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  maggio 2025

L’Italia sulla strada che porta a uno stato di polizia bonapartista

Per un vero sciopero generale per fermare il “decreto sicurezza”
e il riarmo!


Manifestazione de SI Cobas a Roma, sabato 19 ottobre 2024, nell'ambito della giornata de lotta e sciopero di venerdi 18 ottobre contro il DDL 1660 (di “sicurezza”).  (Foto: S.I. Cobas)

Costruire un partito operaio rivoluzionario leninista-trotskista!

15 APRILE – Il 4 aprile il governo italiano di destra della premier Giorgia Meloni ha approvato un decreto che mette in atto quasi tutte le misure repressive del draconiano disegno di legge sulla “sicurezza”, il Ddl 1660, presentato dal Consiglio dei ministri lo scorso settembre. Sei giorni dopo, il 10 aprile, la maggioranza di governo ha fatto adottare in parlamento una mozione che, di fatto, approvava il piano ReArm Europe annunciato a metà marzo dalla presidente dell’Unione Europea (UE) Ursula von der Leyen, che prevede 800 miliardi di euro di stanziamenti per il potenziamento della forza militare dell’UE. E il 17 aprile la Meloni si recherà a Washington per chiedere una riduzione dei dazi sui prodotti Made in Italy nel quadro della guerra commerciale scatenata dal presidente statunitense Donald Trump.

Repressione, guerra e militarizzazione sono all’ordine del giorno. Oggi, sotto il regime della Meloni e del suo partito fascista Fratelli d’Italia (Fd’I), l’Italia continua a fornire armi ai macellai sionisti per la guerra genocida degli Stati Uniti e di Israele contro Gaza. Nel frattempo ha anche fornito miliardi di euro in armamenti al governo fantoccio della NATO in Ucraina per sostenere la guerra per procura imperialista contro la Russia mentre, al contempo, conduce una guerra di classe contro i lavoratori in Italia. Per bloccare questo governo di estrema destra sarà necessaria una mobilitazione totale della forza dei lavoratori e di tutti i difensori dei diritti democratici. Il Nucleo Internazionalista d’Italia esorta gli operai dotati di una coscienza di classe a battersi per uno sciopero generale unitario e illimitato per FERMARE il “decreto sicurezza” e i piani di riarmo!

Per azioni operaie per fermare l’invio di armi
a Israele e all’Ucraina!


Limitazioni “di sicurezza” al diritto di protestare

Carica della polizia contro manifestanti durante la protesta contro il Decreto “Sicurezza” in Piazza della Rotonda a Roma, 4 aprile 2025.  (Foto: Ànsa)

Il “decreto sicurezza” è concepito nel suo insieme per facilitare arresti di massa e pene detentive più lunghe allo scopo di reprimere proteste, scioperi e altri “disordini”, e per intimidire la popolazione civile stabilendo un’“immunità funzionale” per la polizia. In particolare, l’ex Ddl 1660 trasforma il blocco di strade, autostrade e linee ferroviarie – una tattica frequente nei picchetti di sciopero e tra coloro che protestano contro il cambiamento climatico o contro la guerra – in un reato penale, anziché essere una violazione amministrativa, e che diventa adesso punibile con pene fino a sei anni di carcere. Per mesi si sono svolte manifestazioni con migliaia di dimostranti contro questa nuova legislazione che il giurista Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, ha definito “il più grande e pericoloso attacco alla libertà di protesta nella storia repubblicana”.

Oltre a criminalizzare la protesta e la lotta sociale, il decreto renderebbe un reato anche l’occupazione di edifici vuoti, reato punibile fino a sette anni di carcere, ciò nel tentativo di usare la mano pesante rispetto al significativo numero di occupazioni nelle città italiane dovute alla mancanza di alloggi a prezzi accessibili. Per far fronte alle proteste nelle carceri, contro le condizioni di grave sovraffollamento dei penitenziari italiani, la proposta di legge trasformerebbe la “resistenza, anche passiva, all’esecuzione degli ordini” in reato di “rivolta” (punibile fino a 8 anni di reclusione aggiuntivi). E la pena per il reato di “resistenza a pubblico ufficiale”, ad esempio il contrapporsi a una carica di polizia nel corso di una manifestazione, viene aumentata della metà (rispetto a un terzo previsto dal disegno di legge).

Alcune disposizioni sono apertamente vendicative, come la richiesta di incarcerare donne incinte o che abbiano figli di età inferiore a un anno, dichiarate colpevoli di un qualunque reato, come l’occupazione abusiva. Si tratta di una misura razzista rivolta contro le donne rom. Il divieto di vendita di schede SIM (per i telefoni cellulari) a coloro che hanno un permesso di soggiorno prende di mira gli immigrati e i richiedenti asilo. Il decreto prevede inoltre l’annullamento della “cittadinanza acquisita” per le persone dichiarate colpevoli di detti “reati” in qualsiasi momento, fino a dieci anni dopo la condanna. Questa disposizione è rivolta contro i giovani provenienti da famiglie immigrate, perché in Italia i figli di genitori privi della cittadinaza non sono automaticamente cittadini, ma possono richiedere di diventarlo soltanto dopo aver compiuto 18 anni.

