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  febbraio 2018

Populismo borghese e riformismo socialdemocratico:
un vicolo cieco

Elezioni del 4 Marzo:
Isteria anti-immigrati

Per azioni operaie per fermare le deportazioni e schiacciare gli attacchi fascisti!
Pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati!


Il seguente articolo è pubblicato in un supplemento a L’Internazionalista venduto alla manifestazione antifascista a Roma il 24 febbraio 2018.

La campagna per le elezioni del prossimo 4 marzo è dominata da un vile sciovinismo xenofobo anti immigrati. Tutti i partiti e le coalizioni borghesi in lizza sventolano lo spauracchio della “immigrazione clandestina”. La, quanto mai razzista, Lega (ex-Nord) irrompe nell’arena blaterando “sull’invasione di alieni, spacciatori di droga, delinquenti e clandestini”, sollevando slogan come “prima gli italiani! Ora o mai più! Stop all’invasione!”. Il capo della Lega, Matteo Salvini, giustifica la sparatoria fascista di Macerata affermando che è “la colpa della sinistra che ha permesso l’immigrazione e ha contribuito a trasformare l’Italia in un campo profughi” (vedi il nostro articolo “La lezione di Macerata: Azioni operaie di massa per difendere gli immigrati e fermare i fascisti!”).

Propaganda elettorale della Lega prende di mira gli immigrati.
(Foto: Gianni Cipriano per il New York Times)

I giornalisti si affrettano a intervistare giornalmente la star mediatica Salvini, mentre i candidati di altri partiti si fanno in quattro per avere dibattiti amichevoli con lui, legittimando e prendendo parte al plotone che spara una costante raffica di veleno razzista. A tutto ciò si aggiunge il Movimento Cinque Stelle, primo nei sondaggi d’opinione, con il suo leader storico Beppe Grillo che ha recentemente fatto appello a deportare immediatamente tutti i “clandestini”, che si lancia a spiegare come gli immigrati presumibilmente infettino gli italiani importando malattie. Il sindaco di Roma, l’esponente Cinque Stelle Virginia Raggi, ha sospeso le forniture dei servizi essenziali ai campi Rom promettendo di sfrattarli. La Raggi, inoltre, chiede che sia impedito ad altri migranti di venire a Roma, e Grillo scrive “Si cambia musica: chiudi i campi Rom, via con i mendicanti”.

Da sinistra: il ministro dell’Interno Marco Minniti e il premier Paolo Gentiloni.  

Molto prima che iniziasse la campagna elettorale, la strategia del governo di Renzi-Gentiloni-Minniti (PD) è stata quella di mettersi alla testa dell’isteria anti-immigrati estendendo aggressivamente l’influenza dell’imperialismo italiano nell’area del Mediterraneo, in Libia e negli stati a sud della Libia. Una serie di patti stipulati con il “governo” libico, sostenuto dalle Nazioni Unite (febbraio 2017), leader tribali libici (aprile 2017) e i ministri degli interni di Libia, Ciad e Niger (maggio 2017) esigevano il controllo dell’immigrazione e la costruzione di centri di detenzione in cambio di denaro. Nel frattempo, la tecnologicamente avanzata flotta navale italiana blocca le navi delle ONG che in precedenza avevano salvato le vite degli immigrati in mare.

I rifugiati, una volta respinti dalla flotta italiana e libica e dalle forze armate di vari paesi, sono stipati in sovraffollati centri di detenzione in Libia, noti e ripetutamente condannati per i pestaggi diffusi, gli stupri e le torture che vi si praticano. Attualmente esiste in Libia un redditizio commercio di schiavi ben documentato e in cui parte dei rifugiati vengono venduti. Alti funzionari della milizia libica, secondo testimonianze, hanno ricevuto ricompense per passare dal contrabbando ad altre attività. Ora, in seguito ad un accordo intergovernativo del dicembre 2017, l’Italia sta inviando 470 militari e 130 veicoli in Niger, per controllare il territorio e fermare i migranti prima che raggiungano la Libia.

