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  agosto 2016

RIFORGIARE LA IV INTERNAZIONALE,
PARTITO MONDIALE DELLA RIVOLUZIONE SOCIALISTA

Ritornare al trotskismo!

Lettera aperta di Giulia e Carlo

11 maggio 2016

Ritratto di Leone Trotsky dipinto da Yuri Annenkov (1922) 

Dichiariamo la nostra solidarietà politica con la Lega per la Quarta Internazionale (LQI), che è la continuazio­ne dello Spartachismo prima della sua degenerazione, e la no­stra volontà di lottare per contribuire a riforgiare il partito mondiale della rivoluzione socialista, la Quarta Internazionale. Rispettivamente con i 21 e 27 anni ciascuno nella tendenza Spartachista, eravamo i dirigenti riconosciuti della Lega Tro­tskista d’Italia (Ltd’I), sezione italiana della Lega Comunista Internazionale, dal 1993 al 1999. Questo periodo vide sia la formazione di un governo di fronte popolare Prodi/Rifondazione Comunista che cadde a seguito dell’uscita dalla coalizione di RC nel 1998 (causata dal malcontento e dalla diserzione massiccia della sua base), sia il massacro im­perialista in Serbia che ha suscitato in tutta Italia proteste e re­sistenza su larga scala. Con la politica proletaria di opposi­zione ai fronti popolari, basata sul programma del trotskismo rivoluzionario, la LTd’I vide raddoppiare la sua taglia nel giro di due anni e mezzo, impiantare un locale a Napoli, intratte­nere contatti dalla Puglia alla Svizzera, tenere sulla difensiva gli pseudo-trotskisti e stava portando avanti con successo il lavoro concreto per ampliare significativamente l’organizzazione.

Fu allora che arrivò la pugnalata alle spalle, nel 1999, da parte della direzione internazionale della LCI che lanciò una caccia alle streghe contro di noi lunga ben due anni, spedendoci a New York, liquidando il locale di Napoli, dun­que sabotando completamente il nostro lavoro. L’eccezionale opportunità di crescita significativa fu completamente gettata al vento. La LCI ci rimproverava di non aver instillato nella sezione la comprensione del “nuovo periodo” successivo alla controrivoluzione capitalista in Unione Sovietica e negli stati operai deformati dell’Europa dell’est accompagnato da una nuova “storica e qualitativa retrogressione nella coscienza della classe operaia e della sinistra in campo internazionale”. Questa era la versione della direzione della LCI del mito della “morte del comunismo” che ha spazzato gran parte della sini­stra e che noi abbiamo mancato di assimilare. Dal momento in cui siamo stati forzati a uscire, per tutti i 17 anni, la Ltd’I non è stata altro che una organizzazione moribonda, un guscio vuoto, l’ombra del suo passato con la pubblicazione di un giornale o quasi all’anno consistente nella stragrande maggio­ranza di articoli tradotti e privo di interventi nella lotta di classe.

Nel 1999-2001 siamo stati oggetto di una caccia alle streghe politica che è culminata in una “inchiesta” da parte di un’apposita Commissione di Controllo Internazionale (CCI) che riguardava grottesche accuse a noi rivolte di simulazione di malattia (cancro), di sollevare “accuse” false a carico della direzione della LCI e di nascondere le divergenze politiche. Si è trattato di un’odiosa macchinazione dall’inizio alla fine. Non siamo solo noi a dirlo. In seguito, un’ulteriore “Inchiesta della Commissione di Controllo Internazionale” della LCI datata del 2004 dichiarava che “le conclusioni della Commissione di Controllo dell’ottobre 2001 erano basate su prove falsificate e quindi non potevano essere considerate valide”. Per di più questa concludeva:

“In termini semplici, la questione è se Carlo e Giulia fossero oggetto di una caccia alle streghe bu­rocratica. La risposta è sì, con la conseguenza che questi compagni sono stati trattati con disprezzo e ostilità, contraddistinta dalla condanna a essere riti­rati dai loro incarichi in Italia…. I documenti dimo­strano che il ‘crimine’ commesso da Carlo e Giulia era quello di rifiutarsi di essere d’accordo con le con­clusioni e caratterizzazioni politiche, su cui insiste­vano primariamente l’allora Segretariato Internazio­nale (SI) supportato da altri membri del Comitato Esecutivo Internazionale (CEI), sulle loro vedute poli­tiche riguardanti il lavoro della stessa LTd’I, che nei fatti in dettagli chiave erano grossolane esagerazioni e palesi falsificazioni”.