Viene punita con pene particolarmente severe la “deturpazione dei mezzi di trasporto” che abbia “lo scopo di ledere l’onore, il prestigio o il decoro dell’istituzione” – come, ad esempio, scrivere “fascisti” con una bomboletta spray su un automezzo che monti un idrante utilizzato contro i manifestanti. E gli agenti di polizia verrebbero ora autorizzati a portare, oltre alla propria arma di servizio, un’altra “pistola o rivoltella di qualsiasi dimensione” senza licenza quando non sono in servizio. Questa disposizione costituisce palesemente un’estensione delle leggi di pubblica sicurezza del 1931 e del 1940, ossia di quando, durante la dittatura fascista di Mussolini, ai vertici della polizia era permesso portare armi ufficiali e private sia in servizio che fuori servizio.

Nel frattempo, lo stato si accollerà le spese per la difesa legale di qualsiasi agente di polizia che sia accusato di aver commesso abusi durante il servizio. Inoltre, utilizzando una legge concepita per reprimere i disordini durante gli eventi sportivi, la polizia è ora autorizzata ad arrestare persone “ in flagrante” (cioè senza un ordine giudiziario) durante le manifestazioni politiche, e anche “in flagranza differita”, se identificate soltanto in un secondo momento. Per facilitare tutto questo, la polizia sarà dotata di bodycam per filmare i volti dei manifestanti, in modo che possano essere successivamente accusati di resistenza o di lesioni a un agente di polizia che li picchiava con un manganello antisommossa (in altri paesi le bodycam vengono invece utilizzate come misure per ridurre gli abusi da parte della polizia).

L'emanazione della “legge sicurezza” giunge nel contesto di numerosi procedimenti penali a carico di antifascisti che manifestavano contro eventi di Fd’I e della Lega. Ma mentre il governo Meloni di estrema destra sta orchestrando una repressione da stato di polizia, non bisogna dimenticare che i precedenti governi di centro-destra, di centro-sinistra e di “unità nazionale” anch’essi avevano a loro volta accresciuto i poteri della polizia. I decreti Minniti (2017) sotto la presidenza di Paolo Gentiloni, premier per il Partito Democratico, avevano imposto divieti “ Daspo urbani” per le proteste in determinate aree, mentre i decreti Salvini (2018) sotto il primo governo del leader del Movimento Cinque Stelle Giuseppe Conte avevano anch’essi trasformato in reato il blocco di strade e autostrade.

Quei “decreti sicurezza” prendevano particolarmente di mira gli immigrati. Il governo del banchiere centrale europeo Mario Draghi ha intensificato, a sua volta, gli attacchi contro gli organizzatori sindacali e contro i picchetti, imponendo tagli di austerità nel bel mezzo della pandemia da COVID-19. All’inizio del 2021, gli scioperanti a Prato sono stati brutalmente attaccati dalla polizia; a Piacenza le abitazioni dei lavoratori della logistica di FedEx-TNT sono state perquisite, i sindacalisti Carlo e Arafat sono stati arrestati e i permessi di soggiorno dei lavoratori immigrati sono stati revocati. A Modena 300 iscritti al sindacato SI Cobas sono stati incriminati per attività di sciopero.1 Nell’ottobre 2021 67 dipendenti dell’Italpizza di Modena, per lo più donne, sono stati incriminati per il loro sciopero del 2018-19.2


I sindacalisti combattivi hanno dovuto affrontare la repressione anche da parte dei governi di “centro-sinistra”  e del governo di “unità nazionale” guidato dall'eurobanchiere Mario Draghi. In risposta alle ordinanze di arresti domiciliari dei vertici del SI Coba e dell'USB e all “indagini” su oltre 100 membri dei sindacati di base, migliaia di lavoratori in tutta Italia sono scesi in piazza per protestare, anche a Piacenza (sopra), il 2 agosto 2022.
(Foto: Matteo Travini / Il Piacenza)

Più di recente, il governo Meloni ha intensificato la repressione. Il 28 ottobre 2024 è iniziato, nell’aula bunker del carcere di Poggioreale, a Napoli, un maxiprocesso contro 43 membri dei Disoccupati del Movimento 7 novembre, del Cantiere 167 Scampia, del SI Cobas e del Laboratorio Politico Iskra. Le accuse a loro carico includono manifestazioni non autorizzate, resistenza aggravata e interruzione di pubblici servizi. Una manifestazione determinata di protesta con oltre mille partecipanti ha marciato verso il carcere nel giorno d’apertura del processo. Attualmente ci sono inoltre centinaia di provvedimenti amministrativi, di processi penali e di azioni legali diretti contro sindacalisti e organizzatori, attivisti filo-palestinesi, centri sociali, militanti antifascisti e, in breve, contro chiunque altro si ribelli.