Questa spinta imperialista verso gli stati confinanti a sud della Libia è accompagnata da una campagna di repressione razziale a tutti gli effetti contro gli immigrati e rifugiati che cercano asilo in Italia. Il decreto Minniti-Orlando del 12 aprile 2017 ha accelerato e semplificato le deportazioni con procedimenti sommari, senza dibattito o appello. Ha rafforzato le operazioni di polizia dirette a intervenire contro gli immigrati (e contro i manifestanti), ha istituito manodopera “volontaria” non retribuita (cioè schiava) da parte di coloro che cercano di ottenere lo status di rifugiato e ha esteso il numero dei centri di espulsione. Appaiono stroncate sul nascere, timide proposte per una legislazione che riconosca uno Ius Soli, limitato, che potrebbe offrire ad alcuni dei figli dei immigrati, quelli nati in Italia, un arduo “percorso per ottenere la cittadinanza”.1

La spinta imperialista in nord Africa e la campagna interna razzista in Italia sono parte di un attacco generale contro l’intera classe operaia e gli oppressi. Decine di migliaia di insegnanti ora rischiano la de-certificazione e licenziamenti di massa, il numero di “poveri assoluti” è esploso saltando a 4,5 milioni, l’ineguaglianza dei redditi continua a crescere come continuano i tagli dell’austerità. Sotto il Jobs Act, i giovani sono condannati a contratti di lavoro a breve termine, senza stabilità occupazionale, il diritto allo sciopero è stato svuotato e sono stati facilitati licenziamenti arbitrari, con il pretesto di rendere il capitalismo italiano “competitivo”. Sebbene ora tutti i candidati professano vuote promesse elettorali, qualsiasi alleanza elettorale tra loro vincesse, inevitabilmente subito dopo le elezioni si farà promotrice delle misure di austerità più brutali.


Migliaia di migranti assieme ad altri lavoratori  protestano contro sfruttamento, razzismo e repressione: contingente di SI Cobas, Roma, 24 febbraio.  (Foto: Massimo Percossi/ANSA)

Ora il sindacato SI Cobas ha fatto appello per una manifestazione nazionale a Roma il 24 febbraio, contro lo sfruttamento, il razzismo e la repressione. Quale forza di sinistra non sarebbe contro queste piaghe? La domanda è cosa farne. La forza lavoro in gran parte immigrata guidata dai SI Cobas ha combattuto molte lotte in ambito della logistica e anche in altri settori conseguendo alcune vittorie. Noi ci auguriamo che il loro spirito combattivo possa diffondersi negli altri settori. Molte delle richieste avanzate nell’appello alla manifestazione sono sostenibili, come la “riduzione dell’orario di lavoro con forti aumenti salariali”, l’abolizione del Jobs Act, il “no alla privatizzazione dell’istruzione”, il “no all’alternanza scuola-lavoro”, il “no al lavoro gratis” ecc. Alcune di queste rivendicazioni sono addirittura migliori di quelle sostenute dalla maggior parte della sinistra, in particolare la rivendicazione di un “diritto al soggiorno, all’asilo, alla cittadinanza e al lavoro a salario pieno per tutti gli immigrati che giungono sui nostri territori in fuga dalla miseria e dalle guerre prodotte in nome della democrazia per gli interessi imperialisti”. Però, come possono essere realizzate tutte queste cose buone?

Nell’ampia lista di richieste per la manifestazione del 24 febbraio non si fa menzione di ‘rivoluzione’ e nemmeno di richieste transitorie, come sarebbe quella del ‘controllo operaio’. Né ci sono particolari richieste, ne sollevano l’oppressione delle donne. Nel complesso, il programma SI Cobas è per una sorta di sindacalismo militante su vasta scala. Nell’appello, in particolare, non ci sono inviti concreti all’azione. In loro assenza quest’appello a “costruire un fronte unico di classe anti-capitalista” finirà per essere un blocco di propaganda, dove s’insabbiano le differenze programmatiche, combinato con una rete di solidarietà “che si colleghi strettamente ai conflitti sociali in corso su scala internazionale”. Un genuino Fronte Unico, come la tattica propugnata dalla allor-giovane Internazionale Comunista, è un appello all’azione congiunta su di un tema specifico, che si mette in pratica mentre i vari gruppi che vi partecipano mantengono la loro indipendenza e i loro programmi, secondo il motto “marciare separatamente, colpire uniti”.

