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  settembre 2025

Lo sciopero di massa per Gaza blocca l’Italia

Per un’azione di sciopero internazionale per fermare il genocidio a Gaza perpetrato da USA e Israele!

Centinaia di migliaia di palestinesi in fuga da Gaza City, diretti a Sud verso una  “zona sicura”, di fronte all’offensiva israeliana. Mezzo milione è rimasto indietro mentre la carestia si diffonde. (Foto: Saher Alghorra per The New York Times )

Lavoratori dei trasporti: blocchiamo le armi e tutte le merci per e da Israele!

Costruire un partito comunista leninista-trotskista!

Mentre una devastante carestia si sta diffondendo a Gaza come frutto della politica israeliana di deliberato sterminio di massa per fame della popolazione palestinese,1 il 17 settembre l’esercito ha scatenato il tanto a lungo minacciato assalto su vasta scala su Gaza City. Le strazianti foto e video mostrano l’esodo di 350.000 residenti che portano con sé i propri beni essenziali lungo il loro cammino verso l’ultima dichiarata “zona di sicurezza”, che l’esercito israeliano ha ripetutamente bombardato in passato. Eppure, più di mezzo milione di persone sono rimaste indietro, rifiutandosi di andarsene o essendo impossibilitate a farlo. L’incessante massacro sionista, che ha ormai provocato oltre 100.000 vittime,2 s’intensifica ogni giorno. Inorridite dal cataclisma al quale stanno assistendo in tempo reale, milioni di persone in tutto il mondo gridano disperatamente di fermare la distruzione del popolo palestinese.

Adesso questo grido di dolore si è combinato con un’eccezionale mobilitazione della forza della classe operaia. Il 22 settembre l’Italia è stata sconvolta da uno sciopero di massa contro il genocidio a Gaza, indetto dai combattivi sindacati di base sotto la parola d’ordine “Blocchiamo tutto!” Ci sono state proteste in 80 città, con cortei di 20.000 persone a Genova, 50.000 a Bologna e oltre 60.000 a Milano, dove la polizia ha attaccato i manifestanti, e una mobilitazione di almeno 300.000 persone a Roma (Il Manifesto, 23 settembre). I sindacati hanno scioperato sulle linee ferroviarie Trenitalia, Italo e Trenord. Le stazioni ferroviarie sono state occupate, le scuole chiuse, l’autostrada A1-Roma-Milano è stata interrotta dai manifetanti in tre diversi punti e i porti di Genova, Livorno, Trieste, Venezia, Ancona e Palermo sono stati bloccati. Tre giorni prima la CGIL, la principale federazione sindacale, aveva indetto uno “sciopero generale” più limitato.


22 settembre 2025. Decine di migliaia di manifestanti sono sixes in strada a Torino, in sciopero contro il genocidio a Gaza. (Foto: Stefano Guidi / Getty Images)

Il massacro a Gaza non è soltanto un crimine di Israele, ma è anche un genocidio congiunto sionista/imperialista. Questo non sarebbe un crimine fattibile senza la diretta partecipazione degli Stati Uniti, i quali forniscono tutte le grosse bombe e tutti gli aerei da guerra che le sganciano, e quella degli altri imperialisti della NATO che gli inviano armi, pezzi di ricambio e munizioni per questa guerra di sterminio contro la popolazione araba palestinese.3 Sin dall’inizio, la Lega per la Quarta Internazionale (LQI) ha fatto appello a “azioni operaie contro l’invio di armi a Israele e all’Ucraina”,4 e, in vista del Primo Maggio 2024, in risposta a un appello della Federazione Generale dei Sindacati Palestinesi (FGSP) di Gaza, la LQI ha lanciato una campagna a tale scopo. Negli Stati Uniti, il Local 10 dell’International Longshore and Warehouse Union (ILWU) ha votato all’unanimità una mozione di “rifiutarsi di movimentare carichi militari destinati a Israele”.5

L’urgenza di tali azioni è stata sottolineata da un recente appello (del 1° settembre) della FGSP rivolto a gruppi per i diritti umani e ai lavoratori negli Stati Uniti e in tutto il mondo:

“Vi esortiamo a mobilitare tutte le vostre energie, le vostre risorse, i vostri sforzi e le vostre iniziative per interdire le armi israeliane di assassinio di massa, e a utilizzare tutti i mezzi possibili per fermare il continuo olocausto al quale il nostro popolo palestinese è sottoposto quotidianamente e impedire all’amministrazione statunitense di fornire armi a questa occupazione.”