Il collegamento tra il “decreto sicurezza” e la repressione delle proteste contro il coinvolgimento dell’Italia nelle guerre imperialiste e sioniste (in Ucraina e a Gaza) è diretto. Quando il 23 e 24 febbraio 2024 i sindacati di base indissero scioperi e manifestazioni contro il genocidio a Gaza, a Firenze la polizia impedì ai manifestanti di raggiungere il consolato USA, attaccandoli a colpi di manganello. A Pisa, poliziotti in tenuta antisommossa non permisero agli studenti nemmeno di raggiungere il luogo di concentramento, picchiando brutalmente coi manganelli i manifestanti inermi e ferendone alcuni. La risposta della Meloni fu quella di denunciare i manifestanti filo-palestinesi e di “ringraziare le forze dell’ordine per il loro prezioso lavoro”.

Non si è trattato di un caso isolato. Il 5 ottobre 2024, a Roma, venne vietata una manifestazione nazionale di solidarietà con il popolo palestinese, che era parte di una mobilitazione su scala europea. La polizia attaccò il corteo di circa 10.000 manifestanti facendo uso di manganelli, gas lacrimogeni, autoblindo e idranti, ferendone almeno 40. La polizia organizzò inoltre dei posti di blocco ai caselli autostradali e nelle stazioni ferroviarie per perquisire le persone che si recavano alla protesta, trascinandone decine in questura. La Rai-TV (nota anche come tele-Meloni) ha riferito della “piena solidarietà” della premier con la polizia contro i “cosiddetti ‘manifestanti’”. Col nuovo “decreto sicurezza”, simili misure diventeranno la procedura operativa standard della polizia.

Il decreto-legge n. 48 (ex Ddl 1660) è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale l’11 aprile ed è entrato immediatamente in vigore. Il parlamento ha 60 giorni per convalidarlo. Il momento per gli operai di agire per fermarlo è adesso.

Guerra di classe contro la guerra imperialista/sionista

Marcia a Genova, 25 febbraio 2023, durante lo siopero del CALP (Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali) per blocare l’envio di arrmi della NATO alla sua guerra per l'Ucrainia. È un primo passo, ma ci vorrà uno sciopero generale ad oltranza per sconfiggere il Decreto “Sicurezza” el il riarmo.  (Foto: USB)

Il governo italiano a guida fascista di Giorgia Meloni ha appoggiato a gran voce il governo israeliano di Benjamin Netanyahu e dei suoi ministri fascisti nella loro guerra di sterminio contro il popolo palestinese. L’Italia è diventata il sesto esportatore d’armi al mondo e il terzo esportatore d’armi verso Israele dopo gli USA e la Germania. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani (Forza Italia) ha affermato che tutte le spedizioni di armi dirette in Israele sono state sospese a partire dal 7 ottobre 2023. Il che è falso. Le indagini di Altreconomia hanno rivelato che tra l’ottobre e il novembre 2023 l’Italia ha esportato verso Israele armi e munizioni per un valore di circa 817.536 euro, con un successivo aumento in dicembre. Nel gennaio 2024 il totale superava i 2 milioni di euro (Il Post, 10 aprile 2024).

Leonardo è il maggiore produttore d’armi in Italia, con 31.000 dipendenti e moltelici siti produttivi. Leonardo ha confermato a Il Fatto Quotidiano (1° ottobre 2024) che “per l’anno 2024 è previsto un valore complessivo di circa 7 milioni di euro” per quanto riguarda le vendite a Israele. Il 15 aprile 2024 le ferrovie italiane hanno firmato un accordo con Leonardo che garantisce “la capacità di movimentazione di risorse militari, sia all’interno che all’esterno dell’Europa”, “con breve preavviso e su larga scala”. Le autorità ferroviarie stanno dunque attribuendo la priorità al trasporto di merci militari rispetto a quello dei passeggeri e delle merci civili. Nell’ultimo anno si sono verificati diversi scioperi delle ferrovie e dei trasporti a causa delle morti sul lavoro dovute alla mancanza di sicurezza. Queste lotte dovrebbero essere collegate ad azioni concrete contro le guerre imperialiste e sioniste.

Come esempio di ciò che si può fare, il 25 giugno 2024 un paio di migliaia di sindacalisti e di giovani filo-palestinesi hanno bloccato gli ingressi del porto di Genova in solidarietà con Gaza. Decine di camion sono rimasti incolonnati lungo la strada, impossibilitati a entrare nel porto per molte ore. Il traffico era nel caos in gran parte della città. I lavoratori portuali del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (CALP) di Genova hanno partecipato attivamente, e il SI Cobas ha indetto, per quella stessa giornata, uno sciopero nazionale che ha portato alla chiusura di alcuni importanti centri logistici. Anche in Grecia si sono registrate azioni sindacali per fermare le armi destinate a Israele e all’Ucraina, tra cui il blocco di un container con 21 tonnellate di munizioni.3

L’Italia ha inoltre svolto un ruolo di primo piano nell’operazione militare Aspides dell’UE nel Mar Rosso, diretta contro il movimento Houthi (Ansar Allah) dello Yemen, il quale aveva manifestato la propria solidarietà coi palestinesi che subiscono il genocidio a Gaza aprendo il fuoco su alcune navi dirette in Israele. Mentre Stati Uniti e Israele bombardano ripetutamente lo Yemen, uccidendo indiscriminatamente i civili, l’operazione dell’UE, che include diverse fregate e un cacciatorpediniere italiano, protegge le navi della Mediterranean Shipping Company (MSC), di proprietà italo-svizzera, una delle poche compagnie che ancora transitano attraverso il Canale di Suez. La Lega per la Quarta Internazionale fa appello alla difesa di Gaza e dello Yemen e alla sconfitta degli imperialisti statunitensi e degli assassini di massa sionisti.