Ciononostante, sebbene le prove fossero delineate in penoso dettaglio, il rapporto concludeva che “il danno appor­tato alla LCI dall’abuso burocratico documentato da questa Cci è irrevocabile”. Quest’asserzione potrebbe apparire come un riconoscimento onesto, ma in realtà è servito a continuare con l’occultamento della verità e con la continuazione dell’abuso. Sebbene questo documento fosse pubblicato in un bollettino interno più di undici anni fa, noi non siamo mai stati informati che le accuse contro di noi erano state riconosciute come false. E’ stato solamente quando siamo entrati in con­tatto con la LQI che abbiamo appreso da loro della “inchiesta sulla precedente inchiesta” e siamo stati in grado di leggere il bollettino che ci incriminava. Fatto impressionante è che le tecniche usate contro di noi erano così simili a quelle usate nella purga del 1996-97 dei quadri che poi sono diventati i fondatori del Internationalist Group (IG) e della LQI. Ma la cosa più importante da comprendere al riguardo dell’abuso burocratico e della codardia politica è che questi non sono che i prodotti dell’abbandono da parte della LCI dei nostri giorni dell’autentico programma rivoluzionario trotskista per cui ab­biamo lottato per decenni e per il quale vogliamo di nuovo batterci oggi.

La LCI soffre di una storica e qualitativa retrogressione della coscienza!

Dopo tre decadi in cui ha mantenuto la continuità ri­voluzionaria del trotskismo, la LCI ha tratto conclusioni di­sfattiste dalla storica sconfitta che è stata la distruzione contro­rivoluzionaria dell’Unione Sovietica. Mentre questa ha certa­mente avuto un impatto sebbene non in modo omogeneo nella coscienza degli operai, è la LCI piuttosto, come del resto an­che altri gruppi della sinistra opportunista, ad aver subito quella regressione storica qualitativa della coscienza rivol­uzionaria che essa ascrive alla classe operaia. E’ forse la classe operaia che ha decretato che le sue lotte non fossero più con­nesse all’obiettivo finale del socialismo? No, è la Lega Comu­nista Internazionale che lo fa. Per tutti quelli che vogliono prendersi la briga, andate a rileggere le tesi dell’Comitato Ese­cutivo Internazionale del gennaio 1996.

Noi non siamo stati i primi a fare i conti con le con­seguenze della degenerazione politica della LCI. Certamente sapevamo che l’organizzazione era diventata burocratizzata, ma per diverso tempo abbiamo avuto difficoltà ad afferrare il senso di tutto ciò. Con il passare del tempo l’accumularsi delle revisioni programmatiche – con l’appoggio della LCI all’invasione di Haiti dell’imperialismo Usa nel 2010 una delle maggiori – abbiamo iniziato a mettere i pezzi insieme. Nel frattempo, quei quadri di lunga data espulsi dalla LCI ne­gli anni 1996 e 97 sono andati avanti a costruire la Lega per la Quarta Internazionale e si sono battuti per costruire un’avanguardia nell’azione del proletariato. Ora ci uniamo a loro sulla base del programma per cui ci siamo battuti noi tutti. Negli anni, sebbene di piccole dimensioni, la LQI è cresciuta assieme alla lotta di classe, mentre la LCI si è ritirata dalla lotta di classe e ha iniziato a tradire un sempre maggior nu­mero di punti programmatici del trotskismo (non solo nell’azione, o più spesso nella non azione, ma anche in ma­niera formalmente codificata). La linea di degenerazione prin­cipale seguita dalla LCI è stata la capitolazione alla propria borghesia e ai governanti imperialisti:

