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  giugno 2023

25 Febbraio: Nel porto di Genova, in 10.000 protestano contro le armi all’Ucraina
Estate 2023: Mobilitare il potere operaio per chiudere le basi NATO in Italia!

L’azione operaia è vitale per la sconfitta della campagna di guerra imperialista contro Russia e Cina

Dalla fascista Meloni ai populisti fino ai liberal “democratici”: tutti guerrafondai, rompi sciopero e alleati dei padroni!

Sconfiggere il regime golpista di Kiev fantoccio della NATO, sostenuto dall’Italia!


I lavoratori portuali di Genova hanno convocato e guidato la manifestazione di 10.000 persone sulle banchine il 25 febbraio (sopra) per bloccare le spedizioni di armi all’Ucraina. Azioni di solidarietà proletaria internazionale come questa assestano un colpo all'imperialismo.  (Foto: RT)

27 GIUGNO – La guerra imperialista contro la Russia, che punta in definitiva alla restaura­zione del dominio capitalista in Cina, continua a inten­sificarsi. Il settembre scorso, Giorgia Me­loni, immediatamente dopo la vittoria elettorale del suo partito fascista Fratelli d’Italia (Fd’I), ha messaggiato con un suo tweet a Vlodymyr Ze­lensky, il presidente del regime ucraino infestato di fascisti e fantoccio degli Stati Uniti e della NATO, dicendo: “sai di poter contare sul nostro leale sostegno…. Sii forte e mantieni salda la tua fede!” La Meloni ha dichiarato la sua lealtà alla NATO e all’Unione Europea (UE), facendo al tempo stesso appello a maggiori sanzioni contro la Russia, e a inviare più armi all’Ucraina, e de­nunciando l’incorporazione alla Russia (avvenuta dopo un referendum popolare) delle quattro re­gioni sudorientali di lingua madre russa.

Quando il burattino fascista, presidente dell’Ucraina ha reso la visita al primo ministro fascista italiano a Palazzo Chigi, in maggio, la Meloni ha ripetuto che il suo governo avrebbe continuato a garantire il proprio appoggio militare a Kiev, dichiarando: “Noi scommettiamo sulla vittoria dell'Ucraina” (Deutsche Welle, 13 maggio). Il governo “di unità nazionale” del ban­chiere dell’Euro Mario Draghi, che l’ha prece­duta, iniziò l’anno scorso a fornire armamenti all’Ucraina. Le forniture sono aumentate sotto il governo di estrema destra della Meloni, che da quanto riportato ha inviato decine di obici semo­venti M109 in eccedenza, e più recentemente un moderno sistema missilistico terra-aria SAMP/T. Contrariamente ad altri paesi che aderenti alla NATO, Roma ha voluto mantenere il segreto riguardo ai dati delle sue forniture e spedizioni a causa dell’esplicita opposizione popolare all’armamento dell’Ucraina.


Ecco il ritorno delle camicie nere come paladine della guerra imperialista. Il presidente fantoccio fascista dell'Ucraina e la premier fascista d'Italia si incontrano a Palazzo Chigi, il 23 maggio. Per la Meloni, “l'opinione pubblica non interessa”, e Roma continuerà a fornire armamenti a Kiev. Mobilitare tutto il potere operaio per fermarli!    (Foto: ANSA)

Ogni sondaggio d’opinione mostra che la maggioranza degli italiani è contraria all’invio di armi all’Ucraina, e che la guerra imperialista e le sanzioni della NATO contro la Russia sono impopolari. Non importa, la Meloni dichiara che l’Italia continuerà ad armare l’Ucraina senza badare all’impatto che questo può avere sull’opinione pubblica, (“L’opinione pubblica non ci interessa, Kiev va sostenuta”, Quotidiano di Sicilia, 22 marzo). A dispetto delle occasionali frecciatine dei suoi partner di coalizione, dei tifosi di Putin Matteo Salvini (Lega) e dell’oramai fu Silvio Berlusconi (Forza Italia), i governi di Roma, sia sotto un gabinetto di “unità nazionale” sia di estrema destra, esortano le masse ad accettare sacrifici per la causa della “libertà e la democrazia” in Ucraina.

Il coinvolgimento del governo Meloni nella guerra imperialista va di pari passo con i virulenti attacchi alle masse lavoratrici in Italia. Un’inflazione fuori controllo, in larga parte causata dalle sanzioni imperialiste e dalla guerra, sta colpendo duramente le classi medie e la classe operaia, mentre la povertà generale e i senzatetto sono in aumento. Il “De­creto del Primo Maggio” permette ai datori di la­voro di estendere la durata dei contratti di lavoro a tempo determinato a 24 mesi, e a volte anche a 36, senza incorrere al temine di questo periodo nell’obbligo di assumere il lavoratore a tempo inde­terminato, mentre elimina del tutto il (totalmente inadeguato) “reddito di cittadinanza” e ne intro­duce un altro, l’“assegno di inclusione”, ancora più basso e più difficoltoso da ottenere. Reintroduce i voucher, che si pagano ora per ora. E con la massima insicurezza nel lavoro, gli incidenti sul lavoro si moltiplicheranno e diventeranno sempre più letali.1

Oggi i lavoratori più anziani sono costretti a lavorare fino all’età di 67 anni (e anche oltre, se gli anni lavorati non raggiungono un massimale) mentre esiste una massiccia disoccupazione giovanile. Poiché la maggior parte dei lavori sono precari e mal pagati, molti giovani vanno a lavorare all’estero. In Italia ci sono attualmente più emigranti che immigrati, mentre il numero totale della popolazione è in declino e invecchia, dal momento che i giovani non possono economicamente permettersi di metter su una famiglia. Molte donne vengono licenziate o perdono il lavoro durante la maternità, oppure vi rinunciano, perché i servizi di assistenza all’infanzia sono troppo costosi e i loro salari insufficienti a pagarli. Tentando disperatamente di elevare il tasso di natalità, il governo vorrebbe approfittarne per restringere drasticamente, se non addirittura per eliminare del tutto, il già limitato (solo entro i primi 90 giorni) diritto all’aborto che le donne hanno acquisito nel 1978 con la Legge 194. Nella sua campagna elettorale la Meloni ha giurato di dare alle donne il “diritto a non abortire” (quotidianosanità.it, 22 ottobre 2022).

Intanto, il COVID continua a uccidere a decine ogni giorno, mentre le voci di spesa per le cure sanitarie, l’istruzione e gli altri servizi vengono drasticamente falcidiati. Detto in poche parole, la guerra imperialista e le sanzioni hanno esacerbato le privatizzazioni che la popolazione lavoratrice in Italia si trova a fronteggiare. Privatizzazioni che aumentano sempre più a ogni cambio di gabinetto nella sarabanda di governi che si susseguono e che può essere superata solamente attraverso la rivoluzione proletaria.

La manifestazione contro la NATO a Genova: un passo avanti


La notevole affluenza alla protesta del 25 febbraio a Genova è stata in gran parte dovuta al fatto che questa era collegata a un'azione dei lavoratori: uno sciopero contro la guerra, l'inflazione e l'invio di armi all'Ucraina.  (Foto: RT)

Il 25 febbraio scorso, il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (CALP) a Genova ha organizzato una manifestazione alla quale hanno partecipato 10.000 persone, che sono sfilate in corteo attraverso l’area delle banchine del grande porto facendo appello al blocco dell’invio di armi al governo ucraino fantoccio dell’imperialismo, denunciando le sanzioni contro la Russia ed esprimendo la loro opposizione alla “guerra della NATO”. L’appello per la manifestazione ha attratto molti sostenitori delle iniziative del CALP, lavoratori che da lungo tempo si rifiutano di avere a che fare con il carico e scarico di armi nel porto, com’è avvenuto ad esempio nel giugno 2019, quando - messi sull’avviso dai portuali francesi del Porto di Le Havre - si sono rifiutati, con successo, di effettuare il carico militare a bordo di una nave dell’Arabia Saudita, carico che sarebbe stato usato nella sanguinosa guerra contro la popolazione Houthi nello Yemen.2

Quest’azione, e la manifestazione del 25 febbraio, sono state entrambe dei colpi inferti all’imperialismo, attraverso azioni di solidarietà internazionale proletaria. La maggior parte dei membri del CALP sono operai portuali che fanno parte del sindacato USB (Unione Sindacale di Base). Il 14 marzo dell’anno scorso, degli operai addetti all’aeroporto di Pisa hanno scoperto una spedizione di armi all’Ucraina che viaggiava sotto la copertura di aiuti umanitari, e dopo aver comunicato questo fatto al proprio sindacato – l’USB – si sono rifiutati di caricare il cargo. Gli operai portuali dell’USB del vicino porto di Livorno e circa 2.000 altre persone si sono precipitati all’aeroporto in solidarietà con la loro azione. Due settimane più tardi, il 1° aprile 2022, gli operai delle ferrovie nel nord della Grecia si sono rifiutati di mettere in movimento un treno carico di carri armati della NATO destinati all’Ucraina mentre dei sostenitori del Partito Comunista di Grecia (KKE) bloccavano i binari.