Nel frattempo, una Global Sumud Flotilla6 che trasporta aiuti umanitari per Gaza ha conquistato l’attenzione dei mass media, dei gruppi per i diritti umani, del movimento operaio e delle organizzazioni di sinistra di tutto il mondo. La flottiglia, che è formata da circa 50 imbarcazioni, ha a bordo centinaia di attivisti e di volontari provenienti da circa 45 paesi. Ogni tentativo di questo tipo, a partire dal 2008, è stato accolto da una brutale repressione sionista. Questa volta, la flottiglia è già stata attaccata da droni mentre era ancorata al largo della Tunisia. Il 30 agosto, la notte prima della partenza delle imbarcazioni, mentre 40.000 manifestanti si radunavano sul lungomare di Genova, un dirigente del Colletivo Autonomo Lavoratori Portuali (CALP) di Genova rivolgendosi alla folla ha dichiarato che, se la flottiglia fosse stata attaccata, “noi lanceremo uno sciopero internazionale, bloccheremo le strade, bloccheremo le scuole, bloccheremo tutto”.

1° settembre 2025. la Global Samud Flotilla alla partenza dal porto di Genova.

L’intento della flottiglia è quello di attrarre l’attenzione internazionale sulla carneficina che si sta compiendo a Gaza e anche di esercitare una pressione sui governi occidentali affinché tengano a freno gli israeliani. Poi quanto poco il regime sionista si preoccupi dell’opinione pubblica è stato dimostrato nel 2010, quando i marines israeliani attaccarono la Gaza Freedom Flotilla assassinando almeno nove degli attivisti, molti dei quali furono colpiti a distanza ravvicinata, e ferendone 57.7 Riguardo la pressione dei paesi NATO, l’Australia, il Belgio, il Canada, la Francia e il Portogallo hanno annunciato che riconosceranno uno stato palestinese all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite attualmente in sessione (unendosi ai 147 Stati membri dell’ONU che già l’hanno fatto). Tuttavia, questo gesto simbolico non rallenterà gli assassini di massa israeliani nemmeno per un istante mentre gli imperialisti della NATO continueranno ad armare Israele.

Molti liberali ed esponenti della sinistra e un numero ragguardevole di sindacati fanno appello ai “loro” governi affinché smettano di inviare armi a Israele. Molti sostengono anche il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (“BDS”) contro Israele, che è chiaramente un appello ai governanti imperialisti. Si tratta di un vicolo cieco, giacché lo stato sionista è un alleato vitale per il dominio occidentale sul Medio Oriente, e serve a occultare il fatto fondamentale che gli imperialisti sono corresponsabili del genocidio sionista. Un resoconto dello sciopero del 22 settembre ha affermato che i manifestanti erano scesi in piazza “per costringere il governo Meloni a smetterla di foraggiare di armi e munizioni l’esercito israeliano, per rompere le relazioni diplomatiche e commerciali con uno Stato che agisce barbaramente contro ogni regola internazionale” (Contropiano, 23 settembre 2025). Ma che senso ha chiedere al governo italiano di estrema destra guidato dai fascisti di far rispettare le “regole internazionali”?!

L’“ordine” mondiale “basato sulle regole”, che ha predominato dopo la distruzione controrivoluzionaria dell’URSS e degli Stati operai burocraticamente deformati del blocco sovietico, obbedisce ai dettami di Washington. Esso ha incluso le forze di spedizione italiane nell’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003, nonché i 50.000 soldati italiani e i 150.000 soldati tedeschi impiegati nei vent’anni di occupazione imperialista statunitense dell’Afghanistan. Queste “guerre eterne” hanno ucciso oltre un milione di persone in Medio Oriente, superando, di gran lunga, il macabro bilancio dei massacri sionisti a Gaza. Adesso questi imperialisti “democratici” vogliono mettere insieme l’ennesima “coalizione dei volenterosi” per fornire “garanzie di sicurezza” al governo fantoccio imperialista dell’Ucraina e al suo esercito infestato di fascisti. In realtà queste “forze per il mantenimento della pace” servirebbero soltanto da innesco per scatenare la Terza guerra mondiale.