In particolare, nell’attuale clima d’isteria anti-immigrazione e attacchi fascisti, sono necessarie mobilitazioni di massa che mettano in campo il potere della classe operaia per fermare i fascisti, ciò comprende la formazione di gruppi di difesa di operai alla guida di azioni congiunte di operai-immigrati uniti per fermare le deportazioni, mentre si combatte insieme per la rivendicazione dei pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati. Una lotta efficace, per distruggere il Jobs Act e fornire posti di lavoro a tutti, coinvolgerebbe in occupazioni dei luoghi di lavoro e nella formazione di comitati operai che uniscano tutti i sindacati e tutti i lavoratori non organizzati in specifici luoghi di lavoro. Una lotta contro la guerra imperialista richiederebbe iniziative volte a vincere i soldati alla causa operaia e a organizzare azioni di lotta di classe per bloccare i trasporti, chiudere le strutture portuali, ecc. Soprattutto, un’avanguardia rivoluzionaria sottolineerebbe che non si possono ottenere vittorie durature a meno che non si realizzi una rivoluzione socialista internazionale in tutti i paesi dell’Europa e anche oltre.

La sinistra e le elezioni

Ciò che la sinistra, addomesticata, contrappone alle tre principali coalizioni borghesi di Forza Italia / Lega, Cinque Stelle e del PD, con le sue varie appendici di politici borghesi ‘senzatetto’ politico, è un misto di populismo borghese e di riformismo socialdemocratico. Il primo incontro nazionale di Potere al Popolo, PaP, si è svolto a Roma il 18 dicembre. Questa lista di fronte popolare elettorale, dunque una lista borghese, è stata avviata dal centro sociale Je so pazzo a Napoli, che sostiene l’ex giudice borghese, Luigi De Magistris, l’attuale sindaco di Napoli. Di fatto, De Magistris ha iniziato a privatizzare, a condurre la guerra contro i lavoratori dei trasporti e ad amministrare l’austerità capitalista a Napoli sino dal 2011. Ecco, questo è il tipo di “potere popolare” che il PaP sta richiedendo. De Magistris ha inviato un messaggio di sostegno all’assemblea.

Ai convenuti si sono rivolti gli interventi da parte di Podemos, di Spagna, e da parte de La France Insoumise di Jean-Luc Mélanchon. Podemos è virulentemente anticomunista, mentre Mélenchon durante la sua recente campagna elettorale ha bandito le bandiere rosse avvolgendosi invece nel Tricolore francese ha fatto appello a una “rivoluzione dei cittadini”. I deputati del suo Parti de Gauche (Partito di Sinistra) hanno votato per lo “stato di emergenza” come parte della “guerra al terrore imperialista”, che ha drasticamente ridotto le libertà civili. Il programma di PaP richiede il “controllo popolare” delle istituzioni (borghesi), il “controllo democratico” del capitalismo e una “società più libera, più giusta, più equa”. È pieno di idiozie su come “riconquistare la sovranità popolare”, riferimenti al “nostro paese Italia” (i comunisti non hanno paese), alla “difesa e riaffermazione della costituzione (borghese) nata dalla Resistenza” e a come il “sistema giudiziario” borghese sia presumibilmente “un bene comune”. Il programma populista borghese non richiede la rivoluzione degli operai né il potere operaio e nemmeno la lotta di classe; ma è semplicemente per il “controllo democratico del mercato”.

Il PaP include quello che rimane di Rifondazione Comunista (RC), il Partito comunista italiano (PCI) di Mauro Alboresi, i nazionalisti italiani di Eurostop, Contropiano e Rete dei Communisti, la sinistra social-democratica completamente codista, la Sinistra Anticapitalista (collegato al Comitato Internazionale pseudo-trotskista, ex Segretariato Unificato) e vari altri esponenti opportunisti di sinistra. Ma, il messaggio populista borghese del PaP è che sia “il popolo” a controllare il funzionamento del capitalismo, proprio come il suo alleato Podemos in Spagna, che è proprio quello che sta facendo quando amministra l’austerità capitalista a Madrid, Barcellona, Valencia e in altre città, esattamente come fa De Magistris a Napoli. O come sta facendo in Grecia il populista borghese SYRIZA (Coalizione della Sinistra Radicale), che spinge l’austerità in gola ai lavoratori greci attaccando ora i diritti sindacali.