I combattivi lavoratori portuali di Genova del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (CALP) hanno lanciato l'appello: "Stop ai traffici di armi nei porti" (vedi il loro striscione) e hanno effettuato interruzioni del lavoro per metterlo in atto.  (Foto: RT)

La manifestazione di Genova è stata organizzata dal CALP sulla base di ri­vendicazioni di basso pro­filo (“Abbassate le armi, Alzate i salari”). Ciò nonostante, questa mobilita­zione si distingueva politi­camente dalle tante mani­festazioni “di pace” orga­nizzate dalla burocrazia della CGIL, dal Partito Democratico (PD) o dai pacifisti borghesi e dai “socialisti della NATO” della sinistra – del tipo di quelli che hanno partecipato alla grande manifestazione del 5 novembre 2022 “contro la guerra” a Roma – che non sono né contro le sanzioni imperialiste alla Russia né contro la fornitura di armi all’Ucraina. Molte di queste organizzazioni salutano invece con favore la sedicente “resistenza” Ucraina, che in realtà è infestata di fascisti, e sventolano la bandiera blu/dorata. Social-imperialisti sfacciati e aperti sostenitori della NATO si sono tenuti ben lontani dalla manifestazione di Genova del 25 febbraio. D’altra parte, molti giovani e tanti operai hanno visto in quell’iniziativa l’opportunità per esprimere la loro difesa della Russia dall’aggressione guerrafondaia della NATO, come dimostra la calorosa accoglienza riservata al nostro giornale con il nostro appello a “Difendere la Russia e la Cina, Sconfiggere l’imperialismo NATO”.

La manifestazione del 25 febbraio a Genova è stata costruita e sostenuta dall’USB, dall’organizzazione genericamente stalinista della Rete dei Comunisti (RdC) e dalla sua pa­gina quotidiana su Internet, Contropiano, seguita dai suoi studenti universitari di Cambiare Rotta, oltre ai giovani studenti delle scuole medie supe­riori, sostenitori dell’Organizzazione Studentesca Alternativa (OSA). In posizione preminente c’era anche l’organizzazione populista Potere al Po­polo (PaP), di cui la Rete dei Comunisti è una parte costituente. Erano inoltre presenti formazioni più piccole di stalinisti, inclusi i diversi PCI ricostituiti dell’ultima ora. Autobus carichi di gente sono arrivati da lontano, da Napoli e da altre città del sud. Se è vero che queste formazioni sono tutte uniformemente contro la NATO, ognuno con una sua linea politica distinta, tutti sono legati alla politica riformista di collaborazione di classe stalinista.

Chiaramente, la maggior parte dei partecipanti manifestava per la sconfitta della “guerra della NATO”, e molti di loro difenderebbero la Russia e la Cina contro l’imperialismo. Alcuni tra questi sostengono perfino che la Cina sia “socialista”, o almeno che non è capitalista, (la Lega per la Quarta Internazionale sostiene la posizione trotskista storica secondo cui che la Cina è uno stato operaio burocraticamente deformato). Eppure queste tendenze staliniste o neo-staliniste sono profondamente nazionaliste, fanno eco alla tradizionale difesa della Costituzione “anti-fascista” italiana del 1947 da parte del PCI, con tutte le illusioni nello Stato borghese a essa connesse. Di conseguenza invece di fare appello alla sconfitta dell’imperialismo USA/NATO/UE, attraverso azioni operaie, molti di loro fanno appello al governo italiano affinché interrompa la fornitura d’armi, chiamano per un’“Italia fuori dalla NATO” e, in alcuni casi, rivendicano pure l’uscita dell’Italia dall’UE. Eppure, un’Italia capitalista “indipendente” da queste alleanze imperialiste non sarebbe meno imperialista di quello che è.

RdC, Contropiano e l’USB assieme a Po­tere al Popolo, hanno tutti appoggiato la coalizione elettorale borghese di Unione Popolare (UP), alle elezioni del settembre del 2022, e continuano a fare campagna a favore di questo “fronte popolare” che incatena i lavoratori e la sinistra a sezioni della classe capitalista. Ciò ha si­gnificato dare appog­gio a Luigi De Magi­stris, l’ex magistrato ed ex sindaco di Napoli, portabandiera di UP. Quando era sindaco, De Magistris ha privatizzato servizi pubblici, ha diretto lo scontro contro gli operai del trasporto pubblico della città e ha amministrato l’austerità capitalista. Adesso egli è uno dei sostenitori dell’Articolo “41 bis”, che essenzialmente costituisce una condanna alla pena di morte lenta, attraverso l’isolamento totale. Mentre in origine quest’articolo fu adottato come misura antimafia, oggi viene usato contro il coraggioso prigioniero anarchico Alfredo Cospito. L’intero movimento operaio deve esigere la sua liberazione: Libertà per Alfredo Cospito!

La Rete dei Comunisti fa parte della coalizione populista borghese di Potere al Popolo dal 2017. Il programma di PaP rivendica una “società più giusta, più equa” – cioè per un’illusoria riforma del capitalismo. Il suo programma non fa appello affinché gli operai conquistino il potere, né riconosce l’esistenza della lotta di classe, rivendica invece il “controllo democratico del mercato.” Cosa impossibile! PaP vuole che sia “il popolo” a determinare il funzionamento del capitalismo. Proprio come sta facendo il suo alleato e partner Podemos, che fa parte del governo spagnolo, amministrando l’austerità capitalista, applicando leggi razziste nelle sue maggiori città – da Madrid a Barcellona e Valencia – e sostenendo l’Ucraina in questa guerra per procura degli imperialisti della NATO. Al suo congresso del 2021, la RdC ha dichiarato: “Potere al Popolo è, infatti, l’esperienza più avanzata sul fronte della rappresentanza politica…”.

Altrove in Europa, troviamo SYRIZA, un’altra coalizione borghese della “sinistra radicale” che ha imposto alla popolazione lavoratrice della Grecia l’austerità capitalista ordinata dai banchieri dell’Euro. Oltralpe, La France Insoumise (LFI – La Francia insubordinata) di Jean-Luc Mélenchon (il quale, invitato ospite alla manifestazione a Roma del settembre 2022, ha sostenuto la campagna a favore di De Magistris e dell’Unione Popolare durante le recenti elezioni italiane) ha a sua volta votato a favore delle leggi repressive “anti-terrorismo” adottate in Francia nel 2015. In tempi più recenti, Mélenchon ha cercato di dirottare le massicce rivolte contro la “riforma” antioperaia delle pensioni in un inutile, non vincolante (soprattutto smobilitante) referendum (Si veda il nostro articolo “Francia: Cacciare Macron, lottare per un governo operaio”, marzo 2023). Tutte le formazioni di governo come quella di Podemos in Spagna e di SYRIZA in Grecia sono forme di governo borghese – come lo sarebbero anche quelle eventuali di Mélenchon e la sua LFI in Francia, dell’Unione Popolare o di Potere al Popolo in Italia a prescindere da qualsiasi programma da esse avanzato – finiscono tutte per rafforzare l’austerità capitalista e la guerra imperialista.

Alla manifestazione del 25 febbraio a Genova, e ancora più recentemente alla “Manifestazione nazionale contro la Meloni e il suo governo guerrafondaio” del 24 giugno a Roma, il Nucleo Internazionalista d’Italia ha sottolineato la necessità di rompere con le politiche di collaborazione di classe e di lottare per un governo operaio basato su consigli operai (soviet). Riguardo all’USB, quest’organizzazione sindacale commette il peggiore tipo di collaborazione di classe quando organizza nelle sue file i membri dei corpi di polizia e del sistema giudiziario, ossia i corpi repressivi e punitivi dello Stato, che sono mortali nemici di classe del proletariato. A tale riguardo la nostra parola d’ordine è: Fuori la polizia dai sindacati e dal movimento operaio!

RdC / USB contro T.I.R. / S.I. COBAS


Anche il 25 febbraio, in concomitanza con la protesta dei lavoratori al porto di Genova contro la guerra della NATO, il S.I. Cobas ha organizzato le proprie manifestazioni, più piccole, a Milano (sopra), Bologna e Roma, proclamate contro tutte le parti belligeranti in Ucraina, scegliendo con ciò di non cogliere quest’occasione per avviare efficaci azioni comuni contro la borghesia che invia le armi all’Ucraina. (Foto: S.I. Cobas)

Lo stesso 25 febbraio, contemporaneamente alla protesta operaia al porto di Genova per fermare la fornitura di armi all’Ucraina, il sindacato intercategoriale di base S.I. Cobas, il più grande tra i sindacati di base, ha organizzato sue manifestazioni a Milano, Bologna e Roma, presumibilmente contro tutte le parti che combattono in Ucraina. Ciascuna di queste manifestazioni ha visto la partecipazione di qualche centinaio di persone, in larga parte provenienti dalla sua base, cioè dalla classe operaia immigrata occupata nel settore della logistica. Questo sindacato ha inviato solo una piccola rappresentanza alla manifestazione di Genova, principalmente per esprimere in questo modo le proprie differenze politiche rispetto alla mobilitazione nazionale convocata dal CALP/ USB. Con ciò ha scelto di non cogliere questa occasione per avviare azioni comuni efficaci contro la borghesia che spedisce le armi all’Ucraina per non avere a che fare con l’USB e altri che si mostrano morbidi verso un fantomatico “l'imperialismo” russo o un altrettanto fantomatico “imperialismo” cinese (se non perfino dei loro sostenitori).

