “non un centimetro dell’attuale giurisdizione militare della NATO si estenderà in direzione est”, e in un documento riservato del governo tedesco recentemente trapelato da Der Spiegel. Eppure il Drang nach Osten (marcia verso est) della NATO continua senza sosta. E mentre Putin saluta il “contributo della Russia al superamento dell’eredità della guerra fredda”, noi trotskisti abbiamo combattuto con le unghie e con i denti contro la riunificazione capitalista della Germania e la controrivoluzione che ha fatto cadere lo stato operaio multinazionale sovietico.

L’attuale crisi che si gioca attorno all’Ucraina è stata costruita per anni. Nel 2014, i fascisti e gli ultranazionalisti ucraini hanno organizzato un colpo di stato che ha spodestato il presidente eletto e filorusso dell’Ucraina, Viktor Yanukovich. Questo era il secondo tentativo, dopo la cosiddetta rivoluzione arancione del 2004, una delle “rivoluzioni colorate” sponsorizzate dagli Stati Uniti per il “cambio di regime” negli stati post-sovietici. Nel 2014, il capo del Dipartimento di Stato per l’Europa ha finanziato e coordinato direttamente con i nazionalisti fascisti e si è intrattenuto con loro in piazza Maidan, nella capitale dell’Ucraina. I nazionalisti ucraini hanno marciato mostrando i ritratti dell’infame collaboratore con l’invasione nazista dell’URSS durante la Seconda guerra mondiale Stepan Bandera, ora dichiarato ufficialmente “eroe dell’Ucraina”. Dopo il colpo di stato del febbraio 2014, i suoi organizzatori hanno lanciato una guerra all’Ucraina orientale di lingua russa e hanno messo in atto un pogrom nel sud, bruciando vive decine di persone nella sede sindacale di Odessa. L’uso del russo nelle scuole e nelle strutture governative è stato vietato.


Battaglione Azov in marcia a Kiev. I simboli sulle loro bandiere includono il Wolfsangel (nero, in primo piano), usato dalla divisione Panzer SS tedesca Das Reich che fu coinvolta in battaglie di carri armati a Kharkov, Ucraina. Il Battaglione Azov include noti nazifascisti, ma è stato finanziato dal governo degli Stati Uniti e incorporato nella Guardia Nazionale Ucraina. È una delle principali forze che combattono contro le repubbliche filorusse nell’Ucraina orientale e si è impegnata in crimini di guerra contro gli abitanti di lingua russa, compresi stupri e torture. 
(Foto: Euromaidan Press)

Quando nell’est è scoppiata una rivolta contro questo assassino sciovinismo nazionale ucraino, la giunta di Kiev ha considerato l’esercito inaffidabile e ha inviato squadre fasciste per cercare di reprimere la rivolta. Tuttavia, le popolazioni degli oblast (divisioni regionali) di Donetsk e Lugansk hanno votato per l’indipendenza dal governo centrale in modo schiacciante, in un referendum del maggio 2014, e dopo duri combattimenti a corpo a corpo, gli aspiranti pulitori etnici hanno perso. In Crimea (la cui città principale Sebastopoli è stata per secoli il quartier generale della flotta russa del Mar Nero), dopo che le truppe russe hanno preso la penisola nel marzo 2014 senza sparare un colpo, la popolazione, a grande maggioranza etnica russa, ha votato in un referendum per esercitare la propria autodeterminazione unendosi alla Russia. La Lega per la Quarta Internazionale ha chiamato a sostenere la rivolta orientale e a difendere le repubbliche regionali che hanno tenacemente resistito agli attacchi nazionalisti/fascisti ucraini, oltre a difendere la scelta democratica della Crimea di unirsi alla Russia.