Attualmente, dopo un decennio di continue crisi economiche e il totale fallimento delle lotte sindacali riformiste (come gli impotenti “scioperi generali” di un giorno), si è verificato il nascere di un’ondata di movimenti populisti borghesi (SYRIZA, Podemos, France Insoumise, Bernie Sanders negli Stati Uniti) e il crescere di quello socialdemocratico riformista di Jeremy Corbyn nel Labour Party britannico, nel mentre la classe dominante cerca di incanalare il malcontento nel vicolo cieco della politica parlamentare. Questi movimenti non hanno fatto recedere di una iota la classe capitalista anti-operaia. Invece, la politica di “normale amministrazione” è stata interrotta dal sorgere di un’ondata di razzisti ultra-radicali di destra e di forze fasciste a pieno titolo che vivono e si alimentano del fallimento della sinistra per arginare il crescente impoverimento della classe operaia e di settori della classe media.

Sinistra Rivoluzionaria propugna il riformismo socialdemocratico

Sinistra Classe e Rivoluzione (SCR), collegata alla Tendenza Marxista Internazionale (TMI), e il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) si sono uniti in un cartello elettorale per le elezioni del 4 marzo per presentare una lista denominata Sinistra Rivoluzionaria (SR). Si presentano come “anticapitalisti, rivoluzionari, comunisti, classisti e internazionalisti” e affermano di essere “la voce di quelle organizzazioni politiche, le uniche, che non hanno mai tradito gli sfruttati e gli oppressi”. Anche SR, con un atteggiamento altrettanto sembiante di sinistra, scrive di “un’offensiva borghese di tutti i governi e tutti i partiti del governo, incluso il governo Tsipras SYRIZA-ANEL che tutte le sinistre ‘riformiste’ italiane ed europee continuano a sostenere acriticamente”.

Ciò che le dichiarazioni elettorali della coalizione SR non dicono è che la TMI ha salutato l’elezione di SYRIZA nel novembre 2015, o che il PCL ha sostenuto l’elezione di De Magistris come sindaco di Napoli nel 2011. Inoltre, il gruppo della TMI in Grecia all’epoca si proponeva come parte della Tendenza Comunista di SYRIZA. Il fatto che la TMI fosse parte di un tale partito borghese non infastidisce, poiché per anni ha rappresentato “l’ala marxista” dei partiti capitalisti populisti, dal Partito del Popolo pakistano di Benazir Bhutto al Partito della Rivoluzione Democratica in Messico. La TMI ha inoltre sostenuto il nazionalista borghese Mélenchon alle recenti elezioni francesi. Il concetto di linea di demarcazione tra ‘borghese’ e ‘proletario’ è del tutto estraneo a questi opportunisti, che considerano le forze di polizia (il braccio armato del capitalismo) parte della classe operaia.2

La SCR/TMI sostiene gli scioperi della polizia, chiede la sindacalizzazione degli sbirri, si vanta di vendere il loro giornale alle manifestazioni della polizia (proprio come Falce Martello ha fatto storicamente in Italia) e da tempo proclama che i poliziotti sono “operai in uniforme”. Quando gli agenti di polizia, professionisti della repressione di classe scioperano, lo fanno per aumentare il potere repressivo. Noi della LQI diciamo che “la polizia deve andarsene fuori dai sindacati”, in Brasile abbiamo combattuto come nessun altro per quest’obiettivo, per cui i nostri compagni sono stati repressi da polizia e dai tribunali capitalisti. Il sostegno della TMI alla polizia è coerente con la loro richiesta di un parlamento britannico dominato dal Labour Party che approvi un “Enabling Act” che nazionalizzi le maggiori aziende e istituisca il ‘socialismo in parlamento’, mentre lo stato borghese rimane intatto.

Il PCL, centrista di destra, non ha problemi a condividere una lista elettorale con la SCR, che è completamente social-democratica, perché raschiando in fondo in fondo hanno lo stesso programma. La loro piattaforma comune, Sinistra Rivoluzionaria, presenta una lunga lista di richieste che dà indicazione per un governo socialdemocratico “di sinistra” di uno stato borghese, una versione idilliaca del capitalismo da “welfare state”. Piuttosto che chiamare per far cadere il regime parlamentare borghese anti-operaio, sostituendo la dittatura del capitale con il potere dei consigli operai (soviet), la dittatura rivoluzionaria del proletariato, parla vagamente di “democrazia dei lavoratori” che si assicuri che “il controllo da parte dei lavoratori debba essere esteso a tutti gli ambiti della vita pubblica”. Richiede una serie di nazionalizzazioni (di società ora privatizzate, dei grandi consorzi industriali, dei trasporti, delle telecomunicazioni, dell’energia e dell’acqua, ecc.). Ma anche se questi fossero nazionalizzati, o ri-nazionalizzati, resterebbero comunque imprese capitaliste, soggette al mercato, governate dalla spinta al profitto.