Più recentemente, in Grecia (2015), la LCI ha solle­vato l’appello per un amorfo “governo che agisca nell’interesse dei lavoratori e che sia subordinato a essi”. Que­sto è un tipico genere di formulazione ambigua utilizzata da una miriade di gruppi centristi e riformisti che chiamano a dare appoggio a governi borghesi che hanno poi portato a san­guinose sconfitte come durante la Guerra civile di Spagna e il Cile del 1973 e che fu la posizione dei Menscevichi nel 1917. La LCI chiama “de facto” per un “Grexit”, cioè l’uscita della Grecia dall’Unione Europea sotto un regime borghese – seb­bene la Grecia possa essere costretta a intraprendere una tale strada – e difficilmente la si può chiamare un “programma rivoluzionario”. Invece potrebbe minare la lotta per unire i lavoratori europei contro l’austerità capitalista nella prospettiva di rimpiazzare l’Europa dei banchieri con un Europa rossa dei consigli operai, attraverso la rivoluzione so­cialista in tutto il continente e oltre. Dietro a questa fissazione della LCI si nasconde la convinzione che una tale rivoluzione sia oggi impossibile. La Lega per la Quarta Internazionale si batte per la rivoluzione operaia sia dentro sia fuori l’UE.

In un ulteriore conflitto chiave degli ultimi anni, in Siria e nell’intera regione mediorientale, la LQI ha corretta­mente insistito come il nemico principale fosse l’imperialismo che deve essere sconfitto e cacciato dall’area, ammonendo al contempo come qualsiasi alleanza con le forze imperialiste USA/NATO sia suicida. Ogni colpo reale inferto agli imperialisti, inclusi anche quelli inferti da reazionari assolutisti dello Stato Islamico, è nell’interesse dei lavoratori in tutto il mondo. Ma il carattere fondamentale del conflitto in Siria e Iraq continua ad essere una guerra civile, uno scontro settario in cui i trotskisti si oppongono a tutti i contendenti. La vittoria in questa guerra civile di una parte o dell’altra significherebbe un bagno di san­gue delle genti conquistate. Mentre la LCI da appoggio mili­tare allo SI contro l’imperialismo “e i suoi alleati”, l’obiettivo immediato della “guerra santa” dello SI sono le popolazioni sciite, yazide, cristiane e curde della Siria e dell’Iraq. Asserire che la vittoria dello Stato Islamico contro i curdi, con il suo inevitabile bagno di sangue e ritorno alle leggi sociali risalenti allo VIII secolo, rappresenti un colpo contro l’imperialismo USA non è solo falso ma mostra persino un’indifferenza spie­tata verso il destino delle popolazioni neocoloniali e le donne.

I comunisti internazionalisti si battono per la disfatta di tutte le bande armate islamiste attraverso azioni operaie, guardando centralmente a un proletariato turco, curdo ed egi­ziano che si conta in milioni di persone. I settori combattivi della classe operaia italiana impegnate in intense azioni contro la guerra imperialista possono giocare un ruolo di direzione delle lotte a questo proposito nel difendere pieni diritti di citta­dinanza per tutti gli immigrati e il diritto d’asilo per i rifugiati, diritti che possono essere conquistati solo attraverso azioni operaie e lotte nella prospettiva della rivoluzione socialista in entrambe le sponde del Mediterraneo.

L’abbandono da parte della LCI del programma ri­voluzionario ha anche avuto un effetto diretto sul terreno na­zionale italiano. La LTd’I ora sostiene la posizione che “dopo il collasso dell’URSS la classe operaia non concepisce nessuna alternativa alla società capitalista”, e siccome un vero sciopero generale (cioè non una fermata di quattro ore, o anche otto, o perfino di 24 ore più un corteo) porrebbe la questione di quale classe andrà al potere, e dato che la falsa sinistra spesso chiama per scioperi generali come anticamera di un fronte po­polare con sezioni della borghesia, è sbagliato chiamare per uno sciopero generale. Definirlo scolasticismo sarebbe mini­mizzare educatamente. Ma, quando le masse lavoratrici si vo­gliono battere contro gli attacchi del capitale e la pressione cresce dal basso fra i ranghi, e quando questa pressione incon­tra la resistenza dei burocrati che restano terrorizzati all’idea delle conseguenze, i rivoluzionari devono portare avanti un programma di mobilitazione su vasta scala della classe operaia e dirigere verso la rivoluzione socialista lottando nel frattempo contro tutti i tentativi di dirottare la collera delle masse verso un fronte popolare. Non fare questo in queste circostanze si­gnifica aiutare le ingannevoli direzioni riformiste.