La mossa della Russia di riconoscere le repubbliche di Donetsk e Luhansk mette fine agli accordi di Minsk del 2015 tra Russia e Ucraina per l’autonomia regionale degli oblast orientali. Mentre i separatisti cercavano l’indipendenza, Putin preferiva che il Donbass fosse una parte autonoma di un’Ucraina neutrale che potesse essere un cuscinetto tra la Russia e la NATO. Ma il governo di Kiev non ha mai intrapreso le riforme promesse che forniscono garanzie di sicurezza e voce in capitolo in politica estera alle regioni secessioniste. Recentemente, i divieti sull’uso della lingua russa sono stati intensificati, anche se è la lingua predominante nelle città dell’est e del sud, ed è ampiamente utilizzata nella capitale, negli affari e nella cultura popolare. Putin parla di “genocidio” contro i russi, che è un’esagerazione, ma i russofoni dell’est sono sicuramente minacciati dall’esercito nazionalista ucraino e dai fascisti che hanno assediato la regione per otto anni. Per quanto riguarda gli ormai defunti accordi di Minsk per l’autonomia in Ucraina, è sempre stato difficile vedere come il governo centrale potesse riaffermare il controllo senza un bagno di sangue.

L’escalation di provocazioni anti-russe da parte del governo ucraino è un risultato diretto dell’elezione del democratico Biden alla presidenza degli Stati Uniti. Mentre il repubblicano Trump cercava relazioni amichevoli con Putin e la Russia, i democratici hanno scatenato la frenesia del “Russiagate”, incolpando il Cremlino per la perdita delle elezioni del 2016 della Hillary Clinton. I democratici hanno avuto stretti contatti con i nazionalisti anti-russi dell’Ucraina per anni, ingegnando i colpi di stato del 2004 e del 2014, con rappresentanti propri nel consiglio di amministrazione di una società del gas ucraino, ecc. Non appena Biden è entrato in carica, il governo ucraino ha iniziato una serie di provocazioni, annunciando nel marzo 2021 una nuova strategia militare incentrata sulla sua adesione alla NATO e sul sostegno di questo all’Ucraina contro la Russia. Le stazioni televisive in lingua russa sono state chiuse mentre il principale “oligarca” filorusso magnate d’affari dell’Ucraina è stato messo agli arresti domiciliari con l’accusa di “tradimento”.

Il governo ucraino e i paramilitari nazionalisti hanno contemporaneamente lanciato un’escalation militare a est, alla quale Mosca ha risposto rafforzando le sue forze sul territorio russo dall’altra parte del confine. In autunno, la Russia si è nuovamente mobilitata per una serie di esercitazioni militari, affermando più e più volte che non aveva intenzione di invadere l’Ucraina. Lo scopo di queste esercitazioni era di fare chiaro agli imperialisti occidentali che se l’Ucraina fosse entrata nella NATO, questo sarebbe stato considerato un atto di guerra, e di indicare quali sarebbero state le conseguenze. Se la Russia volesse, potrebbe facilmente conquistare gran parte dell’Ucraina. Anche i vertici militari ucraini hanno ammesso che non durerebbero più di qualche giorno contro il modernizzato esercito russo. Il punto di Putin dunque è stato fatto molto chiaramente. La risposta degli Stati Uniti è stata una propaganda frenetica che ritraeva il leader russo come l’incarnazione del male.


Nell'ambito dell'esercitazione militare della NATO Sea Breeze, tenutasi in congiunzione con l'esercitazione NATO Defender Europe 21 (cfr grafico sotto), il 30 giugno 2021, nell'aria di Mikolayev, Ucraina, vicino a Crimea, sede della flotta russa del Mare Nero. Obbiettivo: Russia. (Foto: Sergey Smolentsev / Reuters)

Durante tutte le febbrili denuncie dell’accumulo militare di Mosca, la NATO ha intensificato le operazioni militari aggressive nelle vicinanze della Russia. “Trident Juncture” nel 2018 è stato pubblicizzato come “la più grande esercitazione dalla fine della guerra fredda”, concentratasi sul Baltico, comprendente persino uno sbarco stile D-Day in Lettonia. A questo ha fatto seguito, nel maggio-luglio 2021, “Defender Europe 21”, un esercizio congiunto che ha coinvolto 28.000 truppe e un gigantesco sbarco di più di 1.000 veicoli militari in Albania. Questo era collegato alle esercitazioni navali simultanee “Sea Breeze” nel Mar Nero, con navi di 32 paesi (tra cui il Giappone), insieme a esercitazioni da terra in Bulgaria, Ungheria e Romania. Nessuno di questi viene mai menzionato dai media imperialisti, e tutti sono rivolti alla Russia. Dal 1999, la NATO si è allargata fino a includere Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Ungheria e Romania, circondando la Russia. E ora gli imperialisti vogliono stringere il cappio rifiutandosi di precludere l’ingresso dell’Ucraina e della Georgia, alle quali è stato detto già nel 2008 che entrambe sarebbero potute entrare nella NATO se avessero messo le loro rispettive case in ordine.