I milioni di persone che desiderano ardentemente porre fine al mostruoso genocidio contro il popolo palestinese non possono affidarsi ai guerrafondai imperialisti coi loro infidi discorsi di “cessate il fuoco”. Spetta ai lavoratori e agli oppressi spezzare le catene logistiche e abbattere i ponti aerei e marittimi che riforniscono la macchina bellica israeliana. Gli operai dotati di una coscienza di classe devono utilizzare la propria forza proletaria per cacciare gli occupant sionisti da Gaza e dalla Cisgiordania. Noi facciamo appello ai sindacati a bloccare l’invio di armi e, in questo momento, mentre la guerra contro Gaza si intensifica ancora una volta, a bloccare tutte le spedizioni e i trasporti di merci provenienti da e dirette verso Israele. Allo stesso tempo, scioperi di massa dovrebbero essere indetti contro i governanti imperialisti al fine di bloccare la produzione, esigendo la fine della guerra genocida contro Gaza.

L’azione dei lavoratori portuali contro le armi a Israele

I sionisti sono preoccupati. Il sito web israeliano Shomrim ha riportato un “articolo di denuncia”, pubblicato anche dal Times of Israel (19 agosto) e (in ebraico) dalla N12 Magazine, intitolato “I portuali di tutta Europa lavorano insieme per fermare le spedizioni di armi a Israele”. L’articolo metteva in guardia:

 “Queste proteste guidate dai lavoratori, insieme all’embargo sulle armi messo in atto da alcuni paesi e al rischio che gli attacchi degli Houthi blocchino le rotte di trasporto asiatiche, stanno esercitando una forte pressione sulla già logora catena di approvvigionamento israeliana – un sistema complesso che è vitale per l’accesso di Israele alle armi. Nonostante la spinta del paese verso l’autosufficienza nella produzione di forniture militari, qualsiasi interruzione nelle consegne, anche di piccoli pezzi di ricambio, può portare a ritardi prolungati, comportando potenzialmente conseguenze strategiche.”

L’articolo aggiungeva poi: “Il Ministero degli Esteri ha risposto a Shomrim con la seguente dichiarazione: ‘La questione è nota e viene affrontata con i paesi interessati.’ In altre parole, ci si aspetta che i sostenitori europei di Israele adottino dei provvedimenti contro le azioni di solidarietà. Alla faccia dell’ipocrita “preoccupazione” dei capi dell’UE e della NATO per il genocidio.

Le preoccupazioni dei governanti israeliani sono giustificate. Inizialmente i sindacati in tutto il mondo hanno reagito blandamente agli appelli degli operai palestinesi a bloccare i carichi di materiali bellici diretti a Israele, e perfino le dichiarazioni dei portuali di Barcellona e dei lavoratori dei trasporti belgi sono rimaste per lo più sulla carta, come lamentato dalla FGSP nel suo appello del Primo Maggio 2024.8 Ma, con l’aggravarsi della terribile realtà del genocidio a Gaza, alcuni sindacati hanno iniziato a entrare in azione. Nel dicembre 2024 due terzi dei membri del sindacato svedese dei lavoratori portuali, lo Svenska Hamnarbetarförbundet, hanno votato a favore di un boicottaggio di sei giorni delle spedizioni militari dirette a Israele. Tuttavia, sebbene il vicepresidente di quel sindacato, Erik Helgeson, avesse affermato che si sarebbe trattato di un “atto principalmente simbolico”, dal momento che gli invii svedesi di materiale militare verso Israele sono molto scarsi, il primo giorno del boicottaggio egli è stato licenziato per presunta violazione della “sicurezza nazionale”.9


Il 20 aprile, gli operai portuali del Porto di Tangeri, Marocco, si rifiutano di caricare un cargo militare su di una nave diretta a Israele. (Foto: Abdel Majid Bziouat / AFP)

Poi, il 14 aprile, il sindacato dei portuali del Marocco ha chiamato i lavoratori del porto di Casablanca a rifiutarsi di scaricare o di effettuare la manutenzione della Nexoe Maersk, che avrebbe dovuto attraccare pochi giorni dopo per imbarcare un carico (che era stato trasportato da Houston, Texas, dalla Maersk Detroit) di pezzi di ricambio per i jet F-35 utilizzati per bombardare Gaza. A Casablanca i manifestanti hanno sfondato un cordone della polizia, ma sono stati fermati da un secondo cordone, mentre alcuni lavoratori hanno boicottato quella nave. Nave che ha subito un ritardo di 40 ore. Il 20 aprile, nel porto di Tangeri, 1.500 persone hanno protestato contro l’attracco della stessa nave e sono state caricate dalla polizia antisommossa di quella monarchia araba filo-israeliana.10 Secondo l’agenzia di informazioni Drop Site News, 18 dei 20 manovratori delle gru del primo turno e 27 dei 30 lavoratori del secondo turno si sono rifiutati di effettuare la manutenzione della nave, causandole un ritardo di un giorno e mezzo.