Lungi dall’essere un programma rivoluzionario, questo sarebbe un ritorno all’Italia degli anni ‘50 del secolo scorso, quando l’economia era dominata da compagnie statali (ENEL, ENI, AGIP, Alitalia, ecc.). L’appello della SR per una “economia sotto il controllo dei lavoratori” è un fantasma riformista in ogni circostanza, a corto di una rivoluzione socialista che rovesci lo stato capitalista. Quando si parla di mettere “le imprese nazionalizzate sotto il controllo e la gestione dei lavoratori”, questo non è il programma bolscevico di controllo operaio, che come Trotsky ha spiegato nel programma transitorio equivale ad una condizione di doppio potere in fabbrica, ma il concetto riformista di amministrazione d’imprese mentre il capitalismo rimane intatto. E che dire della cruciale questione dell’apparato repressivo dello Stato borghese: le forze armate, la polizia e il sistema giudiziario? Quando dice “no all’imperialismo”, il programma di SR chiede solo un cambio di politica (“nessuna partecipazione a missioni militari straniere”) e una “drastica riduzione delle spese militari”. Ma, l’imperialismo non è una politica, è il capitalismo al suo stadio di decadenza avanzata.

Al contrario, i comunisti come Karl Liebknecht, durante la prima guerra mondiale dicevano “né un uomo, né un soldo per l’esercito borghese”, mentre Lenin chiamava ad una guerra civile contro la guerra imperialista. La borghesia non si disarmerà mai a prescindere da chi è in parlamento, perché il suo dominio di classe si basa su un apparato repressivo che deve essere distrutto da un proletariato vittorioso. Naturalmente, il programma di SR non pretende che la polizia esca dal movimento operaio.

Il PCL, tramite il suo predecessore Proposta, ha una lunga storia di sostegno a governi borghesi e/o forze che vi prendono parte. Proposta, infatti, sostenne il primo governo Prodi del 1996-98; votò per i “progressisti” del governo Ciampi nel 1994, per il governo Dini nel 1995, per Jospin in Francia, per l’amministrazione locale a Genova di Pericu, e anche altre amministrazioni municipali locali. Dopo esser usciti da Rifondazione Comunista nel 2006, il PCL, direttamente, ha chiamato per un voto al governo Hollande in Francia, ha votato per De Magistris a Napoli e Pisapia a Milano alle elezioni dei sindaci del 2011. Per quanto a nostra conoscenza, la direzione del PCL non ha mai ripudiato i tradimenti di fronte popolare perpetrati da Proposta nel periodo in cui era in seno a Rifondazione Comunista, cioè dal 1990 al 2006, perciò a quanto ci risulta, di fatto, mantiene le sue politiche. Questo non ha fermato questi opportunisti dall’assumere una postura di sinistra, una a buon mercato.

Così il PCL, in un articolo del 10 dicembre 2017, cita il segretario di Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo, del PaP che si oppone a coloro che vogliono unirsi con i politici borghesi ex-PD D’Alema e Bersani. Il PCL correttamente ricorda a RC che “Rifondazione Comunista ha governato per un totale complessivamente di cinque anni negli ultimi venti, tra il sostegno al primo governo Prodi (1996-98) e la sua partecipazione organica al secondo (2006-08)”. Bene! Vorremmo però ricordare al PCL che anche il suo predecessore Proposta ha sostenuto il primo governo Prodi (che dipendeva dai voti di RC in parlamento) mentre si trovava all’interno di RC. Il governo Prodi sostenuto da RC e Proposta ha introdotto salari più bassi nel sud e “flessibilità” nei rapporti di lavoro (con il Patto Treu), ha stabilito prigioni e centri di espulsione per gli immigrati (con la legge Napolitano) e ha compiuto un’austerità crudele. La SCR (allora Falce Martello), da parte sua, era all’interno di RC anche durante secondo governo Prodi dal 2006-08.