La Lega per la Quarta Internazionale fa appello alla difesa dell’autogoverno nelle regioni secessioniste dell’Ucraina orientale e meridionale e alla sconfitta dell’attuale spinta di guerra contro la Russia e la Cina. In modo militante ci opponiamo alle sanzioni imperialiste e denunciamo il clamore sollevato dagli Stati Uniti e dalla NATO verso le truppe russe che vanno a rafforzare le repubbliche assediate del Donbass quale belato di guerrafondai frustrati e dei loro accoliti socialdemocratici. Il direttore d’orchestra di questo baccano è l’imperialismo statunitense, con il suo record d’innumerevoli invasioni sanguinose. Se gli scontri portassero a una guerra in piena regola tra Russia e Ucraina, noi trotskisti ci pronunciamo a favore di una politica di disfattismo rivoluzionario in entrambe le potenze regionali, mentre chiederemmo ai lavoratori di opporsi attivamente allo sforzo di guerra delle “loro” borghesie e di condurre una lotta di classe intransigente contro i governanti capitalisti a Mosca e Kiev. Se invece questa si trasformasse in una guerra dei sostenitori imperialisti dell’Ucraina contro la Russia, allora sarebbe una questione molto diversa.

L’Internationalist Group/U.S. ha avvertito ripetutamente, prima delle elezioni del 2020, che i democratici stavano facendo campagna come “i guerrafondai più coerenti contro la Cina, la Russia e – naturalmente – la Corea del Nord”. In un’intervista durante la campagna elettorale, Biden ha dichiarato che la “più grande minaccia per l’America in questo momento ... è la Russia”, mentre “il più grande concorrente è la Cina” (60 Minutes, 25 ottobre 2020). E quando Linda Thomas-Greenfield è stata nominata ambasciatore di Biden alle Nazioni Unite, questa ha definito la Cina “un avversario strategico” (AP, 27 gennaio 2021). Quindi la dichiarazione congiunta del 4 febbraio di Putin e del presidente cinese e leader del Partito Comunista Xi Jinping che proclama l’amicizia “senza limiti” tra Cina e Russia, e si oppone esplicitamente all’espansione della NATO, ha causato grande costernazione a Washington. Di fronte all’escalation di minacce e pericoli, facciamo appello alla classe operaia mondiale di difendere la Cina e gli altri stati operai burocraticamente deformati contro l’imperialismo e la controrivoluzione.

Oggi, la questione di classe che prevale su tutto è la lotta contro l’aggressività dei guerrafondai imperialisti U.S.A./NATO e i loro scagnozzi a Kiev, così come contro i pogromisti fascisti e ultranazionalisti che minacciano la popolazione nell’Ucraina orientale. In nessun caso i marxisti danno sostegno politico ai leader ucraini o al nazionalista e anticomunista russo Vladimir Putin, il cui discorso del 21 febbraio è iniziato con una diatriba contro Lenin e i bolscevichi per aver creato l’Ucraina. Un’Ucraina sovietica in un’URSS multinazionale avrebbe potuto superare le tensioni regionali ed etniche, anche se la centralizzazione realizzata da Stalin in modo brutale ha negato la realizzazione di questo. Comunque, sin dalla sua indipendenza del 1991, l’Ucraina come stato borghese, è sempre stato un paese profondamente diviso, governato da un’oligarchia inveteratamente corrotta e voltagabbana che usa le truppe d’assalto ultranazionaliste e fasciste come ariete per imporre l’“ucrainizzazione” all’est e al sud alla popolazione di lingua russa.