L’appello alla manifestazione del S.I. Cobas (si veda il sito www.sicobas.org del 24 febbraio) riportava un generico slogan della sinistra pacifista, “Pace tra gli oppressi, guerra agli oppressori”, seguito dallo slogan “Contro guerra, carovita e governo”. Seguiva un elenco di rivendicazioni sociali ed economiche, quali il finanziamento di programmi sociali, sanità e istruzione, l’incremento dei salari per sostenere il peso dell’inflazione ecc., protesta contro le politiche razziste e di repressione. A parte dar voce allo slogan di rito “Contro la guerra imperialista, no alla spesa militare”, quello che mancava era proprio l’appello alla classe operaia ad agire, a mettere in atto azioni contro la guerra. Nel manifesto che chiama a “Manifestazioni in tutta Italia, corteo: Milano - Piazzale Loreto” non si menzionano né l’Ucraina né la Russia, e nemmeno la NATO o l’imperialismo italiano. In breve, si tratta di un manifesto tipicamente social-pacifista, alla “burro non cannoni”, buono per qualsiasi “movimento per la pace” collaborazionista di classe.

Questo è stato anche il caso di una più ampia manifestazione contro la guerra, quella del 3 dicembre 2022. Convocata anch’essa dal S.I. Cobas e dalla sua stretta alleata, la Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria (T.I.R.), essa ha messo insieme la maggior parte dei gruppi che si considerano di “estrema sinistra”, includendo anche la base dei sindacati di base CUB, USB, CALP, vari partiti stalinisti o neo-stalinisti come RdC, FC, FGC, PRC, alcuni pseudo trotskisti (Sinistra Anticapitalista, FIR) e un certo numero di centri sociali riuniti in un “cartello” di fronte popolare con settori della borghesia, come l’Unione Popolare del magistrato De Magistris. In questo caso l’appello alla manifestazione (Si veda www.sicobas.org, del 22 novembre 2022) presentava lo slogan “Giù le armi, su i salari” e inoltre, nell’interesse dell’“unità” con le tendenze più disparate, non si menzionava la NATO, la Russia o l’Ucraina. Insomma, un generico “movimento per la pace” basato su un programma di minimo comune denominatore.

Inoltre la T.I.R., un’organizzazione politica composta principalmente da persone nel e attorno ai S.I. Cobas, ha pubblicato una polemica contro le forze che hanno organizzato la manifestazione al porto di Genova, intitolata “Le tre piazze di sabato 25 febbraio contro la guerra, e le scelte che non è possibile aggirare” (Pungolo Rosso, 10 marzo 2023). Le tre scelte possibili secondo la T.I.R., sono: la prima, quella del pacifismo filo-Ucraina (tipo quello della CGIL, le altre federazioni sindacali e i loro padrini nel partito borghese, il PD); la seconda, quella che si oppone alla guerra della NATO (CALP/USB, Rete dei Comunisti e compagnia), quindi (secondo l’opinione della T.I.R.) che implicitamente sostengono l’“imperialismo russo”; e infine una terza, la “scelta” putativa (T.I.R./S.I. Cobas) che è contro entrambi i campi in Ucraina. La T.I.R. definisce quest’ultima la politica di disfattismo rivoluzionario. Non è così, come spiegheremo di seguito.

Poiché Rete dei Comunisti, nel chiamare per “guerra alla guerra imperialista”, denuncia la guerra della NATO, la T.I.R. l’accusa di essere “portatrice d’acqua” per il “blocco in formazione Russia - Cina”, da lei etichettate come “i principali Stati capitalisti anti-occidentali”. In effetti, la RdC parla di un “mondo multipolare che prende forma” e promuove un’iniziativa di PaP che fa appello a “Fermare la guerra, imporre la pace” che invita a “sostenere le proposte della Cina e del Vaticano per negoziati di pace”. Questi stalinisti della “coesistenza pacifica” dell’ultima ora sostengono anche che “una prospettiva di pace può darsi solo e se la NATO, e le forze che con essa collaborano, vengono ‘ribilanciate’ da altri soggetti che stanno indicando una uscita diplomatica dall’attuale situazione”. (“Genova, il movimento contro la guerra cambia volto” Contropiano, 26 febbraio).

Le forze per la “pace attraverso la diplomazia”, secondo Contropiano, includerebbero “un forte movimento contro la guerra” nei paesi della NATO, che sarebbe “un movimento di classe”. Eppure, come nota la T.I.R., Potere al Popolo sostiene la formazione borghese di Unione Popolare di De Magistris che si è lamentata della “sottomissione dell’Europa agli Stati Uniti”. In effetti, ci sono settori significativi del capitalismo italiano a disagio con la guerra U.S.A./NATO contro la Russia, sia tra i politici populisti sia tra settori del grande business che hanno tratto beneficio dalle forniture di carburanti russi a buon mercato, che risalgono ai giorni in cui l’ENI (l’Ente Nazionale Idrocarburi italiano) era il maggior importatore europeo di petrolio dall’Unione Sovietica. Ma mentre da una parte denuncia quest’inclinazione anti-NATO, dall’altra la T.I.R non denuncia la propensione della Rete dei Comunisti alla collaborazione di classe nell’allearsi con l’Unione popolare di De Magistris.

Questo non è un caso, una svista o un’omissione minore. L’appello per la manifestazione di protesta del 3 dicembre, convocata dal S.I. Cobas, USB e gli altri a Roma, era così annacquato che anche Unione Popolare, Potere al Popolo e forze borghesi minori hanno aderito all’appello e partecipato, proprio come queste stesse forze fanno per le manifestazioni “per la pace” pro-NATO/Ucraina, come quella del 5 novembre a Roma. Oltretutto, mentre la RdC fa appello a un “forte movimento contro la guerra” che vorrebbe essere un “movimento di classe”, la T.I.R. vuole un “movimento di massa contro la guerra con connotazioni di classe” (appello del 18 aprile per l’“Assemblea nazionale contro la guerra imperialista in Ucraina” dell’11 giugno). In realtà, tutte e tre le “inevitabili scelte” delineate da questi aspiranti ideologi del S.I. Cobas – implicitamente pro-Ucraina, implicitamente pro-Russia o “indipendenti” che siano – sono appelli per “un movimento anti-guerra/per la pace” di fronte popolare con settori della borghesia. Questo è un fatto: Unione Popolare era presente a tutte le manifestazioni.

Che cos’è il disfattismo rivoluzionario?


II disfattismo rivoluzionario nei fatti: (sopra) i 400.000 lavoratori tedeschi del settore metallurgico in sciopero nel gennaio 1918, per esigere la fine della partecipazione tedesca alla Prima guerra mondiale. La loro azione diede il via alle successive azioni combattive dei lavoratori che portarono al rovesciamento del governo e alla caduta della monarchia nel novembre 1918. La TIR afferma che l'accordo sul blocco delle armi all'Ucraina per i portuali è “banale”. Lenin disse che la parola d’ordine “guerra alla guerra” è banale se priva della prospettiva di rovesciare la borghesia attraverso l'azione operaia.  (Foto: Picture Alliance)

La pretesa della T.I.R. di ricoprire una “posizione di classe” in opposizione a un “fronte inter-classista” è interamente basata sull’invenzione che la Russia e la Cina sono imperialiste. Questa loro narrazione non fa che reiterare una menzogna borghese e non fornisce alcuna spiegazione marxista. Noi della Lega per la Quarta Internazionale, invece, abbiamo analizzato e spiegato in dettaglio come la Russia è soltanto un potere capitalista regionale (al pari dell’Ucraina), mentre la Cina è uno Stato operaio deformato.3 In Ucraina, tutti i paesi imperialisti sono allineati con la campagna di guerra degli U.S.A./NATO contro la Russia e la Cina. E mentre tutte le varie manifestazioni “per la pace/contro la guerra” sono fronti di collaborazione di classe, a Genova il 25 febbraio, in molti sono venuti per esprimere la loro opposizione alla guerra imperialista della NATO motivati dal fatto che era collegata ad azioni operaie – uno sciopero – contro l’invio di armi all’Ucraina.

Contro questo, la T.I.R. e altre formazioni politiche che hanno sponsorizzato la “Conferenza nazionale sulla guerra in Ucraina, la crisi economica e il grande caos mondiale: che fare?” del 16 ottobre 2022, hanno fatto appello al rilancio della “parola d’ordine storica del movimento operaio e comunista: guerra alla guerra, disfattismo su entrambi i fronti!”4 Questo blocco include anche il Fronte della Gioventù Comunista (FGC) e il Fronte Comunista (FC), oltre a dei collettivi locali. In primo luogo, lo slogan anarchico/pacifista della “guerra alla guerra” – contro tutte le guerre – è contrapposto all’approccio marxista, che consiste nell’esa-minare le specifiche caratteristiche storiche di ciascuna guerra, separatamente:

“E dai pacifisti e dagli anarchici noi marxi­sti ci distinguiamo in quanto riconosciamo la necessità dell’esame storico (dal punto di vista del materialismo dialettico di Marx) di ogni singola guerra.”
–V.I. Lenin, Il socialismo e la guerra [1915], Opere complete, in lingua italiana, vol. 21, Roma, Editori Riuniti 1966, pp. 269-310 .

In secondo luogo, la politica di Lenin nella Prima guerra interimperialista mondiale non era quella del “disfattismo” in generale ma quella del “disfattismo rivoluzionario”.