Uno sciopero generale (che i sindacalisti rivoluzio­nari hanno idealizzato) e pure le occupazioni di fabbrica fine a se non sono la panacea, come dimostrato dalla tragica espe­rienza del Biennio rosso in Italia nel 1919-20. Però entrambe possono costituire il passo decisivo verso la rivoluzione. Pre­parare la classe operaia a lottare per vincere queste battaglie già in atto in questi casi, è necessario portare avanti un pro­gramma di transizione di azioni operaie che conducano alla formazione di un governo operaio basato sui consigli operai, l’inizio della rivoluzione socialista. I rivoluzionari fanno ap­pello per la costituzione di milizie operaie di difesa e per la difesa degli immigrati, per comitati di sciopero eletti che po­trebbero trasformarsi in consigli operai, e anche per una mobi­litazione totale in uno sciopero generale accompagnato da altre richieste transitorie. La chiave per la vittoria però è la costru­zione dell’indispensabile partito operaio rivoluzionario, che agisca come tribuno del popolo per dirigere in avanti la lotta.

Agire come retroguardia rispetto al proletariato mentre i lavoratori stanno spingendo avanti per combattere non è un atteggiamento nuovo per la LCI, è invece tipico della complessiva ritirata dalla lotta di classe. Un esempio ha cattu­rato la nostra attenzione. Nel dicembre 2005 c’è stato un deci­sivo scontro, cruciale per il mondo del lavoro, a New York City, quando il potente e strategico sindacato dei trasporti ur­bani e della metropolitana, il TWU, è entrato in sciopero. La Spartacist League (sezione statunitense della LCI) non ha mai chiamato per lo sciopero prima che questo avvenisse e, nel suo volantino rivolto ai membri sindacali, non ha criticato il buro­crate a capo del sindacato, Touissant, durante lo sciopero. Più tardi, quando un lettore critico ha messo in discussione questa politica in una lettera, pubblicata in Workers Vanguard No. 872 (giugno 2006), WV ha risposto: “Il volantino non ha attaccato direttamente Touissant. Poiché non potevamo indi­care una direzione alternativa allo sciopero, e farlo avrebbe solo significato indebolire lo sciopero.”

Così secondo la LCI, criticare i burocrati sindacali durante uno sciopero indebolisce lo sciopero stesso! Questa è la logica degli opportunisti ovunque. Per finire, quella dire­zione ha svenduto lo sciopero che ha paralizzato il centro della capitale della finanza mondiale, portando a una sconfitta per la quale l’astensionismo pro-burocrazia della LCI l’ha resa di fatto complice. Inoltre, il TWU è uno dei pochi sindacati dove la Lega Spartachista USA ha dei sostenitori, ciononostante af­ferma che “non poteva indicare a una direzione alternativa”. Questa è un’ammissione del fatto che la LCI ha rinunciato a battersi per la direzione rivoluzionaria nei sindacati, una poli­tica cosciente. A contrasto di tale atteggiamento, il Internationalist Group, sezione statiuniense della LQI, ha distribuito tra i picchetti di sciopero migliaia dei suoi bollettini quotidiani che facevano agitazione per azioni di lotta di classe.
(vedi l’articolo di TheInternationalist, all’url: http://www.Internationalist.org/nyctransitstriketoc.html).

Mentre la LCI ha tradito la lotta per rimuovere la polizia dai sindacati in Brasile nel 1996, pugnalando alle spalle i compagni e schierandosi con le forze del fronte popolare per calunniare la lotta, la LQI ha aiutato a continuare la battaglia e si è fusa con i compagni della Liga Quarta-Internacionalista do Brasil. Mentre la sezione della LCI in Messico è rimasta vo­lontariamente passiva durante lo storico sciopero dell’università UNAM nel 1999-2000, il piccolo gruppo della LQI ha acceso la scintilla che ha dato vita alle formazioni delle guardie difesa operaia per proteggere le occupazioni contro gli attacchi della polizia e è cresciuta significativamente. Dopo essere intervenuta nella rivolta nel sud del Messico (Oaxaca) nel 2006 e in altre battaglie, il Grupo Internacionalista del Messico parte della LQI ha ben quattro locali in città differenti mentre le sezioni della LCI ristagnano.