I trotskisti difendono i diritti democratici, nazionali e linguistici di tutti i settori della popolazione, cercando di unire i lavoratori russi e ucraini nella lotta comune insieme ai lavoratori dell’Europa orientale e occidentale. Mentre gli imperialisti continuano a fomentare la febbre della guerra e a imporre sanzioni crescenti che alla fine puntano alla guerra mondiale, coloro che vogliono seguire il programma internazionalista dei bolscevichi di Lenin e Trotsky lottano per la rivoluzione socialista mondiale contro tutte le classi dominanti borghesi. ■

Il nazionalista russo Putin contro
l’internazionalista bolscevico Lenin


Lo sciovinista grande russo Vladimir Putin anela a restaurare l’impero zarista. Sopra: il presidente russo s’intrattiene con il Consiglio di sicurezza russo, alle sue spalle la bandiera imperiale russa.(Foto: Alexey Nikolsky / AFP)

Un cumulo di assurdità, è quello che viene pubblicato dai media occidentali a proposito di presunte aspirazioni del presidente russo Vladimir Putin a riportare in vita l’Unione Sovietica. Nulla di più distante dalla realtà. Quello che Putin vuole resuscitare è l’impero zarista. In una recente foto del presidente russo, scattata mentre assiste alle esercitazioni militari con il suo alleato bielorusso Alexander Lukashenko, possiamo vedere in bella vista alle sue spalle la bandiera imperiale russa con lo stemma araldico dell’aquila a due teste. Nel pronunciare il suo discorso del 21 febbraio, che riconosceva alle “Repubbliche popolari” dell’Ucraina orientale [Donetsk e Lugansk] lo status di stati indipendenti, il presidente russo era furente, “per il fatto che dalla politica bolscevica fosse nata l'Ucraina sovietica.”

Nel suo discorso, Putin notava che i nazionalisti ucraini che hanno abbattuto i monumenti dedicati a Lenin dicevano di essere impegnati nel mettere in atto la “decomunistizzazione”. Proseguendo nel suo discorso dice: “Voi volete la decomunistizzazione? Bene, a noi va benissimo. Ma non è necessario, come dicono loro, fermarsi a metà strada. Siamo pronti a mostrarvi cosa significa per noi la vera decomunistizzazione per l’Ucraina.” Dal momento che in precedenza aveva affermato che l’Ucraina non è una nazione separata ma parte della più “ampia nazione russa”, le implicazioni sono chiare. In effetti, Lenin e i bolscevichi, incluso Lev Trotsky, un ebreo ucraino, chiamarono, come dice Putin, per “il diritto delle nazioni all’autodeterminazione, fino ad includere la secessione”, e questa rivendicazione era contenuta nella dichiarazione di sovranità sovietica del 1922 e nella costituzione sovietica del 1924. L’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche era una federazione di stati nazionali, in osservanza con il programma comunista internazionalista.

Per Putin, ciò che ne deriva è che la “Russia è stata derubata”, come lamentava in un discorso dello scorso luglio “Sull’unità storica di russi e ucraini”. Dunque condanna l’appello di Lenin a combattere contro quello che egli chiama in modo derisorio “il cosiddetto sciovinismo grande russo”. Oggi il presidente nazionalista russo elogia Stalin per aver messo “in pratica non le idee di Lenin, ma la sua idea di struttura di stato” cioè uno stato unitario. Lenin e Trotsky si batterono insieme contro lo sciovinismo grande russo di Stalin. I bolscevichi furono certamente i fondatori dell’Ucraina Sovietica, sostenendo il diritto democratico all’autodeterminazione come parte della lotta internazionalista per la rivoluzione socialista. Questo difficilmente fa di loro i padri di una Ucraina borghese e nazionalista.