E’ evidente a tutti che la guerra in Ucraina ha gettato la sinistra in Italia – e quella internazionale – in crisi. La confusione si è intensificata sotto i colpi della propaganda di guerra imperialista che ritrae il presidente Putin, la Russia e i russi in generale come la personificazione del male. Molti, con la pretesa di essere di sinistra, nel sostenere la “resistenza ucraina” e pure nel dare il sostegno alla spedizione di armi da parte degli imperialisti all’Ucraina, si sono trasformati completamente in “socialisti della NATO”.5 Nella lotta intestina per il suo posizionamento in seno alla sinistra, la T.I.R. e i suoi partner di blocco si sono ritagliati lo spazio politico di quelli che all’apparenza si oppongono a tutte le parti in campo nella guerra: Russia/Cina da un lato e NATO/Ucraina dall’altro. Ma il suo fuoco principale è diretto su chiunque nella sinistra denunci, seppur timidamente, la coalizione imperialista della NATO, dato che la T.I.R li etichetta tutti come lacchè di “settori capitalisti pro-russi” che difendono l’“interesse nazionale”.

Un esempio di quest’argomentazione è l’articolo “Contro il ‘difensismo’, per il disfattismo rivoluzionario nelle guerre imperialiste” (Pungolo Rosso, 5 gennaio 2023), che denuncia “ambienti militanti ‘rosso’-bruni, dichiarati o dissimulati” (cioè, presunti partigiani di un’alleanza tra comunisti e fascisti) che sostengono che la Russia sta “difendendo il suo diritto a esistere” contro “l’imperialismo Euro-Atlantico”. Analogamente, chiunque difendesse la Cina e l’Iran starebbe presumibilmente voltando le spalle alle lotte operaie, alle lotte per i diritti delle donne, ecc. Contro quest’“orgia di difensismo” inventato – difficilmente uno qualsiasi di questi gruppi contro cui sta scagliando colpi alla cieca osa difendere direttamente la Russia, la Cina e l'Iran contro la guerra imperialista – Pungolo Rosso riproduce un articolo di Amadeo Bordiga del 1951, dal titolo “Onta e menzogna del ‘difensismo’”.

Nell’introduzione si dice che, “benché non siamo ‘bordighisti’”, l’articolo viene riprodotto perché “ribadisce con mirabile chiarezza” il criterio con cui i comunisti rivoluzionari hanno classificato le guerre del passato. Mentre generalmente si trovano alla sinistra della sinistra stalinista riformista, la T.I.R. e Pungolo Rosso costituiscono un mix eclettico delle figure di Bordiga e Gramsci, capaci di usare frasi che suonano marxiste e leniniste a copertura di politiche opportuniste. Qui i redattori si riferiscono all’inquadramento di Bordiga “della seconda guerra mondiale, come guerra imperialista a tutti gli effetti” (corsivo nell’originale). Cioè, non solo lo scontro tra i regimi alleati e quelli dell’Asse era una guerra inter-imperialista, secondo la T.I.R. lo era anche la guerra dello Stato operaio sovietico contro l’imperialismo nazi-fascista tedesco e italiano, in cui la parola d’ordine del “disfattismo rivoluzionario” su tutte le parti dovrebbe presumibilmente essere applicata. Che idiozia!6

Come al solito, con Bordiga, c’è molta sapiente discussione, incluse gemme come quella che denunciava Garibaldi per aver difeso la repubblica francese nella guerra franco-prussiana dopo la caduta dell’impero di Napoleone III nel 1870 (Marx e Engels adottarono la stessa posizione). Tutto ciò è abbellimento da vetrina per nascondere l’opposizione di Bordiga alla difesa dell’URSS nella Seconda guerra mondiale e durante la Guerra fredda antisovietica.7 Di sicuro, l’allineamento di Stalin con gli imperialisti “democratici” ha portato al soffocamento di potenziali rivoluzioni da parte dei partiti comunisti stalinisti, dalla Grecia e dall’Italia alla Francia e all’Indocina.8 Ma i trotskisti hanno difeso l’Unione Sovietica contro l’imperialismo mentre denunciavano i tradimenti di Stalin, nonostante l’assassinio da parte di Stalin di migliaia e migliaia di trotskisti in Unione Sovietica e altrove, e dello stesso Trotsky. La politica “disfattista” di Bordiga nella Seconda guerra mondiale fu un tradimento di classe.

La parola d’ordine di Lenin del disfattismo rivoluzionario nella Prima guerra mondiale, una guerra tra due blocchi imperialisti opposti, era molto differente. Egli invariabilmente legava la parola d’ordine all’azione rivoluzionaria della classe operaia contro i governanti imperialisti. In una polemica (contro Trotsky), Lenin scrisse:

“L’unica politica di rottura – non a parole – della ‘pace civile’, di riconoscimento della lotta di classe, è la politica per la quale il pro­letariato approfitta delle difficoltà del proprio governo e della propria borghesia al fine di abbatterli. Ma non si può ottenere questo, non si può tendere a questo senza augurarsi la di­sfatta del proprio governo, senza cooperare a tale disfatta.
Quando, prima della guerra, i socialdemo­cratici italiani hanno posto il problema dello sciopero di massa, la borghesia ha risposto as­solutamente in modo giusto dal suo punto di vista: questo sarà un tradimento dello Stato e noi vi tratteremo come si trattano i traditori.” (corsivi nell’originale)
–V.I. Lenin, La sconfitta del proprio governo nella guerra imperialista [1915], Opere complete, in lingua italiana, vol. 21, Roma, Editori Riuniti 1966, pp. 249-254.

Lenin nota che quelli che si oppongono alla politica del disfattismo rivoluzionario “‘non credono’ alla possibilità di azioni rivoluzionarie internazionali della classe operaia contro i propri governi…” (ibidem, p. 254). Oggi la T.I.R. fa appello alla “guerra alla guerra”, però ha boicottato lo sciopero e la protesta del porto di Genova asserendo in maniera sprezzante: “Contro l’invio delle armi al governo Zelensky, contro la Nato – fin qui ci siamo, è banale”.9 Lenin ha affermato l’opposto:

“la ‘guerra alla guerra’ è una frase banale se non si fa la rivoluzione contro il proprio governo.” (ibidem, p. 253).

La linea politica del “né con la NATO né con la Russia” adottata dalla T.I.R. e dagli altri partecipanti al gruppo di propaganda, come quella di molti altri opportunisti della sinistra internazionale, non è disfattismo rivoluzionario ma una politica di chi fa appello a una terza “scelta” in una presunta “guerra inter-imperialista”. Eppure, dato che la Russia non è nei fatti imperialista, ma piuttosto è l’obiettivo militare di un fronte unito imperialista, questa posizione equivale a un appoggio indiretto al primo campo, quello degli imperialisti. Infatti, in un documento del 18 marzo 2022, contenuto nel suo libro, La guerra in Ucraina e l’internazionalismo proletario (a pagina 56), la T.I.R. lancia il seguente appello: “Solidarietà con il popolo ucraino contro l’invasione russa, ritiro delle truppe russe senza condizioni!” Il ritiro senza condizioni delle truppe russe significherebbe una vittoria per gli imperialisti della NATO e li imbaldanzirebbe ancor di più.

La T.I.R. denuncia gli organizzatori della manifestazione del 25 febbraio e il blocco del porto di Genova bollando l’ambiente come “sovranista”, che “mai” attaccherebbe gli “imperialisti e il capitalismo italiani … come socio fondatore e parte integrante sia della UE che della Nato”. Eppure è proprio la stessa T.I.R. a sollevare un appello di tipo “sovranista” (nel manifesto per l’assemblea pubblica del 16 ottobre 2022) “per l’uscita dell’Italia dalla NATO e da ogni alleanza imperialista transnazionale”. I rivoluzionari, gli internazionalisti genuini, al contrario, fanno appello – come fa il Nucleo Internazionalista d’Italia e la Lega per la Quarta Internazionale – per la sconfitta di questa guerra per procura degli U.S.A./NATO contro la Russia (che in definitiva mira alla Cina).

La linea puramente propagandistica della T.I.R. si richiama alla politica centrista dei socialisti italiani durante la Prima guerra mondiale che era di “assoluta neutralità”, e a quella successiva (dopo l’entrata in guerra dell’Italia nel 1915) del “né aderire né sabotare”. A causa della politica social-pacifista del PSI, quando occorse l’ignominiosa sconfitta italiana a Caporetto, nell’ottobre-novembre del 1917, si aprì la possibilità di “trasformare la guerra imperialista in guerra civile” (la formula di Lenin) contro i governanti capitalisti italiani, invece di rivolgere le loro armi contro i generali che li aveva portati al massacro, i soldati abbandonarono i loro fucili e disertarono.

Oggi, nel rifiutarsi di organizzare la lotta di classe operaia contro la guerra della NATO, e semplicemente tenendo marce rituali e “scioperi generali” (che in realtà sono interruzioni del lavoro con manifestazione), la T.I.R. fallisce altrettanto nel preparare ad azioni rivoluzionarie la classe lavoratrice.

Sconfiggere la campagna di guerra imperialista contro la Russia la Cina!