Forgiare una genuina avanguardia leninista-trotskista

L’appello dei SI Cobas per la manifestazione del 24 febbraio si presenta con una lieve denuncia, da un punto di vista sindacalista, della partecipazione al “teatro elettorale borghese”, quando scrive che “conquiste e diritti si strappano con la lotta, in sua assenza il voto non può che portare a illusioni e delusioni”. Lenin intraprese a suo tempo una lotta contro i “comunisti di sinistra” che si rifiutavano di partecipare alle elezioni borghesi. Queste possono essere usate come una tribuna per diffondere il programma rivoluzionario come, in effetti, hanno fatto i bolscevichi alle elezioni della Duma zarista nel 1912. Tuttavia, è vero che il programma proposto dalla Sinistra Rivoluzionaria non è per la lotta di classe rivoluzionaria, ma per un riformismo socialdemocratico, che può davvero solo portare a “illusioni e delusioni”. Infatti chiedere la nazionalizzazione di banche in bancarotta come la Monte dei Paschi di Siena non è una richiesta anti-capitalista, ma un tentativo di sostenere il vacillante sistema bancario. In questo avanzato stato di putrefazione, lo “stato sociale” capitalista di un tempo è morto e scomparso. Mentre i sindacati hanno provato invano a combattere per riportarlo indietro, questa inefficacia ha avuto un effetto demoralizzante sui lavoratori. Oggi le lotte di classe di successo possono solo essere intraprese con un programma rivoluzionario.

L’appello SI Cobas chiama per un non ben identificato “fronte unico anticapitalista”, come fanno regolarmente alcuni gruppi di sinistra in Italia come il PCL e la Frazione Internazionalista Rivoluzionaria (FIR, associata a Fracciòn Trotskista, FT). Molti lavoratori con coscienza di classe si stanno rendendo conto che un sindacato non può essere un partito rivoluzionario e alcuni ora stanno proponendosi il compito di crearne uno. Alcuni quadri del SI Cobas, ex organizzazioni bordigiste, alcuni membri di un gruppo di Napoli e altri assortiti hanno discusso sulla necessità di creare un partito operaio rivoluzionario. Ma come Lenin sottolineava nel “Che fare?”, un partito rivoluzionario non può essere costruito semplicemente aggiungendo una dimensione politica alla lotta economica. Un partito genuinamente leninista (che è quello di cui i lavoratori e gli oppressi in Italia hanno urgente bisogno) deve basarsi su principi chiari e su un programma coerente per la rivoluzione socialista. Ma sembra che gli unici punti principali su cui queste varie forze concordano siano il sindacalismo militante e l’etichettatura della Cina quale “capitalista di stato”.

La conclusione politica della designazione di “capitalismo di stato” è quella di rifiutarsi di difendere gli Stati operai deformati di Cina, Corea del Nord, Vietnam e Cuba contro l’imperialismo e contro le forze interne della controrivoluzione, per poi aprire ad un sostegno aperto all’imperialismo. E’ il processo che Karl Kautsky, all’epoca centrista, mostrò quando coniò il termine “capitalismo di stato” per descrivere la nascente repubblica sovietica, è solo un breve passo da lì a sostenere l’imperialismo. Il ricongiungimento pseudo-trotskista di FIR e FT ne è un esempio. La Fracción Trotskista ha avuto il suo battesimo chiamando nel 1989-90 per una “assemblea costituente” (il suo marchio di fabbrica) in tutta la Germania, nell’Occidente imperialista e nella RDT (Germania dell’Est). Hanno anche fatto appello alla dissoluzione del Patto di Varsavia (l’alleanza militare del blocco sovietico) e al ritiro delle truppe sovietiche dalla RDT. Dato il peso schiacciante dell’imperialismo tedesco e della rovina del regime stalinista, questa era una richiesta di controrivoluzione travestita in abiti falsi “democratici”.

Oggi, la FIR/FT definisce la Cina come “capitalista di stato”, come fa la maggior parte della sinistra opportunista, PCL, SCR e PdAC inclusi, (molti sostengono addirittura che sia imperialista). La FIR/FT si rifiuta di difendere la Corea del Nord contro l’imperialismo USA, che dal 1950 al 1953 ha bombardato tutte le sue principali città e ucciso tre milioni di nordcoreani e molti soldati cinesi. Il punto politico più generale per tutti i “capitalisti di stato” è che chi capitola all’imperialismo sulla “questione russa”, inevitabilmente praticherà la collaborazione di classe in generale.