Nel frattempo, sotto il governo Meloni, l’Italia è stata una grande sostenitrice della guerra per procura imperialista degli USA e della NATO contro la Russia in Ucraina. La premier italiana ha incontrato il presidente fantoccio ucraino Volodymyr Zelensky a Palazzo Chigi per almeno tre volte dall’avvio della guerra. Dall’inizio del 2025, l’Italia ha erogato 17 miliardi di euro in aiuti a Kiev, compresi i sistemi missilistici di difesa aerea SAMP/T, di produzione franco-italiana. È significativo che anche il Partito Democratico (PD) “d’opposizione” abbia costantemente votato a favore dell’invio di armi all’Ucraina. Ma dopo l’umiliazione di Zelensky alla Casa Bianca, per non essersi comportato come un vero e proprio burattino, la premier italiana ha un problema (si veda “La Meloni, Trump e Musk”, a pagina XX).

La mozione sul “riarmo”, approvata dal parlamento italiano dopo un solo giorno di dibattito, si spinge in realtà molto più in là dell’autorizzazione dello stanziamento UE da 800 miliardi di euro, con un impegno a tempo indeterminato “a proseguire nell’opera di rafforzamento delle capacità di difesa e sicurezza nazionale”. Ciò verrà senza dubbio utilizzato dalla Meloni, come ha esplicitamente dichiarato la von der Leyen, per ingraziarsi Trump, il quale sta chiedendo ai paesi dell’UE spese militari pari al 5% del PIL, più del doppio dell’attuale percentuale dell’Italia. Con un governo di estrema destra a guida fascista in carica, questa richiesta non verrà battuta né in parlamento né con cortei senza fine. Sarà necessaria una lotta di classe combattiva per bloccare il paese, cioè, in altre parole, proprio quel tipo di azioni che il nuovo “decreto sicurezza” ha messo fuorilegge.

Il governo Meloni e la sua guerra domestica ai lavoratori


Il premier Giorgia Meloni e il suo ministro della difesa Guido Crosetto ispezionano l'adunata degli Alpini a Udine, 15 maggio 2023.  (Foto: Il Gazzetino)

Sotto il governo Meloni, la guerra imperialista e le sanzioni contro la Russia (con le bollette elettriche raddoppiate dal 2021 al 2022) hanno esasperato una situazione già disastrosa. Gli anziani sono costretti a lavorare fino a 67 anni (o anche oltre, per arrivare a fine mese), mentre la disoccupazione giovanile ha assunto proporzioni di massa. Molte donne vengono licenziate o perdono il lavoro durante la gravidanza, mentre l’assistenza all’infanzia è troppo costosa o insufficiente. Dal momento che la maggior parte dei lavori è precaria e sottopagata, molti giovani vanno a vivere e a lavorare all’estero. La popolazione complessiva sta diminuendo e invecchiando, poiché la maggior parte dei giovani non può permettersi di formare una famiglia. L’Italia ha uno dei tassi di natalità più bassi d’Europa, con 1,3 figli per donna, ben al di sotto del tasso di natalità di mantenimento, di 2,1 figli per donna.

Ma contrariamente al mito isterico della “sostituzione” degli italiani di Fratelli d’Italia, soltanto il 10% della popolazione ha un passato di immigrazione, compresi gli “immigrati irregolari”, una percentuale di molto inferiore a quella della Germania o della Francia, dove il 30% degli abitanti è nato all’estero o ha almeno un genitore nato all’estero. Tuttavia, invece di aumentare i salari e potenziare i servizi sociali, la prima cosa che Fd’I ha fatto, dopo essere entrato carica, è stata abolire il “reddito di cittadinanza”, che forniva un livello minimo di aiuti sociali fino a 780 euro al mese (inclusi i sussidi per l’affitto) a famiglie che comprendevano quasi 2,5 milioni di persone. Esso è stato sostituito da “assegni di inclusione” di 500 euro al massimo, riservati unicamente agli anziani e ai disabili, che vengono percepiti da 1,5 milioni di persone.