Internationalist
              contingent, NYC May Day 2023
Marcia del Primo Maggio 2023, a New York, il contingente internazionalista fa appello a “Sconfiggere la campagna di guerra degli Stati Uniti e della NATO contro la Russia e la Cina”.  (Foto: The Internationalist)

Come abbiamo analizzato in precedenza nei nostri articoli, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia il 24 febbraio 2022 ha scatenato una guerra in piena regola tra questi due poteri capitalisti regionali. Gli internazionalisti proletari si sono opposti a entrambe le parti in questa guerra nazionalista reazionaria. Allo stesso tempo, la Lega per la Quarta Internazionale ha fatto appello alla sconfitta della campagna imperialista contro la Russia e la Cina e a difendere il diritto all’auto-governo della popolazione di lingua russa assediata nella regione a sud est del paese.10 Ma, fin dall’autunno del 2022, e l’acuto intensificarsi delle forniture di armamenti, il finanziamento, la consulenza militare e il controllo delle forze militari ucraine da parte degli U.S.A. e della NATO avevano raggiunto il punto che la quantità si era trasformata in qualità, mutando il conflitto in una guerra imperialista per procura contro la Russia in cui il governo e l’esercito di Kiev agiscono in nome e sotto la direzione degli imperialisti U.S.A./NATO.

Tenendo conto dei cambiamenti della situazione, la LQI ha modificato la sua posizione chiamando alla sconfitta del regime fantoccio degli U.S.A./NATO in Ucraina, e alla la difesa militare della Russia, senza dare alcun sostegno politico al governo borghese nazionalista reazionario di Putin, facendo invece appello agli operai a combattere contro di esso.11 Al contrario, la T.I.R., assieme ai suoi associati nel blocco di propaganda, nell’etichettare la guerra in Ucraina come “imperialista” da entrambe le parti, si rifiuta di difendere coloro che si stanno battendo contro la reale guerra alla Russia portata avanti da tutti gli imperialisti. Inoltre, mentre ipocritamente dichiara che “Noi non siamo affatto indifferenti al desiderio di gran parte delle popolazioni del Donbass colpite dalla pulizia etnica di Kiev di unirsi alla Federazione Russa”, la T.I.R. asserisce che “in questa guerra le loro aspirazioni non hanno alcun ruolo” (appello per l’Assemblea nazionale dell’11 giugno a Milano per “Rilanciare l'iniziativa di classe e internazionalista contro la guerra imperialista in Ucraina”).

Per coprire il suo rifiuto a intraprendere azioni concrete contro i “propri” governanti imperialisti, la T.I.R. ricorre a caratterizzazioni vaghe e/o ambigue. Fa riferimento al governo Meloni come a un semplice governo capitalista “con ‘politiche neo liberiste’”, oppure come a un “governo della destra” o al massimo “il primo esecutivo del dopoguerra esplicitamente sotto la direzione di eredi dell’MSI” per il quale “Chiamare direttamente in causa il fascismo porta fuori strada”. Ma questo non è soltanto un altro gabinetto di destra, questo è il primo governo italiano diretto da fascisti dalla fine della Seconda guerra mondiale. Questo significa che i sindacati e le organizzazioni di sinistra devono prepararsi a costruire gruppi operai di autodifesa contro la repressione poliziesca e anche dalle squadre di crumiri e rompi-sciopero, com’è già successo e questo s’intensificherà. Significa che queste azioni operaie per fermare il materiale bellico – armi che il governo di Roma guidato da fascisti sta inviando al governo infestato da fascisti di Kiev agente per procura degli U.S.A e della NATO – potrebbero essere soggette ad attacchi sanguinosi, ai quali occorre resistere e che dobbiamo sconfiggere.

La principale parte operativa della linea della T.I.R. e dei suoi sostenitori del blocco di propaganda è il loro appello a “combattere politicamente” coloro che si oppongono alla “guerra della NATO”, variamente etichettati come “difensisti”, “sovranisti” e paladini di un mondo “multipolare”. Ciò viene giustificato con la favola fantasiosa secondo cui quelli che si trovano sotto il raggio delle bombe della NATO sono equivalenti agli imperialisti, parlando di uno “scontro globale in avanzata gestazione tra le grandi potenze dell’imperialismo occidentale in decadenza e le nuove potenze dei capitalismi ascendenti”.12 Danzando attorno alla questione centrale, se la Russia e la Cina sono o meno imperialisti senza però dirlo apertamente, la T.I.R. eguaglia il conflitto attuale al conflitto inter-imperialista della Prima guerra mondiale: “guerre capitalistiche che hanno per oggetto la spartizione del mercato mondiale, o di parti di esso, com’è la attuale guerra in Ucraina,” (“Contro il ‘difensismo’, per il disfattismo rivoluzionario nelle guerre imperialiste. Parla Amadeo Bordiga”, Pungolo Rosso, 5 gennaio, 2023).

È assurdo voler ritrarre l’attuale guerra come fosse un conflitto tra due potenti blocchi capitalisti imperialisti di pari entità che competono per dei mercati. Come abbiamo evidenziato in “Lo spauracchio dell’imperialismo russo’”,13 la Russia è un importatore netto di capitale e le sue esportazioni sono nella stragrande maggioranza (per tre quarti) di energia e materie prime, una struttura più simile a quella di un paese semi-coloniale come l’Iran o il Venezuela. Riguardo alla Cina, nonostante le pericolose incursioni capitaliste, i suoi settori economici chiave sono ancora proprietà dello Stato, il corso fondamentale dell’economia è dettato dal Partito Comunista Cinese (PCC) e non dalle forze di mercato, e come la mette un economista in una sua lettera al Wall Street Journal, “Il ‘capitalismo di stato’ della Cina non è capitalismo.” (Si veda Joseph C. Sternberg, “China’s ‘State Capitalism’ Is Not Capitalism”, WSJ, 4 agosto 2021). Il mito di una “Cina capitalista” è stato una pia illusione della borghesia, ripresa da quella sinistra che non vuole difenderla.

Difendere lo stato operaio cinese
contro l'imperialismo e la controrivoluzione


L’ospedale di Huoshenshan a Wuhan, in Cina, 2.500 posti letto in totale. La Cina è stata in grado di costruire ben due ospedali in soli dieci giorni, per curare i pazienti colpiti dal coronavirus proprio nell’epicentro dell’epidemia. Nessun paese capitalista è stato capace di una simile impresa, questo è il frutto di un'economia pianificata.  (Foto: AP)

Che la Cina non sia capitalista è stato drammaticamente dimostrato dal fatto che: (a) l’economia cinese è stata l’unica sulla scia del collasso dei mercati del 2007-08 a crescere sostanzialmente quando tutte le economie capitaliste erano sprofondate nel baratro della crisi; e (b) la Cina è stato il solo paese in grado di contenere la pandemia da coronavirus del 2020 per ben tre anni, limitando le morti a un numero leggermente superiore alle 5.000 unità, e dunque salvando milioni di vite, mobilitando tutte le sue risorse provenienti dalla sua economia collettivizzata (e anche dalle aziende private) sotto gli ordini del Partito Comunista Cinese (PCC). La Repubblica Popolare di Cina (RPC) non è capitalista, però non è nemmeno socialista, poiché manca di ogni sembianza che appartenga alla democrazia operaia e di una direzione rivoluzionaria. Una buona introduzione al funzionamento dello Stato operaio burocraticamente deformato del PRC, si può trovare nell’articolo del 2017 dell’economista marxista Michael Roberts, “Xi Takes Full Control of China’s Future.”

Riguardo al COVID-19: i mass media imperialisti hanno dipinto l’abbandono da parte della Cina delle stringenti misure di quarantena, nel dicembre 2022, come una prova del “fallimento” delle sue politiche di contenimento del virus mortale. Maledettamente sbagliato. Anche dopo che le morti in Cina sono cresciute nei mesi recenti, dopo che ha abbandonato la politica intransigente della quarantena, se in Italia, il tasso dei decessi dovuti al COVID-19 e ai relativi “eccessi di mortalità” si fosse tenuto basso come in Cina, il numero totale dei morti per la pandemia sarebbe stato inferiore ai 5.000 invece di raggiungere i 191.000 (dati tratti da Our World in Data, al 21 giugno 2023). Ma, naturalmente, Roma non può replicare il successo di Pechino e delle sue politiche, perché un paese capitalista non può garantire e provvedere un servizio sanitario comprensivo e all’approvvigionamento del cibo necessario in condizioni d’emergenza che l’economia socializzata della Cina ha potuto mettere al servizio della popolazione tra il 2020 e il 2022.


Nella foto, la consegna di verdure fresche ai residenti della zona in quarantena a Wuhan, nel marzo 2020.  
(Foto: Agence France-Presse)

Un altro tema preferito dagli pseudo-socialisti, dagli anarchici e dalle tendenze del sindacalismo militante è quello dell’etichettare la Cina come “la fabbrica mondiale di sfruttamento bestiale”. E’ particolarmente grottesco equiparare la Cina ai paesi capitalisti imperialisti, o parlare di “super-sfruttamento” dei lavoratori in Cina, quando l’Italia è l’unico paese in Europa dove tra il 1990 e il 2020 i salari reali (tenendo conto dell’inflazione e del potere d’acquisto) sono crollati invece di aumentare.14 Invece, i salari reali in Cina sono aumentati del 260% tra il 2008 e il 2022, mentre quelli in Italia nello stesso periodo sono precipitati del 13%, come può essere verificato nel drammatico grafico contenuto nel rapporto dell’International Labour Organisation, l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), è l’Agenzia delle Nazioni Unite specializzata sui temi del lavoro e della politica sociale), nel suo Global Real Wage Report 2022-23:

La Cina come "fabbrica mondiale di sfruttamento bestiale"? Al contrario. I salari reali in Italia sono diminuiti del 13% dal 2008 al 2022 (diagramma superiore, linea marrone), mentre quelli in Cina sono aumentati del 260% nello stesso periodo (diagramma inferiore, linea rossa).  (Fonte: International Labour Organization, Global Real Wage Report, 2022-23)

I dati sopra riportati sono successivi all’aumento dei salari reali avvenuto in Cina, già cresciuti del 500% – cioè quintuplicati – tra il 1995 e il 2010. In nessun luogo, nel mondo capitalista, si è registrata una crescita tanto marcata del livello di vita degli operai in un periodo così breve.