Il 4 e 5 giugno i lavoratori portuali della Confédération Générale du Travail (CGT) nel porto di Fos-sur-Mer, vicino a Marsiglia, si sono rifiutati di caricare equipaggiamento militare (avevano scoperto che il carico comprendeva 19 pallet di nastri di proiettili per mitragliatrici e canne di fucile di fabbricazione francese) sulla nave Contship Era, battente bandiera liberiana e diretta a Haifa, in Israele. I nastri di proiettili sono stati rimossi ma, non sicuri di riuscire a individuare in tempo le casse contenenti le canne di fucile, i portuali hanno contattato i lavoratori del porto di Genova, che era la destinazione successiva della nave.11 In seguito, l’11 luglio è stato annunciato che una spedizione di 122 tonnellate d’acciaio di tipo militare proveniente da Barcellona e destinata alle Israel Military Industries era stata annullata a causa di una minaccia di sciopero da parte del sindacato basco di sinistra LAB.


4 e 5 giugno 2025. Gli operai portuali della CGT al Porto di Fos-sur-Mer hanno bloccato un cargo militare diretto a Israele. Nella foto posano con lo striscione spiegato in difesa del sindacato svedese dei portuali e di Erik Helgeson, licenziato per aver presentato la risoluzione di fermare le armi destinate a Israele che sarebbero impiegate nel compiere genocidio. (Foto: Workers in Palestine)

Pochi giorni dopo, il 14 luglio, la nave Ever Golden, di proprietà giapponese ma battente bandiera panamense, attraccò al Pireo, il porto più grande della Grecia, per trasbordare un carico d’acciaio militare sulla Folk Damman, di proprietà saudita. Destinazione: il porto israeliano di Haifa. I lavoratori portuali greci organizzati nel sindacato ENEDEP si rifiutarono di mettervi mano, dichiarando: “Non scaricheremo un solo grammo di questo carico di morte.” L’ENEDEP è affiliato al PAME (Fronte militante di tutti i lavoratori), una federazione sindacale collegata al Partito comunista greco (KKE). Già nell’ottobre 2024 i portuali del Pireo avevano bloccato un container con 21 tonnellate di munizioni che stava per essere caricato a bordo della nave Marla Bull, diretta a Haifa, e in novembre i manifestanti del KKE avevano bloccato un convoglio di camion che trasportava munizioni e razzi diretto al regime fantoccio di Zelensky, in Ucraina.12

Il 7 agosto, ancora a Genova, alcuni scaricatori portuali salirono a bordo della nave saudita Bahri Yanbu, proveniente dal porto statunitense di Baltimora, per ispezionarla. Scoprirono che era carica di armi, munizioni e veicoli blindati. Il giorno dopo il CALP bloccò due accessi al porto per impedire il carico di materiale militare prodotto dall’industria italiana di armamenti Leonardo, materiale che comprendeva un cannone proveniente dagli stabilimenti OTO della Spezia. Questa volta anche il sindacato dei lavoratori dei trasporti della CGIL (la FILT) si è lamentato con le autorità portuali per le spedizioni di carichi militari in Medio Oriente. Si trattava della stessa nave che il CALP, in collaborazione con i sindacati dei lavoratori portuali francesi, aveva bloccato nel 2019 dopo averla trovata carica di armi destinate alla guerra dell’Arabia Saudita contro lo Yemen.13

E adesso, il 22 settembre, fino a un milione sono stati i manifestanti in tutta Italia che hanno risposto all’appello dell’Unione Sindacale di Base (USB), della Confederazione Unitaria di Base (CUB) e di altri sindacati “di base” a scioperare e a scendere in piazza per Gaza. Il SI Cobas, uno dei più grandi tra loro, ha dichiarato che avrebbe aderito allo sciopero. Negli ultimi due anni questi sindacati hanno indetto tre “scioperi generali” di una giornata (nel febbraio 2024, nel febbraio 2025 e nel giugno 2025) in solidarietà con i palestinesi, e gli organizzatori hanno ribadito il loro appello a favore di un’azione di sciopero internazionale se la flottiglia Sumud verrà fermata. Per amplificare quest’appello su scala europea, l’USB ha convocato una riunione dei lavoratori portuali europei per il 26 e 27 settembre sotto la parola d’ordine: “I portuali non lavorano per la guerra.” Si spera che questo possa stimolare in tutto il mondo l’azione operaia contro il genocidio a Gaza.