Così un milione di persone è stato semplicemente gettato nella povertà, mentre il reddito minimo dei restanti è stato drasticamente ridotto. Oltre a ciò, il governo Meloni ha tagliato la spesa per la sanità pubblica, mentre il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) è in via di smantellamento. La spesa sanitaria totale è scesa dal 9,6% del prodotto interno lordo nel 2020 all’8,4% nel 2023, mentre la spesa pubblica si è attestata soltanto al 6,3% del PIL nel 2024-25, ben al di sotto del livello della Francia e della Germania (che è del 12%). Questa tendenza è la continuazione di quella avviata dall’inizio della crisi economica capitalista mondiale del 2007-09, con 30.000 posti letto ospedalieri eliminati e 200 ospedali chiusi nel 2007-20. Chi se lo può permettere si rivolge all’assistenza sanitaria privata e, a causa dei frenetici carichi lavorativi, i medici e il personale sanitario oberati di lavoro stanno scegliendo di andare in pensione.4

Per giunta, questo governo sta elaborando una “flat tax” fortemente regressiva che renderebbe i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, e ha introdotto l’“autonomia differenziata” regionale, vecchio grido di battaglia della Lega per Salvini (già Lega Nord). Questa legge, che è entrata in vigore nel luglio 2024, consente a tutte le regioni di trattenere la quasi totalità delle entrate raccolte e, in sostanza, di spenderle come desiderano. Ciò significa che le regioni più ricche, come la Lombardia, l’Emilia Romagna e il Veneto, tutte situate al Nord, disporranno di miliardi in più ogni anno, mentre le regioni povere del Sud ne avranno in meno. In queste ultime regioni 430.000 braccianti agricoli, per lo più immigrati, sgobbano per 12 o più ore al giorno, vivono in alloggi di fortuna e sono vittime di abusi da parte dei datori di lavoro e degli appaltatori.

Le condizioni di questi lavoratori supersfruttati sono state portate alla ribalta della cronaca dalla morte del bracciante indiano Satnam Singh, nel giugno 2024. Satnam ha perso un braccio sul lavoro, è stato caricato su un furgone e abbandonato davanti a casa sua, dove è morto dissanguato. Il padrone aveva sequestrato i telefoni degli altri lavoratori per impedire loro di chiamare aiuto. In Italia si registrano in media tre decessi sul lavoro al giorno, ma è probabile che la cifra reale sia significativamente più alta. Tre studenti delle scuole medie superiori sono morti nei cantieri lo scorso anno, nell’ambito del loro “addestramento” al lavoro (cioè del loro sfruttamento a retribuzione zero). E molti lavoratori della logistica e di altri settori lavorano in condizioni che ricordano quelle della rivoluzione industriale, per salari che non bastano a coprire le loro spese, nemmeno per i beni di prima necessità.

Sono in corso lotte operaie, in particolare presso la fabbrica di componenti automobilistici GKN di Firenze, dove i lavoratori occupano lo stabilimento da quando il proprietario, che è un fondo d’investimento britannico, ha licenziato tutti i 422 operai nel luglio 2021. Questa è di gran lunga l’occupazione di fabbrica più lunga nella storia d’Italia, nella quale i lavoratori hanno cercato di impedire ai padroni di portare via i macchinari. A marzo i lavoratori non avevano ricevuto l’indennità di disoccupazione da cinque mesi e si sono accampati di fronte al palazzo della Giunta regionale toscana, chiedendo la riapertura dello stabilimento sotto gestione pubblica. Nel frattempo a Trieste si sono verificate proteste esplosive contro lo stabilimento finlandese di motori navali Wärtsilä di Bagnoli della Rosandra, che ha chiuso la produzione privando 450 operai del loro posto di lavoro.

Queste lotte non saranno vinte sulla base del semplice sindacalismo. Al fine di aggirare il sabotaggio delle burocrazie sindacali, piuttosto che vedere in un determinato stabilimento ciascun sindacato scioperare separatamente (cosa che avviene sovente) e lasciare che i membri degli altri sindacati facciano i crumiri per recarsi al lavoro, sono necessari dei comitati di sciopero democraticamente eletti che rappresentino tutti i lavoratori dell’impianto. Contro le chiusure degli stabilimenti e i licenziamenti di massa, le occupazioni e gli scioperi dovrebbero estendersi ad altre aziende del settore. I comitati di sostegno allo sciopero dovrebbero includere altri sindacati, i lavoratori non sindacalizzati, i disoccupati e altri settori. Contro i luoghi di lavoro non sicuri dovrebbero essere creati dei comitati sindacali per la sicurezza autorizzati a interrompere la produzione in condizioni di rischio.

Contro il supersfruttamento dei braccianti agricoli e la repressione statale degli immigrati, i sindacati dovrebbero lottare subito per i pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati.5 Contro l’inflazione galoppante e la disoccupazione dovrebbero esigere una scala mobile del 100% dei salari e degli orari. Contro la doppia oppressione delle lavoratrici, i sindacalisti legati alla lotta di classe chiedono l’assistenza all’infanzia gratuita 24 ore su 24 e l’aborto gratuito su richiesta. Contro gli scagnozzi fascisti e i crumiri dovrebbero essere formati dei comitati di autodifesa dei lavoratori basati sui sindacati e dovrebbero essere creati dei picchetti di massa che nessuno osi varcare. Nel loro insieme, queste rivendicazioni transitorie avanzate nel Programma di transizione di Lev Trotsky (1938) portano all’unica, vera soluzione: un governo operaio e la rivoluzione socialista internazionale.