Mentre la LQI negli Stati Uniti faceva agitazione e lavo­rava per cinque anni per realizzare lo storico sciopero portuale contro la guerra imperialista del Primo maggio del 2008 nei porti della Costa Ovest, la LCI non ha fatto nulla per organizzarlo limitando i suoi sforzi a schernirlo al termine dell’azione. Più tardi, nel 2012, la LQI ha realizzato la fusione con un gruppo di operai combattivi di Portland che avevano giocato un ruolo chiave nella chiusura di un porto di questa città durante un breve ribellione dei populisti del movimento di Occupy. Mentre la sedentaria Spartacist League di New York intrattiene un’insignificante presenza pubblica (forse è troppo “impegnata” a produrre bollettini interni su come i giovani non pos­sono nemmeno immaginare una società socialista odierna), il Internationalist Group e la LQI hanno reclutato quadri rivoluzionari tra gli operai immigrati organizzando i non organizzati, attraendo giovani durante le proteste di massa contro gli assassinii razzisti perpetrati dalla polizia, pubblicando un giornale e portando avanti attività altamente dinamica e visibile. La Spartacist League USA, al contrario, recentemente ha annunciato che avrebbe dissolto la sua Commissione Giovanile e le sue Labor Black Leagues (organizzazioni transitorie per il reclutamento di lavoratori neri). Naturalmente tutto ciò rimonta al programma.

Un programma per la lotta di classe rivoluzionaria

La LCI, che afferma che l’enfasi di Trotsky sulla crisi della direzione rivoluzionaria è oramai datata, allo stato attuale è incapace a provvedere a un tale ruolo di direzione. Eppure, poiché acute lotte continuano a esplodere da un paese all’altro, dall’Africa del nord all’Europa del sud, in America latina, in Asia e anche negli Stati Uniti, e continuano a essere sconfitte una dopo l’altra, è chiaro che il materiale umano per lotte rivoluzionarie esiste. Mentre il capitalismo è intrappolato dalla spirale che lo trascina verso la barbarie, la centralità della necessità di riforgiare un’autentica Quarta Internazionale tro­tskista è cruciale più che mai. Noi vogliamo contribuire a que­sto sforzo.

C’è una crisi profonda del capitalismo impantanata in una depressione mondiale che è amaramente sentita e pa­lese davanti agli occhi di tutti. Nel caso dell’Italia, molti gio­vani hanno un magro presente e ancor meno futuro sotto il capitalismo. Con contratti di lavoro di due o tre mesi e con l’esplosione dei “voucher” si è ridotti letteralmente a esser pa­gati all’ora e il “contratto permanente” è ora di soli tre anni. Molti operai lavorano gratis giusto per “poter mettere qual­cosa nel loro Curriculum Vitae” da presentare a un’infinita pletora di interviste di lavoro degradanti e dove solo pochi po­sti di lavoro si renderanno disponibili per quelli con “amici in alto”. Mentre un ampio e sempre crescente settore di pensio­nati vive in povertà, i giovani non avranno pensione per nulla. Mentre il 10% della popolazione vive in assoluta povertà, il sud è abbandonato ad affondare in una maggiore miseria, di­sperazione e deindustrializzazione di quel poco che è rimasto.

Se la vita è un inferno per gli uomini, è doppiamente un inferno per le donne che sono la reale spina dorsale del “si­stema di assistenza sociale” di questo paese che è il paese del Vaticano. Ripagate da salari e pensioni significativamente più basse, disoccupazione massiccia, assenza della disponiblità dei servizi d’assistenza all’aborto a causa della clausola della “obiezione di coscienza” (che permette ai medici di rifiutarsi di eseguire l’intervento per ragioni morali), praticamente for­zate a dichiarare ai colloqui di lavoro di non voler avere figli, tutto ciò unito alle umilianti incombenze giornaliere che fanno parte della routine della vita della maggioranza delle donne. Costi troppo elevati da sostenere per l’assistenza all’infanzia, dagli asili alle mense scolastiche, con l’aggiunta dell’onere di cura dei malati e degli anziani ricadono pesantemente sulle loro spalle a causa dei tagli progressivi che puntano allo smantellamento del sistema sanitario. Tutto per veder accol­lare infine alle donne stesse il biasimo dei governanti borghesi per il declino del tasso delle nascite!