Il comandante in capo dell’imperialismo U.S.A. Joe Biden, e di altre potenze imperialiste hanno messo in chiaro che il loro obiettivo finale è quello della restaurazione del capitalismo in Cina, mentre intensificano le loro provocazioni militari e guerre economiche contro di essa. Considerano la loro guerra imperialista contro la Russia in Ucraina come un passo in questa direzione. Noi della LQI siamo schierati, per la difesa incondizionata della Cina contro l’imperialismo e contro la controrivoluzione interna, allo stesso tempo ci battiamo per una rivoluzione politica proletaria che cacci via la burocrazia stalinista nazionalista e istituisca una democrazia operaia basata sui consigli operai sulla strada verso la rivoluzione socialista internazionale. È dovere fondamentale di ogni comunista difendere le basi socializzate dell’economia pianificata e le enormi conquiste che ancora esistono, in quanto eredità della Rivoluzione Cinese del 1949, nonostante la cattiva gestione, il malgoverno burocratico e le incursioni del capitale privato nella sua economia (Si veda il nostro articolo “Imperialisti giù le mani dalla Cina”, settembre 2022).

Al contrario, il raggruppamento politico – un blocco di propaganda di gruppi eterogenei aggregatosi attorno alla T.I.R. – e tra costoro in particolare il Fronte della Gioventù Comunista (FGC), che reclama l’eredità politica di Stalin, tutti etichettano la Cina come “capitalista”, e in molti casi, come “imperialista”, perciò non la difendono. Ripetono invece a pappagallo la propaganda anticomunista anticinese. Il sito web di Pungolo Rosso e del S.I. Cobas sono pieni di articoli scritti dal China Labour Bulletin che spesso viene citata come fonte di informazione. Nell’introduzione a un articolo del suddetto CLB apparso sul sito di Pungolo Rosso e del S.I. Cobas, leggiamo:

“Di seguito riporto alcune informazioni tratte dal sito del China Labour Bulletin, che lodevolmente si occupa da diversi anni della condizione dei lavoratori cinesi con una serie di accurate documentazioni, e promuove campagne in loro difesa.” – “Riforme anti-operaie, tirannia padronale e resistenza operaia nella Cina d’oggi”, Pungolo Rosso, 24 luglio 2021

China Labour Bulletin (CLB), è una ONG finanziata dal Dipartimento di Stato del governo di Stati Uniti e dal National Endowment for Democracy (NED, una fondazione di facciata della CIA) che finanzia forze controrivoluzionarie in tutto il mondo, è portavoce dell’imperialismo U.S.A. e della sua vile propaganda anticomunista.

Il fatto che il China Labour Bulletin sia foraggiato dal governo statunitense non è certo un segreto. E' lo stesso CLB ad ammettere di essere finanziato da “un'ampia gamma di enti governativi o quasi governativi”. Le statistiche indicano che è finanziato dal Dipartimento di Stato americano e dal National Endowment for Democracy, direttamente e indirettamente, attraverso il “Solidarity Center” dell'AFL-CIO (la maggiore centrale sindacale statunitense), per un ammontare di centinaia di migliaia di dollari all’anno.
Cliccare sull'immagine per ingrandirla.

L’autrice di quest’articolo, Giulia Luzzi, che contribuisce regolarmente con suoi scritti a Pungolo Rosso, ripete ed elogia la propaganda di quest’agenzia dell’imperialismo U.S.A., garantendo la sua “accuratezza” e affermando che questa entità si fa paladina della causa dei lavoratori cinesi. Ma da quando in qua l’imperialismo U.S.A. è un alleato della classe operaia?! La sua introduzione a quest’articolo del CLB inizia così: “Quando sui media occidentali si parla della Cina, se ne parla come potenza economica aggressiva, mentre di pari passo viene denunciata la violazione dei diritti umani delle minoranze, la repressione contro il dissenso a Hong Kong, etc. Denunce di fatti reali (…)”. Dunque la T.I.R. e soci sostengono la sommossa anticomunista, razzista, pro Trump avvenuta a Hong Kong nel 2019.15

Un altro esempio, sullo stesso sito è stato postato un articolo più recente (Si veda sicobas.org dell’11/11/2022) dal titolo “Cina: disoccupazione giovanile, morti per superlavoro, rifiuto del superlavoro”. Una delle fonti delle informazioni citate, nella diatriba anticomunista anticinese sostenuta in quest’articolo, è Craig Simpleton, della Foundation for Defense of Democracies (FDD). Il sito web della FDD dice che la fondazione era stata creata “per fornire istruzione e rafforzare l’immagine di Israele in Nord America” e che la sua “missione” è “educare all’antiterrorismo” e alla “difesa dei valori democratici”. Craig Simpleton è stato consulente per il governo degli Stati Uniti alla “sicurezza nazionale”. Pungolo Rosso si fa portavoce di facciata per la propaganda anticomunista al servizio della guerra imperialista contro la Cina, e i suoi articoli sono ripubblicati parola per parola dal S.I. Cobas. Questo può solo servire a disorientare gli operai italiani.

Certo, non tutti in questo blocco di propa­ganda hanno politiche identiche. Mentre la T.I.R. (che ha pretese marxiste) gira intorno alla questione in punta di piedi, l’anarcoide/liberale Centro di documentazione contro la guerra fa direttamente riferimento all’ “imperialismo russo”. La stalinista FGC, da parte sua, afferma che è “Appurato come anche la Russia svolga un ruolo di “prim’ordine nella piramide imperialista internazionale”; che “È (…) evidente come in Cina il ritorno al capitalismo sia pressoché completo”, dunque che anch’essa è imperialista; e che è necessario comprendere la “natura imperialistica dei paesi BRICS” – il che farebbe anche del Brasile e del Sudafrica dei paesi imperialisti! (Le citazioni sono tratte dall’articolo “Cina e imperialismo, un’analisi storico-economica”, Senza Tregua, giornale della gioventù comunista, 15 Aprile 2017). Affermazioni assurde di questo tipo si fanno beffe di qualsiasi parvenza del leninismo, trasformando la parola “imperialismo” in una maledizione piuttosto che in un’analisi scientifica. ■

La guerra per procura imperialista in Ucraina contro la Russia: un test per i rivoluzionari


Il contingente della Federazione Giovanile Comunista alla manifestazione contro la guerra indetta dal S.I. Cobas a Milano, il 25 febbraio.  (Foto: FGC)

La guerra imperialista è una cartina al tornasole per qualunque tendenza pretenda di essere ri­voluzionaria. Sin dalla Prima guerra mondiale, è assiomatico per i leninisti che i comunisti e tutti i lavoratori dotati di una coscienza di classe sono tenuti a schierarsi dalla parte dei paesi non imperialisti nelle guerre contro l’imperialismo, specialmente quando i “loro” governanti imperialisti sono tra i guerrafondai che hanno scatenato quella guerra. Lenin insisteva su questo nel suo scritto Il socialismo e la guerra (1915):

“Per esempio, se domani il Marocco dichiarasse guerra alla Francia, l'India all'Inghilterra, la Persia o la Cina alla Russia, ecc., queste sarebbero delle guerre ‘giuste’, delle guerre ‘difensive’ indipendentemente da chi avesse attaccato per primo, ed ogni socialista simpatizzerebbe per la vittoria degli Stati oppressi, soggetti e privi di diritti, contro le ‘grandi’ potenze schiaviste che opprimono e depredano”.
–V.I. Lenin, Opere Complete Vol.21, (corsivo nell’originale).

A seguito della guerra e della formazione dell’Internazionale Comunista, il Partito Comu­nista Francese (PCF) lanciò una campagna in di­fesa dell’insurrezione Berbera diretta da Abd el-Krim, nella regione del Rif del Marocco, che portò ad uno sciopero generale contro la guerra il 12 ottobre del 1925 (e agli arresti colpirono fino a un migliaio di operai e militanti del PCF). Molti anni dopo, nel 1949-50, i lavoratori dello scalo merci di Marsiglia si rifiutarono di caricare le munizioni destinate alle forze militari francesi impegnate nella guerra imperialista in Vietnam.

Alcuni eruditi abituati a spaccare il capello in quattro hanno argomentato: sì, ma il Marocco e l’India erano colonie, e l’Iran e la Cina erano semicolonie, mentre la Russia oggi non è una semicolonia. È vero, la Russia è un paese capitalista intermedio preso di mira da un’unione di paesi imperialisti. Tuttavia già nel 1920-22, la Russia sovietica sotto la direzione di Lenin sostenne militarmente la Turchia, quello che restava dell’Impero ottomano, guidata da Mustafa Kemal Atatürk, contro gli imperialisti occidentali. Nel 1935, Trotsky e i trotskisti fecero appello a difendere l’Etiopia sotto l’Imperatore Haile Selassie, uno schiavista feudale, contro l’invasione dell’imperialismo italiano. E nel 1939, Trotsky fece appello a difendere militarmente la Cina sotto Chiang Kai-shek contro l’invasione imperialista giapponese. Questi erano tutti Stati indipendenti, governati da brutali nazionalisti, ma la questione che annullava ogni altra era la necessità di sconfiggere l’aggressione militare o le minacce imperialiste.