La crisi di direzione rivoluzionaria

Tutte queste lotte e queste criticità sono state affrontate in maniera pressoché isolata le une dalle altre, ma ora devono fronteggiare una minaccia comune: il nuovo “decreto sicurezza”, che fa presagire una pesante repressione poliziesca contro qualsiasi protesta sociale e la militarizzazione dell’economia che sarà prevedibilmente utilizzata per giustificare ulteriori tagli ai servizi sociali. Tuttavia questa non è una lotta per le “priorità” di bilancio – “burro o cannoni”, “sì al lavoro, no alla guerra”, ecc. – ma si tratta di un attacco della classe dominante contro tutti i lavoratori. Un attacco che va combattuto con una lotta di classe unita, con un movimento operaio combattivo che assuma la guida nella difesa di tutti gli oppressi contro i guerrafondai capitalisti e i crumiri e contro il governo a guida fascista dei padroni.

Ma questo non è ciò che sta accadendo. Il movimento operaio e i gruppi di sinistra sono alquanto divisi. La Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL) ha chiarito fin dall’inizio che appoggia la guerra della NATO in Ucraina, come pure il genocidio dei palestinesi a Gaza. Questi “luogotenenti sindacali” della borghesia imperialista sono strettamente allineati col Partito Democratico di Elly Schlein, il quale ha ripetutamente votato a favore dell’invio di armi al governo di Kiev (infestato da fascisti). Tuttavia il 5 aprile il PD ha inviato una sua delegazione parlamentare a una manifestazione “per la pace” di considerevoli proporzioni organizzata dal M5S (oltre 70.000 partecipanti), dichiarandosi contrario alle mozioni “di riarmo” del governo (guidato dai fascisti), ma a favore di una “difesa comune europea” – contro la Russia, naturalmente.

All’“estrema” sinistra, alcuni gruppi sull’Ucraina si sono schierati di fatto con gli imperialisti della NATO, e il più esplicito tra loro è il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL), che chiede sostegno militare e armi per il governo fantoccio ucraino di Zelensky (si veda il nostro articolo “Socialisti della NATO in Italia”, L’Internazionalista, n. 6, giugno 2022). Giustamente, gran parte della sinistra disprezza questi imbonitori dei guerrafondai imperialisti. Proveniente dall’ambiente stalinista, la Rete dei Comunisti (RdC) e le organizzazioni giovanili ad essa affiliate – Cambiare Rotta (CR) e Opposizione Studentesca d’Alternativa (OSA), quest’ultima rivolta agli studenti delle scuole medie superiori – sono generalmente filo-russe, sebbene più lungo la linea della “pace con la Russia”, che viene auspicata perfino dal populista M5S.

La RdC e il suo giornale online Contropiano non equiparano l’imperialismo della NATO alla Russia, che è una potenza regionale capitalista di medio livello, ma non chiedono neppure di difendere la Russia nella guerra per procura degli Stati Uniti e della NATO. Né difendono esplicitamente la Cina (che spesso definiscono “socialista”), sebbene il chiaro obiettivo degli imperialisti – tutti quanti, da Trump all’UE – sia quello di fomentare una controrivoluzione per distruggere lo stato operaio cinese burocraticamente deformato. Il Nucleo Internazionalista d’Italia e la Lega per la Quarta Internazionale chiedono invece di sconfiggere la guerra per procura della NATO in Ucraina e di difendere Russia e Cina dalla corsa imperialista alla guerra, che punta a una Terza guerra mondiale termonucleare.

Sul piano nazionale, RdC, CR, OSA e il sindacato di base loro alleato USB (Unione Sindacale di Base) sono impegnati in una collaborazione di classe in stile stalinista, cercando di allearsi con i “progressisti” borghesi. Questa comprende il sostegno a Potere al Popolo, una formazione borghese populista di sinistra sulla falsariga de La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon in Francia. Sull’altro versante c’è il SI Cobas, uno dei più importanti e maggiormente orientati a sinistra tra i numerosi sindacati di base, e la Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria (TIR), ad esso strettamente associata, che affonda le proprie radici nella tradizione di Amadeo Bordiga. Riguardo all’Ucraina, la TIR invoca il “disfattismo da entrambe le parti”, mettendo esattamente sullo stesso piano la Russia e la NATO.6

L’anno scorso il SI Cobas e e la TIR hanno fatto appello alla formazione di una Rete Liberi/e di Lottare-No al Ddl Sicurezza, chiedendo un “fronte unito” contro quel disegno di legge. In ottobre, RdC/USB e SI Cobas/TIR hanno tenuto, in giorni diversi, delle manifestazioni contro il disegno di legge. Successivamente le federazioni sindacali CGIL e la socialdemocratica UIL hanno indetto per il 29 novembre uno “sciopero generale” di un giorno contro il governo, principalmente per rivendicazioni economiche ma pure per il ritiro del Ddl 1660. Anche diversi sindacati di base hanno chiamato a scioperare in quella stessa giornata, per dare la più grande dimostrazione di opposizione rispetto alla spinta repressiva del governo di estrema destra Fd’I/Lega/Forza Italia. Una manifestazione di solidarietà con i palestinesi è stata indetta per il giorno successivo.