Lavoratori del porto e manifestanti hanno bloccato il Varco San Benigno, l’ingresso del Porto di Genova, durante lo Sciopero contro il genocidio a Gaza del 22 settembre 2025. (Foto: L'internazionalista)

In risposta alle crescenti azioni operaie per bloccare il trasporto di materiale bellico, il 15 settembre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, capo del governo di coalizione di estrema destra che include ministri apertamente fascisti, ha pronunciato un discorso nel quale ha affermato: “Potremmo trovarci in una situazione in cui le nostre industrie degli armamenti saranno bloccate.” Dato il crescente isolamento del paese, ha dichiarato, potrebbe rendersi necessario adottare un’economia “autarchica”, producendo tutto all’interno della fortezza sionista. Con una demenziale sparata fascistoide, e imitando Donald Trump, egli ha accusato la “migrazione illimitata” di aver imposto un’“agenda islamista” all’Europa occidentale. Mentre i carri armati Merkava israeliani scaldavano i motori per entrare in forze a Gaza il giorno dopo, egli ha affermato che Israele dovrebbe diventare una “super-Sparta”, riferendosi allo stato militarista dell’antica Grecia.14

La sua visione delirante ha fatto inorridire molti israeliani. La Borsa di Tel Aviv è crollata e l’influente Israel Business Forum ha dichiarato: “Noi non siamo Sparta.” “Gli storici hanno anche sottolineato che Sparta ha perso le sue guerre ed è stata distrutta” (Irish Times, 19 settembre 2005). Persino i destri hanno affermato di non voler vivere in uno stato che è in guerra perpetua con i propri vicini. Sebbene i critici liberali ritengano che Netanyahu sia l’unico responsabile dei crimini sionisti e che l’autarchia sia una fantasia, egli ha sicuramente espresso la logica ultima del sionismo in tutte le sue forme: uno stato “spartano” reazionario che sarebbe un inferno per i palestinesi e, come mise in guardia Trotsky, nel 1940, una trappola mortale per il popolo ebraico. Ma, per sfuggire a questo incubo distopico, gli operai di lingua ebraica dovrebbero rompere col sionismo e lottare per uno stato operaio palestinese arabo-ebraico, unendosi in particolare ai potenti proletariati, egiziano e turco, in una federazione socialista del Medio Oriente.

Indipendenza di classe dallo stato capitalista

I marxisti rivoluzionari sanno molto bene che rivolgersi a un governo borghese affinché metta fine all’invio di armi a Israele, è un programma destinato alla sconfitta. Ovviamente gli Stati Uniti, sia sotto la presidenza del democratico Joe Biden che sotto quella del repubblicano Trump, mantengono il loro appoggio “a prova di bomba” al genocidio sionista. Trump chiede esplicitamente l’allontanamento di tutta la popolazione palestinese da Gaza. Gli imperialisti europei, però, sotto la pressione popolare, stanno facendo ricorso a varie dichiarazioni e progetti per salvarsi la faccia. I governi, francese e britannico, chiedono ora il riconoscimento di uno “stato palestinese” (che non esiste). Ciò che intendono fare è sopprimere Hamas, il quale continua a godere di un sostegno perché si batte contro Israele, e consegnare le macerie di Gaza all’Autorità Nazionale Palestinese fantoccio15 o a un qualche regime arabo reazionario.


Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (il terzo da destra) e il ministro della guerra Boris Pistorius (a sinistra)  ispezionano la  brigata Bundeswehr che attualmente staziona a tempo indeterminato in Lithuania vicino al confine russo. (Foto: Michael Kappeler / DPA)

L’imperialismo tedesco (che è il secondo maggior fornitore dell’esercito israeliano dopo gli Stati Uniti), sotto la guida del cristiano-democratico Friedrich Merz (e del ministro della “Difesa” socialdemocratico Boris Pistorius), ha annunciato l’8 agosto un blocco delle esportazioni militari verso Israele “che potrebbero essere utilizzate nella Striscia di Gaza”. Tuttavia, oltre a sostenere il presunto “diritto all’autodifesa” dello stato sionista, il 13 agosto la Germania ha approvato la consegna a Israele di un sesto sottomarino di classe Dolphin, che è un elemento chiave dell’arsenale nucleare sionista.16 Mentre Berlino cerca di potenziare la propria industria militare (col pieno appoggio dei burocrati del sindacato dei metalmeccanici, l’IG Metall) in vista di una guerra totale contro la Russia, la sua polizia non solo reprime ferocemente le manifestazioni a favore della Palestina, ma il 1° settembre ha anche accerchiato e brutalmente aggredito una tradizionale marcia pacifista a Colonia.

Lo stesso sporco gioco viene perseguito da altri regimi della NATO. Dopo il suo insediamento al potere in Gran Bretagna nel 2024, il Labour Party ha proclamato che avrebbe vietato “le licenze per l’esportazione verso Israele di armi destinate a essere utilizzate nelle operazioni militari a Gaza”. Eppure da allora ha autorizzato l’esportazione di oltre 8.600 pezzi che il governo israeliano ha classificato come “munizioni da guerra”.17 E mentre il primo ministro laburista Keir Starmer parla di riconoscere uno Stato palestinese, il 7 settembre la polizia di Londra ha arrestato quasi 900 persone nel corso di una manifestazione di 300.000 a favore della Palestina. Nel frattempo i governi, spagnolo e irlandese, si atteggiano a critici di Israele, anche se il primo ha concesso all’industria militare israeliana, dall’inizio della guerra contro Gaza, contratti per oltre un miliardo di euro, e il secondo fornisce componenti di droni a un’azienda di armamenti israeliana mentre le armi statunitensi destinate a Israele transitano per gli aeroporti irlandesi.

Il regime turco di Recep Tayyip Erdoğan costituisce un esempio lampante di tali manovre. In agosto il governo di Ankara ha sostenuto di aver chiuso lo spazio aereo e i porti turchi agli aerei e alle navi israeliani. Ma le navi battenti bandiera straniera continuano a salpare dai porti della Turchia verso Israele. Nel maggio 2024 la Turchia aveva già affermato di avere interrotto qualsiasi commercio diretto con Israele, eppure merci come l’acciaio venivano semplicemente dirottate attraverso l’Autorità Nazionale Palestinese. Come ha osservato il sito di informazione libanese The Cradle (28 agosto): “Questo significa che, quasi due anni dopo l’inizio di un genocidio che Erdoğan denuncia pressoché quotidianamente, il petrolio continua a fluire dall’Azerbaigian a Israele attraverso la Turchia, Israele continua a ricevere minerali essenziali dalla Turchia e la base aerea turca di İncirlik viene ancora utilizzata dagli Stati Uniti per consegnare armi a Israele e per monitorare i cieli della regione allo scopo di difendere Israele e di favorire la sua guerra d’aggressione.”

Un programma rivoluzionario è fondamentale per spezzare la morsa burocratica

  Il Local 10 dell’International Longshore and Warehouse Union durante la manifestazione del Primo Maggio 2025 a Oakland, California, fa appello ad azioni operaie per fermare le deportazioni e impedire il carico di materiale militare destinato alla guerra genocida di Israele. (Foto: The Internationalist)

Ancor più dell’atteggiamento “a favore della pace” dei vari governi capitalisti, il più grande ostacolo all’utilizzo della forza operaia per porre fine al genocidio di Gaza è il tradimento delle burocrazie sindacali, che sono “luogotenenti del capitale in seno al movimento operaio”. In Gran Bretagna, dove i militanti sindacali hanno preso parte alle proteste contro l’azienda israeliana Elbit, che si occupa di armi e sorveglianza, i vertici sindacali non hanno fatto nulla e il governo laburista, fanaticamente filo-sionista, ha avviato una caccia alle streghe e ha messo al bando Palestine Action,18 con l’accusa grottesca di “terrorismo”. (Si prevedono arresti in massa di coloro che si oppongono a quella messa al bando alla conferenza del Labour Party di questo fine settimana.) Il 14 luglio Unite, che è il più grande sindacato britannico e che include i lavoratori dei trasporti, ha infine votato per “sostenere” i propri membri che si rifiutano di costruire, maneggiare o trasportare armi destinate a Israele. Ma non, ovviamente, per organizzare qualcosa.