Migliaia di rifugiati disperati affogano nel Mediter­raneo o sono lasciati a morire nel silenzio di fame, di freddo e malattie, incarcerati e deportati ad affrontare una probabile morte. Mentre l’Italia e i suoi alleati si preparano per una nuova guerra imperialista che sia in Libia o altrove, pronti a ripetere il massacro imperialista simile a quello della Libia del 2011. Mentre cerca di accelerare le procedure di deportazione con la corsia prioritaria prevista dal regolamento “Dublino III”, l’Unione Europea spera di respingere l’arrivo di nuovi migranti (che minacciano di gettarsi nel mare). Nel frattempo con il suo Frontex l’UE alleva le sue truppe paramilitari di polizia ed espande i lager, campi di concentramento per immigrati senza documenti, non solo i CIE (i Centri di Identificazione ed Espul­sione, che sono veri e propri campi di deportazione) ma anche i CDA e i CARA che si presume siano centri di accoglienza, ma sono in realtà presi d’assalto da speculatori profittatori e razzi­sti.

I trotskisti si battono per pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati. Nel mezzo della frenesia anti-immigrati sparsa dalla destra razzista, alcuni gruppi opportunisti della cosiddetta “estrema sinistra”, come il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) di Marco Ferrando e Grisolia, limitano il loro programma alla rivendicazione del permesso di soggiorno per gli immigrati rilasciato dalla questura per periodi limitati di tempo e che sia “fatta finita con le leggi razziste”, sebbene al­cune delle sue sezioni locali sollevino la rivendicazione dei diritti di cittadinanza per tutti. Il Partito dell’Alternativa Comu­nista (PdAC) di Francesco Ricci solleva questa rivendicazione in una lista di riforme, ma non le lega direttamente all’azione rivolu­zionaria della classe operaia. Per i socialdemocratici della Lega Internazionale degli Lavoratori (LIT, seguaci dell’oramai deceduto dirigente pseudo-trotsdkista argentino Nahuel Moreno) a cui il PdAC appartiene, “abbattere il capitalismo e costruire una eco­nomia socialista” significa realizzare le nazionalizzazioni ac­compagnate da altre misure che lasciano intatta la struttura dello stato capitalista. Però la rivendicazione democratica dei pieni diritti di cittadinanza per gli immigrati è stata realizzata solamente attraverso strumenti rivoluzionari, dalla Rivolu­zione francese del 1789-92, dalla Comune di Parigi del 1871 e dalla Rivoluzione d’Ottobre del 1917.

Ad ogni modo, le lotte difensive e le lotte per i diritti democratici non possono essere vinte sotto il capitalismo de­cadente. Grandi serbatoi di odio e amarezza sono prodotti da questo sistema capitalista, su entrambe le sponde, quella euro­pea e quella africana, del Mediterraneo, e molti che lo odiano desiderano una rivoluzione. Il dirigente dell’ultra-destra razzi­sta Matteo Salvini è costantemente e caldamente contestato in tutta Italia. Il sindacato SI Cobas, si è fatto portavoce di nume­rose lotte portate avanti da lavoratori immigrati brutalmente sfruttati (che sono anche da considerarsi un ponte umano per la lotta per la rivoluzione proletaria nel loro paese d’origine) e di lavoratori italiani ottenendo alcune vittorie parziali a di­spetto delle vittimizzazioni, minacce di deportazione e repres­sione esercitata da tutte le parti. Questo sindacato ha organiz­zato uno sciopero generale nazionale contro la guerra imperia­lista e contro la guerra alla classe lavoratrice e agli immigrati il 18 marzo scorso. Ma ciononostante la classe operaia geme sotto sotto i lacci della camicia di forza imposta dalla svendita operata dalla burocrazia sindacale, dalla CGIL pro-PD ai buro­crati del sindacato metalmeccanici della Fiom di Maurizio Landini, che prova a eliminare il dissenso interno.