La partecipazione a entrambe le manifestazioni è stata piuttosto numerosa, con centinaia di migliaia di lavoratori in sciopero e decine di migliaia di persone che sono sfilate in corteo in decine di città il 29, e 25.000 che hanno manifestato contro il genocidio a Gaza il 30. Tuttavia, sebbene i sindacati di base avessero scioperato in quella stessa giornata, i loro cortei (per lo meno a Roma) si sono tenuti lontani dalla concentrazione di CGIL e UIL. E la RdC e l’USB hanno boicottato lo sciopero e/o la manifestazione, proclamando un proprio “sciopero generale” per il 13 dicembre. Questo scenario si è già verificato centinaia di volte in passato, con le confederazioni collaborazioniste di classe e i sindacati di base combattivi che facevano ciascuno il proprio gioco. Questo è l’esatto contrario della classica formula dei bolscevichi per un autentico fronte unito: “Marciare separatamente, colpire (scioperare) uniti.”

La questione dell’evoluzione dell’Italia verso uno stato di polizia autoritario e bonapartista è stata posta a bruciapelo. Il fatto che il “decreto sicurezza” rappresenti una svolta nella storia italiana del dopoguerra non è un segreto. Diversi organismi di controllo (ad esempio, l’Osservatorio Repressione) stanno monitorando gli sviluppi. L’organizzazione imperialista per i “diritti umani” Amnesty International sta indagando. Il Commissario europeo per i diritti umani auspica che il governo apporti alcune modifiche – ma questo non cambierebbe nulla: tutto il pacchetto è liberticida, è una minaccia mortale per le libertà civili. Almeno due reti hanno organizzato proteste, la già menzionata Rete Liberi/e di Lottare e la più “moderata/mainstream” Rete No DDL Sicurezza-A Pieno Regime.

Quest’ultima è un autentico fronte popolare, che riunisce attivisti liberali come Greenpeace e Fridays for Future, riformisti veri e propri come il Partito della Rifondazione Comunista e adesso anche la CGIL, e i politicanti borghesi del PD e del M5S. Il “decreto sicurezza” non può essere disgiunto dalla militarizzazione che si prefigge di difendere, eppure il PD ha ripetutamente votato a favore delle armi all’Ucraina, mentre il primo governo del leader del M5S Conte aveva imposto i decreti Salvini. Ma per sconfiggere l’attacco ai diritti democratici è necessario mobilitare la forza del proletariato in una dura lotta di classe contro il regime capitalista.

Così come non è alla leggera che utilizziamo il termine descrittivo “fascista” per definire Fratelli d’Italia, ma lo facciamo analizzando invece in dettaglio,7 noi non lanciamo a casaccio appelli allo sciopero generale. Sulle bocche dei riformisti e dei centristi questo significa di solito uno sciopero di un solo giorno o di 48 ore, più una sfilata: una tattica per fare pressione sui governanti capitalisti, insomma. Ciò che si pone oggi, al contrario, è la necessità di un vero sciopero generale illimitato che bruscamente fermi il paese fino a che il decreto repressivo non sia sconfitto e il riarmo non sia fermato. Agli appelli riformisti, a favore di uno “stato sociale, non di guerra” (RdC), i marxisti rivoluzionari contrappongono un programma di transizione per annientare l’incombente stato di polizia capitalista lottando per un governo operaio.

Ciò esige innanzitutto la creazione di un partito comunista leninista-trotskista dell’avanguardia proletaria. L’Italia non ha mai avuto un partito veramente bolscevico, perché il nascente Partito Comunista d’Italia dei primi anni Venti si era appena staccato, seppure in modo molto parziale, dalla socialdemocrazia, e successivamente dal bordighismo, mentre veniva epurato e rimodellato dallo stalinismo, inizialmente sotto la guida di Antonio Gramsci.8 Questo portò infine alla politica del fronte popolare che affondò l’incipiente rivoluzione operaia italiana negli anni1943-48. In periodi di lotta acuta, come quelli che stiamo attualmente affrontando, l’urgenza di avanzare un “programma di transizione per la rivoluzione socialista” diventa ogni giorno più chiara man mano che si palesa il fallimento delle manovre parlamentari e delle parate a vuoto senza fine.