Per di più, l’appello della T.I.R. alla “guerra alla guerra”, e per la costruzione di un “movimento anti-guerra… dalle connotazioni di classe”, ri­corda la politica “neutralista” dei socialisti ita­liani nella Prima guerra mondiale. Il suo appello a opporsi a “tutte le guerre del capitale” signifi­cherebbe opporsi alla difesa di ogni paese capi­talista sottoposto all’attacco dell’imperialismo. Rassomigliano all’opposizione sollevata dal so­cialista “massimalista” Giacinto Menotti Serrati alle tesi di Lenin sulla questione nazionale al II Congresso del Comintern (1920), perché queste facevano appello a difendere “movimenti di libe­razione nazionale” borghesi-democratici contro l’imperialismo. Serrati le accusava di “collabora­zione di classe”, nonostante il fatto che queste chiamassero a mantenere in tutte le circostanze il carattere indipendente del movimento proletario, che “non deve fondersi con essa [la democrazia borghese delle colonie] e deve assolutamente salvaguardare l’autonomia del movimento proletario persino nella sua forma embrionale.” (Si veda: Primo abbozzo di tesi sulle questioni nazionale e coloniale, 1920).16 La linea del sindacalismo combattivo ha un grande punto cieco quando si tratta d’imperialismo, in particolare riguardo alla dominazione mondiale imperialista.

Al contrario, la Lega per la Quarta Internazio­nale, si è battuta sin dalla prima ora per difendere l’Iraq e l’Afghanistan e per la sconfitta delle in­vasioni e occupazioni imperialiste di questi paesi dirette dagli U.S.A., senza dare alcun sostegno politico né a Saddam Hussein né ai Talebani. E non solo a livello di propaganda, ma facendo agitazione nei porti, nei moli d’attracco tra i la­voratori portuali che si sono rifiutati di caricare e scaricare i cosiddetti “hot cargo”, cioè i carichi di armi destinati a quelle regioni sin dal 2002.17 La LQI ha giocato un ruolo significativo nella chiusura di tutti i porti della Costa Occidentale degli Stati Uniti, avvenuta il Primo maggio 2008, in segno di protesta contro la guerra in Afghanistan e in Iraq;18 abbiamo difeso la Jugoslavia contro la guerra U.S.A./NATO del 1999 mentre denunciavamo il regime nazionalista serbo di Slobodan Milosević.19 L’Italia fu direttamente coinvolta in tutte queste guerre.

Da che parte stava, o sta, la T.I.R.?

Ha difeso questi paesi dall’attacco dell’imperialismo? E oggi li difenderebbe?

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              Internationalist photo
Marcia dei lavoratori portuali dell’ILWU, San Francisco (U.S.A.), il Primo maggio 2008. In quell'occasione i lavoratori portuali bloccarono tutti i porti della Costa Occidentale degli Stati Uniti che si affacciano sul Pacifico, mobilitandosi contro la guerra e l'occupazione dell’Iraq e dell’Afghanistan. L’Internationalist Group svolse un ruolo importante nella costruzione di quell’azione.  (Foto: The Internationalist)

Non si tratta di questioni astratte o accade­miche. La questione è se coloro che si professano comunisti hanno, o meno, il programma per preparare la classe operaia per la lotta rivoluzionaria per il potere. Il blocco di propaganda diretto dalla T.I.R., con la sua propaganda di neutralità passiva sulla guerra in Ucraina, come sopra descritta, ci fa tornare alla mente le politiche dei centristi italiani nel Partito Socialista Italiano durante la Prima guerra mondiale che impedirono al PSI, e successivamente al nascente Partito Comunista d’Italia (PCd’I), di giocare un ruolo rivoluzionario alla fine del conflitto, spianando la strada al fascismo. Coloro che si rifiutano di difendere i bersagli dell’imperialismo, quelli che tentano di schivare la questione dichiarando che tutte le forze in ballo sono imperialiste, non sono in grado di dirigere la lotta per la rivoluzione socialista internazionale. Oggi, concretamente, agiscono come ostacoli alla lotta di classe combattiva contro i veri imperialisti e contro le loro guerre che sono dirette contro la Russia e la Cina trascinando tutti verso la Terza guerra mondiale.

Cosa c’è dietro ai paraocchi indossati dai componenti del blocco di propaganda attorno alla T.I.R. e al sindacato S.I. Cobas per nascondere la natura della guerra imperialista per procura degli U.S.A./NATO in Ucraina contro la Russia? All’assemblea dell’11 giugno a Milano, il Fronte Comunista ha dichiarato che il pubblico è stato “bombardato da anni e anni di propaganda da un campo o dall’altro”. Assurdità! Il pubblico in generale, la classe operaia e la sinistra sono stati bombardati per anni, in Italia e in tutta Europa, da un’inarrestabile propaganda di guerra anti-Russia, alla quale, a proposito della guerra in Ucraina, la maggior parte della sinistra ha ca­pitolato. Quello che la T.I.R., FC, FGC e com­pagnia stanno combattendo è il sentimento, che si ritrova nella classe operaia e tra le file degli immigrati nel S.I. Cobas e negli altri sindacati, di opposizione alla guerra imperialista degli U.S.A./NATO. Ecco, giudicate voi:

“dobbiamo denunciare chiaramente le fascinazioni verso l’ipotesi di un nuovo mondo multipolare (…) In appoggio a tali posizioni ci sono le forze nazionaliste, sovraniste e campiste che in Italia appoggiano direttamente o indirettamente gli interessi di Russia, Cina e di tutti i paesi concorrenti o oppositori dell’ordine mondiale a trazione statunitense. (…)”
“Il richiamo alla parità internazionale, al ri­scatto degli oppressi da centinaia di anni di sfruttamento e alla democratizzazione, sono armi calibrate perfettamente per andare a toccare i sentimenti di rivalsa di chi subisce sulla propria pelle lo sfruttamento capitalistico targato USA, UE, NATO. (…)”.
“In nome dell’internazionalismo proletario abbiamo il compito di denunciare e non di promuovere tale propaganda bellicista. Chi oggi in Italia si fa alfiere del mondo multipo­lare ostacola, più o meno consapevolmente, la nascita di un reale movimento di guerra alla guerra.”
–Intervento dell’FC all’assemblea di Milano, 11 giugno.

La T.I.R. e compagnia ritraggono tutti quelli che “direttamente o indirettamente” si schierano con la Russia e la Cina come sostenitori di un “ordine mondiale multipolare.” Questo si può forse applicare alla Rete dei Comunisti e ad altri riformisti, a Potere al Popolo e ad altre forze po­puliste borghesi, che sono ancorati alle illusioni staliniste di un’impossibile “coesistenza paci­fica” con l’imperialismo. È certamente vero per quanto riguarda i rispettivi governanti, ossia i nazionalisti borghesi della Russia e gli stalinisti nazionalisti della Cina. Ma si tratta di una grossolana distorsione quando si riferisce alle diverse migliaia di giovani e operai che hanno marciato a Genova il 25 febbraio per fermare la fornitura delle armi all’Ucraina e per “fermare la guerra della NATO”. Ed è una calunnia quando si riferisce a coloro che portano avanti una lotta proletaria rivoluzionaria e internazionalista per difendere la Russia e la Cina contro la campagna guerrafondaia imperialista e per la sconfitta del regime per procura degli Stati Uniti e della NATO a Kiev.  

I marxisti rivoluzionari non sono pacifisti. Noi non costruiamo “movimenti per la pace”, che, come scrisse Trotsky nel 1917, invariabilmente si trasformano in un movimento a favore della guerra, come nel caso delle attuali manifestazioni per la “pace” pro-Ucraina. I trotskisti autentici intervengono nei movimenti “contro la guerra” del tipo fronte popolare ma lo fanno come opposizione rivoluzionaria agli organizzatori riformisti/borghesi, lo fanno per portare alle masse il programma di lotta per la sconfitta della guerra imperialista attraverso la rivoluzione socialista. La pseudo-sinistra che si rifiuta di difendere la Russia e la Cina contro l’imperialismo è stata sedotta dal canto delle sirene dell’“imperialismo dei diritti umani”. L’intera faccenda dei “diritti umani” fu inventata all’alba della Guerra fredda imperialista come arma contro l’Unione Sovietica, e ora viene dif­fusa a tutto volume in difesa del regime del colpo di stato fascista/nazionalista in Ucraina.

Il sistema capitalista in decadenza genera guerre senza fine. Lenin ripeté all’infinito che ogni linguaggio “di pace” senza una lotta proletaria di massa rivoluzionaria è una pura illusione. L’attacco al livello di vita degli operai e ai pro­grammi sociali, la repressione delle lotte operaie e l’assalto contro gli immigrati sono tutti aspetti che fanno parte della spinta alla guerra imperialista. Per sconfiggere queste mosse e fermare la corsa verso la Terza guerra mondiale è necessario battersi per sconfiggere la guerra de­gli U.S.A./NATO contro la Russia e difendere lo stato operaio deformato cinese contro l’imperialismo e la controrivoluzione. Questo è, nei fatti, l’unica base per combattere per la ri­voluzione socialista in Russia e per una rivolu­zione politica proletaria in Cina. Rifiutarsi di difendere entrambi i paesi dall’assalto imperialista che sta cercando di frantumarli e smembrarli non è altro che una pugnalata alle spalle della classe operaia in Russia e in Cina.