I lavoratori del pubblico impiego si sono visti i salari congelati da almeno sei anni e stanno portando avanti una se­rie di scioperi e proteste. Insegnanti e studenti stanno lottando contro i tagli alla pubblica istruzione e contro la “riforma” che ha dato poteri dittatoriali ai dirigenti e prende di mira attac­cando le conquiste del sindacato. C’è rabbia, tra la base dei lavoratori della sanità contro nuovi tagli, privatizzazioni e un crescendo di condizioni di lavoro impossibili. Gli operai delle acciaierie dell’ILVA di Taranto stanno combattendo una battaglia chiave per il loro lavoro e la loro sicurezza. Gli studenti e i giovani manifestano ripetutamente in favore di una istruzione laica libera e gratuita, alla portata di tutti. Per unire queste lotte è necessario lottare per una direzione comunista nei sindacati e nel movimento operaio.

Per superare il sabotaggio della burocrazia sindacale e le divisioni della classe operaia dispersa in sindacati diffe­renti è necessario lottare per la formazione di comitati di massa di lotta eletti e revocabili che uniscano i differenti set­tori della classe operaia in lotta. Nel 1984 i consigli operai formatisi nel corso di un’enorme lotta possedevano il poten­ziale per trasformarsi in soviet, la base del potere operaio. Purtroppo, invece di ingaggiare azioni vigorose di lotta di classe l’allora Partito Comunista Italiano (PCI) pro-capitalista assieme a Democrazia Proletaria (DP) e altri gruppi hanno svenduto quel potente movimento per un insignificante refe­rendum popolare sulla “scala mobile”.

Il combattivo proletariato italiano storicamente e politicamente avanzato è passato attraverso due situazioni pre-rivoluzionarie e numerose e potenti rivolte. Purtroppo è stato tradito costantemente dalla sua direzione. A seguito della sconfitta accusata nella Prima guerra mondiale, nel settembre 1920 al culmine di due anni di una sostanziale guerra civile il proletariato occupò le fabbriche, aveva il controllo della gran parte delle campagne e nell’esercito c’erano massicce rivolte. L’assenza di una qualche ala del Partito Socialista Italiano (PSI) che tentasse di assumere il potere statale fu pagata con più di due decenni di fascismo.

Ancora alla fine della Seconda guerra mondiale, la rivolta proletaria si concentrava attorno alla città di Torino fu decisiva nella caduta dei fascisti. Il PCI, con la sua teoria stali­nista di collaborazione di classe del “socialismo in un paese solo” e un programma di fronte popolare, svendette la situa­zione rivoluzionaria del 1943-48. Con la “svolta di Salerno” di Palmiro Togliatti sotto gli ordini diretti di Stalin, il PCI disarmò i partigiani e lavorò per dare sostegno e rafforzare la Demo­crazia Cristiana (DC) e il Vaticano.

Da allora il PCI, Democrazia Proletaria e più tardi Ri­fondazione Comunista assieme a code “trotskiste”, totalmente false (a volte dentro, a volte fuori i raggruppamenti in DP o RC), hanno costantemente appoggiato la politica di fronte po­polare, che subordina il movimento operaio alla borghesia. Ai giorni nostri, anche formazioni come il PCL e il PdAC hanno spinto per politiche di collaborazione di classe fronte popolari­ste per decenni. Questi hanno rotto con RC solo nel 2006 quando questa entrò a far parte del governo Prodi che espres­samente richiese che Ferrando e Ricci non fossero candidati per il senato. Questi falsi dirigenti hanno appoggiato la polacca anti-sovietica Solidarność di Papa Wojtyla, Reagan e della Thatcher; negano che la Cina sia uno stato operaio deformato che deve essere difeso incondizionatamente contro l’imperialismo e le forze della controrivoluzione, si sono schierati entrambi con i movimenti degli studenti controrivo­luzionari, finanziati dalla CIA, a Hong Kong nel 2014.