Il Nucleo Internazionalista d’Italia e la Lega per la Quarta Internazionale cercano di costruire il partito che sia in grado di tradurre in realtà il grido dei lavoratori rivoluzionari del Biennio Rosso di “Fare come in Russia!”, cioè come nell’Ottobre Rosso del 1917 sotto la guida di Lenin e Trotsky.  ■

Meloni, Trump e Musk

Meloni e Zelensky: la premier fascista e il presidente fantoche
dei fascisti ucraniani e della NATO. (Foto: Ansa)

Negli ultimi tre anni Giorgia Meloni ha cercato di posizionarsi come un’alleata chiave europea di Donald Trump, intervenendo tre volte alla Conservative Political Action Conference (CPAC). La seconda volta, nel 2022, poco dopo l’inizio della guerra, ha giurato di sostenere l’Ucraina fino in fondo. Ciò è stato presentato come prova del suo “atlantismo” e utilizzato per negare che Fratelli d’Italia sia fascista. Quello che viene ignorato è che Fd’I è particolarmente legato all’Ucraina in virtù della sua affinità con il Battaglione Azov fascista, i cui combattenti sono stati elogiati come “eroi” da Giovanbattista Fazzolari, il più stretto collaboratore della Meloni.9 (Alcuni fascisti di CasaPound combattono in Ucraina nelle file del Battaglione Azov.)

È ufficiale: Musk fa il saluto fascista il giorno dell'inaugurazione di Donald Trump,
da un podio con il sigillo presidenziale di Stati Uniti.
(Photo: Eric Lee / New York Times)

La Meloni è anche amica di Elon Musk, che ha ostentatamente esibito il saluto fascista da dietro il podio presidenziale statunitense durante la cerimonia d’insediamento di Trump del gennaio 2025. Musk era intervenuto nel dicembre 2023 alla conferenza di Atreju organizzata da Fd’I, dove aveva sottolineato che “è importante avere figli” (lui ne ha undici), denunciato l’immigrazione clandestina e cose simili. Nel novembre 2024 ha chiesto la rimozione dei giudici italiani (“These judges need to go”) che avevano bloccato il piano della Meloni di trasferire i richiedenti asilo in Albania, ricevendo per questo una tirata d’orecchi dal presidente italiano Sergio Mattarella, il quale ha detto a Musk, l’uomo più ricco della terra, di pensare agli affari suoi.

L'aspirante Bonaparte Trump e la Meloni: grazie mille, ma niente riduzioni dei dazi per il Made In Italy.
(Photo: Haiyun Jiang / New York Times)

Adesso la Meloni ha un piccolo problema, dal momento che Trump ha rimproverato il presidente fantoccio ucraino Volodymyr Zelensky in visita alla Casa Bianca. Ma la premier fascista saprà sicuramente come aggirare il problema. Una pubblicazione della George Washington University statunitense sulla storia dell’estrema destra italiana, Italy’s Fascist Heirs. The Brothers of Italy Under Giorgia Meloni (novembre 2022), ha sottolineato “la capacità della Meloni di cambiare registro a seconda del suo pubblico – da custode dagli occhi languidi dell’atlantismo a rapace propagandista a favore di un’Italia neofascista”, cosa che l’autrice di quel lavoro considera “pericolosa e insidiosa”. La risposta di Fd’I a questo dilemma consiste nell’intraprendere un massiccio accumulo di armamenti. ■


  1. 1. Si veda “Governo Draghi: Repressione, miseria e morte” (Aprile 2021) in L’internazionalista n. 6, giugno 2022.
  2. 2. Si veda “Il governo Meloni intensifica la guerra contro gli immigrati” (novembre 2022), in L’internazionalista n. 7, dicembre 2024.
  3. 3. Si veda “Grecia: I lavoratori portuali bloccano armi a Israele e all’Ucraina”, in L’internazionalista n. 7, dicembre 2024.
  4. 4. Ci vogliono mesi per ottenere varie prestazioni mediche dal sistema pubblico, con tempi d’attesa che arrivano fino a due anni (715 giorni) per un’ecografia! Insieme ai costi troppo elevati delle prestazioni private per i singoli individui, ciò ha portato 4,5 milioni di persone a rinunciare alle cure mediche nel 2023. E, anche se nel luglio 2024 il governo ha approvato un “decreto liste d’attesa”, i sindacati hanno lamentato il fatto che esso non abbia stanziato dei fondi per assumere il personale aggiuntivo necessario per smaltirle.
  5. 5. Un referendum promosso dalla CGIL prevede la possibilità di ottenere la cittadinanza per chi risieda legalmente in Italia da cinque anni (invece degli attuali dieci), a condizione che soddisfi altri requisiti. I bambini nati in Italia da genitori stranieri dovranno comunque presentare una richiesta di cittadinanza a 18 anni, e soltanto se hanno vissuto ininterrottamente nel paese fin dalla nascita. Noi affermiamo che chiunque risieda in Italia dovrebbe godere dei pieni diritti, senza condizioni.
  6. 6. Si veda la sezione “Che cos'è il disfattismo rivoluzionario?” nel nostro articolo “L’azione operaia è vitale per la sconfitta della campagna di guerra imperialista contro Russia e Cina” (giugno 2023) in L’internazionalista n. 6, dicembre 2024.
  7. 7. Si veda “Giorgia Meloni e i suoi Fratelli fascisti d’Italia”, L’internazionalista n. 8, maggio 2025.
  8. 8. A tale proposito si veda l’articolo “Trotskismo rivoluzionario contro gramscismo: lo scontro programmatico“, L’Internazionalista, n. 6, giugno 2022.
  9. 9. Si veda “Fascisti e hobbit”, L’internazionalista n. 8, maggio 2025.