Un partito genuinamente comunista non può essere costruito su simili basi. I trotzkisti rivoluzionari sono per la difesa militare incondizionata degli stati operai deformati contro l’imperialismo e per la rivoluzione politica proletaria per cacciare le burocrazie parassitarie staliniste nazionaliste e istituire la democrazia sovietica, come parte della lotta per la rivoluzione proletaria mondiale. Noi della Lega per la Quarta Internazionale, LQI, abbiamo insistito sulla necessità di coerenza tra le nostre parole e le nostre azioni: abbiamo condotto la lotta per cacciare la polizia dai sindacati in Brasile nel 1996; nel 1999 abbiamo acceso la scintilla della prima azione di sciopero dei lavoratori che esigeva la libertà per il prigioniero politico rivoluzionario nero Mumia Abu-Jamal, che giace nel braccio della morte, mobilitando sia gli insegnanti di Rio de Janeiro che i lavoratori portuali della costa occidentale degli Stati Uniti; abbiamo fatto appello all’intervento degli operai per fermare l’invasione imperialista e l’occupazione dell’Iraq fin dall’inizio del 2003; e infine, abbiamo svolto un ruolo importante nel realizzare lo sciopero del primo maggio del 2008 che chiuse tutti i porti degli Stati Uniti della costa occidentale come azione di protesta contro la guerra in Iraq e Afghanistan.

In Messico, il Grupo Internacionalista, GI, ha acceso la scintilla della formazione di guardie di difesa operaie mobilitando centinaia di operai di un impianto di produzione di energia elettrica allo scopo di difendere lo sciopero durato più di dieci mesi all’Università Nazionale (UNAM), nel 1999-2000. Il GI è intervenuto attivamente su larga scala negli scioperi esplosivi, nel 2006, 2013 e 2016, degli insegnanti che hanno paralizzato Oaxaca e il Messico meridionale. Negli Stati Uniti, a New York City, l’Internationalist Group, IG, ha svolto un ruolo importante nella sindacalizzazione di cantieri di lavoratori immigrati (molti di loro privi di documenti). Più recentemente, l’organizzazione Class Struggle Workers, CSW, di Portland, alleata fraterna dell’IG, ha avviato lo scorso giugno la mobilitazione dei lavoratori per fermare i fascisti a Portland, e sempre l’IG ha svolto un ruolo importante in uno sforzo del tutto simile a San Francisco, in agosto, quando i fascisti sono stati costretti ad annullare il loro rally. Inoltre, i lavoratori del Class Struggle Workers di New York, hanno avviato comitati sindacali per fermare le deportazioni e difendere gli immigrati nelle scuole, negli ospedali e nelle università.

Un partito di rivoluzionari proletari professionisti, come fu costruito dai bolscevichi russi, deve essere basato su di un solido programma leninista-trotskista. Altrimenti capitolerà o cadrà al primo vero test. Noi del Nucleo Internazionalista ­d’Italia, NId’I/LQI ci dedichiamo a forgiare questo partito.  ■


  1. 1. Ius Soli (diritto di cittadinanza per nascita sul suolo), un pieno diritto renderebbe automaticamente cittadini tutti i nati sul territorio del paese, come è il caso negli Stati Uniti (a seguito della guerra civile americana che ha stabilito la cittadinanza per gli ex schiavi) e quasi tutti i paesi dell’America latina. La proposta presentata da Minitti e dal governo del PD è molto più blanda, prevedendo che i figli d’immigrati residenti legali da lungo tempo, nati sul suolo italiano, possano a certe condizioni diventare cittadini passando test di reddito e di lingua. Ma anche questa proposta non è andata a buon fine in parlamento. I trotzkisti fanno appello invece alla rivendicazione di pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati, indipendentemente da come o quando essi siano arrivati, un fondamentale diritto democratico stabilito soltanto dalla Rivoluzione francese del 1789, dalla Comune di Parigi del 1871 e dalla Rivoluzione Russa bolscevica del 1917.
  2. 2. Vedi l’articolo “Her Majesty’s Social Democrats in Bed with the Police,” The Internationalist No. 29, Estate 2009.