Mentre il PCL ha commesso un tradimento di classe sfacciato nell’appoggiare politici borghesi, Pisapia a Milano nel 2011 e De Magistris a Napoli, il PdAC definisce la Cina “il più barbaro paese capitalista nella storia mondiale” e saluta “lunga vita alle rivoluzioni nell’Est europeo che hanno rovesciato la dittatura stalinista” (e che hanno trascinato la popolazione nella povertà più nera drasticamente accorciando la loro aspettativa di vita). Il PdAC appoggia i “ribelli” islamisti pro-imperialisti del Libero Esercito Siriano. Questi pseudo-trotskisti sono di fatto apologeti della controrivoluzione, dell’imperialismo e del capitalismo italiano. Per tutti quelli che si sentono traditi da quest’accozzaglia di falsi dirigenti del proletariato – non ultimo del quale è l’ex-Pci, che è stato trasformato totalmente in un partito borghese, capeggiato da quell’esattore di tasse di Renzi, al servizio dei rapaci banchieri dell’UE – è necessario imparare la lezione. E’ necessario forgiare un partito leninista ingaggiando e mobilitando per la lotta di classe. Noi ci battiamo per:

– Scioperi contro la guerra imperialista. Far cadere l’UE e la NATO imperialiste attraverso una lotta di classe che porti alla rivoluzione socialista;
– Boicottaggio delle merci militari, in azioni operaie di “hot-cargoing” come quelle messe in atto dagli operai delle ferrovie italiane e gli attivisti fuori Vi­cenza nel febbraio 2003, quando fu fermato un treno della NATO con carico destinato alla guerra;
– Gruppi di guardia e autodifesa operaie integrate, per fermare linciaggi e soprusi e per insegnare alle bande razziste una meritata lezione; No alla Fortezza Europa razzista! Pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati e rifugiati!
– Organizzare i disorganizzati e lottare per pieni salari come da contratti sindacali per tutti, a lavoro uguale, uguale salario!
– No alla clausola della “obiezione di coscienza”! Aborto libero gratuito e assistito come parte dei ser­vizi di un sistema sanitario di qualità garantiti per tutti!
– Riduzione drastica delle ore di lavoro settimanali a pieno salario per condividere il lavoro tra tutti. Scio­peri di solidarietà transnazionali, che superino le bar­riere nazionali, sono urgentemente necessari!
– Per un’Europa fatta di stati uniti socialisti! Per la rinascita della Quarta Internazionale, partito mon­diale della rivoluzione socialista!

Il potere proletario non verrà dal parlamentarismo borghese. La questione centrale è quella della direzione rivo­luzionaria. Non esiste un capitalismo “più umano”. O un par­tito bolscevico dirigerà il proletariato alla vittoria o saremo costretti a fronteggiare un completo imbarbarimento che già cala inesorabile su di noi. Come scrisse Trotsky in occasione della fondazione della Quarta Internazionale nel 1938 “la crisi storica dell’umanità si riduce alla crisi della direzione rivolu­zionaria”.1 Queste tesi, oramai dichiarate datate dalla LCI seb­bene la loro vitalità sia costantemente confermata, rappresen­tano la vera ragione per cui la Quarta Internazionale fu fondata in un periodo di profonda sconfitta per la classe operaia e co­stituiscono il motivo per cui questa debba essere forgiata di nuovo per essere il partito mondiale della rivoluzione sociali­sta.

L’attuale Lega Comunista Internazionale non è un posto per comunisti oggi. Per quelli nella LCI che forse vo­gliono ancora essere comunisti, noi li esortiamo a leggere e studiare la stampa della Lega per la Quarta Internazionale, come abbiamo fatto noi riconoscendo il genuino programma trotskista a cui siamo stati reclutati anni fa. Politicamente, que­sta è una questione di vita o di morte per quelli che vorrebbero essere comunisti rivoluzionari. Lenin una volta disse che solo gli idioti non studiano entrambe le parti di una controversia. Non siate idioti. E’ ora di andare avanti con la LQI.■


  1. 1. Trotsky,“Programma di Transizione”, L'agonia del capitalismo e i compiti della IV Internazionale. La mobilizzazione delle masse attorno al Programma di Transizione in preparazione della conquista del potere (1938)