L’attuale governo italiano guidato dai fascisti e la crescente tragica situazione in cui versano i lavoratori da un angolo all’altro d’Europa e in tutto mondo capitalista, sottolineano l’impossibili­tà di riformare il capitalismo in decadenza e l’urgenza di forgiare un partito comunista auten­tico. Questo partito non può essere costruito sulla base della capitolazione all’imperialismo o sulle politiche di collaborazione di classe, ma deve es­sere basato su un solido programma leninista-trotskista. Noi del Nucleo Internazionalista d’Italia/Lega per la Quarta Internazionale siamo impegnati a forgiare questo partito. ■

La marina italiana in rotta verso l’Indo-Pacifico


A marzo, la fregata italiana Carlo Bergamini ha partecipato alla prima esercitazione navale congiunta U.S.A-UE nella regione dell’Indo-Pacifico.  (Foto: Decode39)

L’Italia, come la Germania e altri membri dell’alleanza militare occidentale, sta incremen­tando fortemente le sue spese militari e accele­rando il suo impegno nei crescenti preparativi alla guerra imperialista. È previsto che la portae­rei Cavour della Marina Militare italiana e al­meno altre quattro navi appoggio, prendano parte alle esercitazioni militari, tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024, con gli Stati Uniti e le forze alleate nel Golfo Persico, nell’Oceano Indiano e nel Pacifico. Queste manovre, che si estende­ranno ben al di là dell’area del “Mediterraneo allargato”, sono chiaramente dirette contro la Cina, che è considerata dai padroni imperialisti U.S.A. come il nemico principale. Frattanto, la primo ministro fascista Meloni continua a stre­pitare sulla necessità di un ruolo molto più ag­gressivo e attivo per l’imperialismo italiano da giocare in Nord Africa.

Già a marzo, la fregata italiana Bergamini ha partecipato alla prima (in assoluto) esercitazione navale congiunta U.S.A-UE da qualche parte nella regione dell’Indo-Pacifico. Questa ha fatto seguito alla partecipa­zione italiana alla esercitazione denominata Neptune Strike 23 avvenuta nel Mar Mediterraneo a feb­braio sotto il comando STRIKFORNATO. Come segno di come questa crescente mili­tarizzazione si sta estendendo nella vita e nella società civile, studenti provenienti da 15 università italiane hanno partecipato in aprile ad un’esercita­zione della NATO su larga scala, la “Mare Aperto”, che ha coin­volto ben 23 paesi nel Mar Adriatico, nello Ionio, nel Mare di Sardegna e nello Stretto di Sicilia. E in giugno, qualcosa come 350 studenti delle scuole medie superiori hanno dovuto spendere parte del loro tempo in attività non pagate di “alternanza scuola-lavoro” alla Base militare della NATO di Sigonella.20

Ovviamente, il contributo della Marina Militare italiana alle battaglie navali nel “teatro dell’Indo-Pacifico” sarà pressoché zero. Dunque, perché ai governanti U.S.A., ai pezzi grossi al Pentagono e i generali pluri-medagliati della NATO importa così tanto? Come nel caso della partecipazione degli studenti universitari alle esercitazioni navali nel Mediterraneo e in quello delle scuole secondarie presso le basi militari in Italia, lo scopo è di sferrare un colpo perentorio contro le future proteste per il terribile tributo umano ed economico della guerra mondiale che si prepara. Vogliono rendere complici del loro crimine ampi settori della società italiana in modo che in seguito sarà per essi più difficile sottrarsi. Nel difendere la Cina e la Russia contro i preparativi di guerra degli U.S.A. /NATO, chi si oppone al militarismo capitalista deve mobilitare per “Porre fine a tutti i ‘giochi’ di guerra” e per “Cacciare via i militari da tutte le scuole!”


  1. 1. “Alla data dello scorso 31 dicembre, gli infortuni denunciati nel 2022 sono stati 697.773, in aumento del 25,7% rispetto al 2021 (…) I casi mortali sono 1.090, +21% per quelli avvenuti in itinere.”
  2. 2. Si veda l’articolo “I portuali boicottano un carico militare saudita destinato alla guerra in Yemen” (giugno 2019), pubblicato in L’internazionalista n. 5, agosto 2020.
  3. 3. Si veda l’articolo “Lo spauracchio dell’‘imperialismo russo’”, maggio 2014 (supplemento a L’Internazionalista, giugno 2022).
  4. 4. “Dichiarazione congiunta – No alla guerra imperialista!” sicobas.org, 2 novembre 2022.
  5. 5. Si veda l’articolo “Socialisti della NATO in Italia”, e “La borghesia “riabilita” i socialisti della NATO del PCL,” L’internazionalista n. 6, giugno 2022.
  6. 6. Per dare peso “teorico” al suo rifiuto di difendere l'Unione Sovietica, durante la guerra fredda, Bordiga (come altri rinnegati prima e dopo di lui) ha elaborato il concetto del “capitalismo di stato sovietico”. Nel caso di Bordiga fu esplicitamente e contro l'analisi e il programma di Trotsky espressi in La Rivoluzione tradita (1936) e altrove. Si veda A. Bordiga, Struttura economica e sociale della Russia d’oggi (1955-57), ma anche, Liliana Grilli, Amadeo Bordiga: capitalismo sovietico e comunismo (1982).
  7. 7. Diversi dirigenti del S.I. Cobas e portavoce della T.I.R. affermano, come fece Bordiga, che l’Unione Sovietica non era più uno stato operaio dal momento che Stalin si impossessò del potere tra il 1923-24. Focalizzarsi esclusivamente sulla direzione e ignorare la sua base materiale è una metodologia profondamente anti-marxista. Stalin alla testa di una burocrazia parassitica nazionalista diresse una controrivoluzione politica rinunciando alla lotta dei Bolscevichi per la rivoluzione socialista internazionale. Ma la vera controrivoluzione sociale che ha ristabilito il dominio capitalista, contro cui i Trotskisti genuini si batterono con le unghie e con i denti , accadde negli anni 1989-92 – e milioni di ex cittadini sovietici lo sanno, dal momento che ne hanno sofferto le conseguenze.
  8. 8. Si veda il bollettino del Nucleo Internazionalista d’Italia, “1943-1948: Lo stalinismo contro la rivoluzione” (novembre 2021).
  9. 9.Le tre piazze….
  10. 10. Si veda l’articolo “Dietro questa guerra: la spinta bellica di U.S.A./NATO contro Russia e Cina” (28 febbraio 2022) in L’internazionalista n. 6, giugno 2022.
  11. 11. Si veda l’articolo “Difendere Russia e Cina contro i governanti guerrafondai statunitensi” (22 ottobre 2022), in L’internazionalista supplemento, ottobre 2022.
  12. 12. Si veda l’articolo “Il convegno di Roma del 16 ottobre: un buon primo passo,” Pungolo Rosso, 21 ottobre 2022.
  13. 13. Si veda l’articolo già citato, “Lo spauracchio dell’‘imperialismo russo’”.
  14. 14.Vedi “Analysis: Why us? Italy seeks way out of low-wage economy trap,” Reuters, 16 giugno 2022.
  15. 15. Vedi il nostro articolo “Hong Kong: Sconfiggere i tumulti pro-imperialisti con la mobilitazione rivoluzionaria dei lavoratori!” L’internazionalista n. 5, agosto 2020.
  16. 16. Il testo citato è tratto da “Primo abbozzo di tesi sulle questioni nazionale e coloniale”, (1920), si trova in L’autodeterminazione dei popoli, Massari editore, 2005, p. 244. Le obiezioni di Serrati alle tesi di Lenin erano ipocrite e sollevate con grande faccia tosta, considerando che il PSI aveva sostenuto l’invasione della Libia del 1911.
  17. 17. Si veda l’articolo “Strike Against Taft-Hartley! Hot-Cargo War Materiel!” The Internationalist No. 15, gennaio-febbraio 2003.
  18. 18. Si veda l’articolo “May Day Strike Against the War Shuts Down All U.S. West Coast Ports,” The Internationalist No. 27, maggio-giugno 2008. Si veda anche The Internationalist supplemento speciale “Why We Fight for Workers Strikes Against the War (and the Opportunists Don’t)”, ottobre 2007.
  19. 19. Si veda l’articolo “Defend Yugoslavia, Defeat the Imperialist Attack!The Internationalist No. 7, aprile-maggio 1999. I nostri compagni messicani hanno anche presentato, e vinto, una mozione  also put forward and won a motion con la lotta degli studenti all’Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM) per fare una donazione attraverso la colletta lanciata dagli SLAI Cobas dell’Alfa-Romeo per aiutare gli operai jugoslavi della fabbrica Zastava, distrutta dalle bombe della NATO quando questa fu occupata dagli operai. Si veda “Mexican Student Strike Sends Aid to Yugoslav Workers,” The Internationalist, aprile 1999.
  20. 20. Si veda l’articolo di Pasquale Almirante, “L’alternanza scuola lavoro atterra alla base Nato di Sigonella, tra droni e caccia-bombardieri”, La tecnica della scuola, 2 luglio 2023.