Negli Stati Uniti la risoluzione del Primo Maggio 2024 adottata dal Local 10 dell’International Longshore and Warehouse Union della San Francisco Bay Area per “rifiutare di movimentare carichi militari diretti in Israele” e per “rispettare i picchetti di protesta contro la guerra a Gaza”, rifletteva la diffusa ripulsione del popolo lavoratore rispetto all’annientamento del popolo palestinese di Gaza. La storia del Local 10 nel rispettare i picchetti portuali a favore della Palestina è tale che l’impresa di trasporto marittimo israeliana Zim non fa più scalo in quel porto. Nel 1984 il Local 10 aveva intrapreso un’azione contro la nave sudafricana Nedlloyd Kimberley, e il Primo Maggio 2008 l’ILWU ha chiuso tutti i porti della Costa occidentale per protestare contro la guerra e l’occupazione imperialiste dell’Afghanistan e dell’Iraq. Eppure adesso i vertici dell’ILWU, al congresso sindacale del giugno 2024, hanno affossato l’energica risoluzione del Local 10.

La International Longshoremen’s Association (ILA) della Costa orientale è ancora peggio. Il presidente pro-Trump dell’ILA, Harold Dagget, ha ostentatamente esentato il trasporto di carichi militari dallo sciopero di tre giorni proclamato dal sindacato nell’ottobre 2004. Inoltre, mentre l’ILA ospitava in giugno a Charleston, North Carolina, un’assemblea dell’International Dockworkers Council (IDC) diretto dal figlio di Dagget, Dennis, insieme a una commemorazione della lotta dei “Charleston Five” contro la repressione dei membri dell’ILA nel corso del loro storico sciopero del 2000,19 Dagget padre ha rilasciato una vile dichiarazione che elogiava il bombardamento dell’Iran da parte di Trump. La cosa ha messo a disagio alcuni membri dell’IDC, ma la loro reazione è consistita nel rendere pubblica un’evasiva dichiarazione pacifista che non contiene neanche una sola parola contro Israele. Adesso i Dagget stanno organizzando per il prossimo novembre una conferenza a Lisbona, in Portogallo, sulla resistenza all’automazione nei porti. Come al solito, invece di fare appello all’azione operaia, si rivolgono al presidente degli Stati Uniti e al papa di Roma.

Nel frattempo l’International Transport Workers’ Federation (ITF, Federazione internazionale dei lavoratori dei trasporti), che costituisce l’apice della burocrazia sindacale e che è un’organizzazione palesemente corrotta, risulta – com’era prevedibile – essersi dileguata. Mentre il suo dipartimento africano ha chiesto nel 2024 di bloccare la fornitura di armi a Israele, i dirigenti dell’ITF sono in guerra con il personale del loro quartier generale di Londra, che vogliono ridurre di un quarto; gli scioperi di questi lavoratori sono tuttora in corso.20 L’incapacità o il deciso rifiuto dei sindacati “mainstream” in tutto il mondo di agire contro il genocidio a Gaza, contro la guerra sionista in gran parte del Medio Oriente e per contrastare la spinta imperialista degli Stati Uniti e della NATO alla guerra contro la Russia e la Cina significa che la lotta per un’azione operaia di classe dev’essere parte di una battaglia più ampia per un’opposizione rivoluzionaria alla burocrazia sindacale pro-imperialista e alla sua crescente integrazione nello stato capitalista.

In Italia, “epicentro” dell’opposizione combattiva guidata dai sindacati contro il barbaro massacro perpetrato dai sionisti e dagli imperialisti, l’esplosivo sciopero di massa del 22 settembre si è scontrato con il governo di coalizione di estrema destra di Giorgia Meloni e dei suoi Fratelli d’Italia fascisti. Mentre i riformisti cercavano invano di fare pressione sul governo, la Meloni inveiva contro i “sedicenti ‘pro-pal’, i sedicenti ‘antifa’, i sedicenti ‘pacifisti’” e contro gli “pseudo-manifestanti”, e dichiarava il proprio sostegno alla polizia contro “questi teppisti”. Il presidente fascista del senato Ignazio La Russa ha denunciato la “guerriglia urbana” e il ministro dei Trasporti Matteo Salvini, della Lega, ha dichiarato minacciosamente che il governo dovrebbe “avviare una riflessione” sul diritto di sciopero e che in futuro gli organizzatori delle manifestazioni dovranno versare una cauzione per gli eventuali danni.