Nel dicembre del 1917, quando la Rada nazionalista (consiglio di governo ucraino) collaborava con le Guardie Bianche controrivoluzionarie, Lenin e Trotsky scrissero un “manifesto/ultimatum” che succintamente riassumeva la politica dei bolscevichi sulla questione nazionale (l’ultimatum in tre punti è stato scritto da Trotsky):

1) “Di conseguenza, noi del Consiglio dei Commissari del Popolo, riconosciamo la Repubblica popolare ucraina, e il suo diritto alla secessione dalla Russia or quello di stipulare un trattato con la Repubblica russa sulla base di relazioni federali o relazioni affini tra loro....”
2) “La Rada è disponibile a farsi carico dell’assistenza alle truppe rivoluzionarie nella loro lotta contro la rivolta controrivoluzionaria dei Cadetti e del generale Kaledin?...”
3) “Nel caso non pervenga una risposta soddisfacente a questa domanda entro le 48 ore, il Consiglio dei Commissari del popolo considererà la Rada in aperto stato di guerra con il potere dei Soviet in Russia e in Ucraina.”
–V.I. Lenin, “Manifesto indirizzato al popolo ucraino con ultimatum alla Rada ucraina” (16 dicembre 1917) [nostra traduzione].

All’epoca dello sfaldamento dell’URSS, forze controrivoluzionarie hanno colto l’occasione di usare la questione nazionale, prima con l’Armenia contro l’Azerbaijan, come veicolo per la loro corsa alla restaurazione del capitalismo. Questo ricorso reazionario al nazionalismo era spalleggiato da un certo numero di correnti pseudo-trotskiste. Poi attraverso tutta l’Europa dell’Est gli anti-comunisti hanno usato la demagogia nazionalista per impossessarsi del potere, cosa che ha portato alla disgregazione di altri stati operai multinazionali, in particolare la Cecoslovacchia e la Jugoslavia. Spesso questo è risultato in mostruose atrocità compiute da tutte le etnie, le une contro le altre, non solo attacchi di Serbi contro i mussulmani bosniaci e gli albanesi del Kossovo, ma anche al contrario attacchi di albanesi del Kossovo e l’espulsione di centinaia di migliaia di serbi della Krajina da parte dei croati nei primi anni ’90 del secolo scorso. Successivamente i massacri divennero il pretesto per la campagna di bombardamenti degli imperialisti U.S.A/NATO che hanno definitivamente seppellito la Jugoslavia. E oggi gli imperialisti blaterano sulla presunta inviolabilità dei confini!

In Occidente, la recente condanna di Lenin da parte di Putin, per aver creato una Ucraina sovietica, è stata dichiarata una “lettura sbagliata della storia” dal momento che gli opinionisti hanno scoperto che “la politica identitaria ucraina e il nazionalismo” risaliva al “periodo zarista feudale” (New York Times, 22 febbraio), tutto al servizio della propaganda di guerra russofoba. Grottescamente, in Germania vari pseudo-marxisti nel Partito della sinistra (Linkspartei) citano l’attacco di Putin ai bolscevichi, e la sua versione sciovinista grande russo della storia, per giustificare l’appello pro-NATO di applicare sanzioni contro la Russia e ammettere l’Ucraina nell’Unione Europea (Junge Welt, 23 febbraio)! Dopo aver fatto appello all’intervento della ex cancelliara Angela Merkel (!!) a mediare il conflitto con la Russia, questi socialimperialisti dei tempi recenti si sono messi sull’attenti come soldatini in questa campagna guerrafondaia imperialista.

Tra questi socialimperialisti c’è l’autoproclamatosi “Fourth International Bureau” (Bureau della IV internazionale, ex Segretariato Unificato), che falsamente dichiara di rappresentare il trotskismo e definisce la Russia imperialista, e argomenta che “sta al popolo ucraino – e non ai ricatti e negoziati tra tre grandi potenze – decidere se aderire o meno alla NATO” (International Viewpoint, 1 febbraio). Così in linea coi socialdemocratici, risalendo ai giorni della Prima Guerra mondiale, essi lavorano a provvedere una copertura “democratica” ai guerrafondai imperialisti e alle loro alleanze militari. Chi genuinamente si richiama al trotskismo si oppone alla NATO fino in fondo: la risposta al nazionalismo e alla barbarie della guerra imperialista mondiale è il programma internazionalista dei bolscevichi sotto la direzione di Lenin e Trotsky per la rivoluzione socialista mondiale. ■