Manifestanti pro-palestinesi bloccano i binari ferroviari a Torino, Italy, il 22 settembre scorso. Il sindacato dei ferrovieri interrompono il servizio sulle linee Trenitalia, Italo e Trenord scendendo in sciopero contro il genocidio a Gaza. (Photo: Stefano Guidi / Getty Images)

In effetti, lo sciopero e la mobilitazione di massa del 22 settembre hanno rappresentato un banco di prova per il draconiano decreto sulla sicurezza promulgato dal governo, che vieta quasi tutto ciò che i manifestanti hanno fatto: i picchetti di sciopero, l’interruzione del traffico stradale, l’occupazione delle stazioni ferroviarie, il blocco delle autostrade. Si è trattato di un’eloquente dimostrazione della natura di classe dello Stato e di come “la legge” rifletta l’equilibrio delle forze di classe. “Altro che decreto sicurezza,” ha osservato un anziano militante dei sindacati di base, “se siamo 300 mila la tangenziale la prendiamo, ci denunciassero!” (Il Manifesto, 23 settembre 2025). Ciò che viene posto sul tappeto è, in ultima analisi, la lotta per il potere statale, una lotta per la quale una direzione rivoluzionaria è indispensabile.

Oggi, come nei decenni passati, i diversi sindacati e le diverse federazioni sindacali italiane, anziché svolgere una poderosa azione di fronte unico, si muovono ciascuno per proprio conto, organizzando “scioperi generali” parziali in giornate differenti. Gli scioperi e le occupazioni sono state considerate alla stregua di tattiche per fare pressione sul regime fascista che ricorre a misure da Stato di polizia. Il Nucleo Internazionalista d’Italia, sezione della Lega per la Quarta Internazionale, ha lanciato l’appello “Per un vero sciopero generale per fermare il ‘decreto sicurezza’ e il riarmo!” (L’internazionalista, n. 8, maggio 2025). E, mentre il leader della CGIL Maurizio Landini ha dichiarato a Catania il 22 settembre che Israele dovrebbe essere sottoposto a sanzioni proprio come la Russia, noi trotskisti facciamo appello a sconfiggere la spinta degli imperialisti statunitensi e della NATO volta a smembrare la Russia e, in definitiva, a riconquistare la Cina e distruggere le sue conquiste rivoluzionarie, che la burocrazia stalinista sta attivamente svendendo.

La lotta per bloccare la spedizione di armi (o qualsiasi altro invio) allo stato sionista deve essere parte integrante di una lotta per stroncare la corsa imperialista verso la guerra. Questa lotta viene minata dalle idee sbagliate e antimarxiste ampiamente diffuse tra gli elementi di sinistra che equiparano la Russia, che è un paese capitalista intermedio, e la Cina, che è uno stato operaio burocraticamente deformato, all’imperialismo, compreso l’imperialismo italiano di second’ordine che trae superprofitti dallo sfruttamento di popoli e nazioni semicoloniali e oppressi. Alcune correnti che affondano le proprie origini fino ad Amadeo Bordiga si sono addirittura rifiutate di schierarsi nella guerra tra Israele sionista e i palestinesi o l’Iran. I leninisti e trotskisti autentici, al contrario, si schierano militarmente dalla stessa parte delle barricate di coloro che combattono l’imperialismo e il sionismo, senza dare nessun appoggio politico alle forze staliniste, islamiste o ad altre forze non proletarie.


New York City, Primo Maggio 2024, il contingente Internazionalista fa appello ad azioni operaie contro il genocidio made U.S.A./Israele a Gaza, e alla sconfitta della campagna guerrafondaia degli imperialisti contro la Russia e la Cina. (Foto: The Internationalist)

Attualmente, in varie parti d’Europa, stanno esplodendo le lotte di classe. In Francia i populisti e i sindacaliti si battono, in mobilitazioni separate, contro le terribili politiche di austerità, mentre il presidente Emmanuel Macron, che si è autoproclamato “simile a Giove”, cambia ripetutamente un primo ministro dopo l’altro. In Germania il partito fascistoide Alternative für Deutschland si nutre del malcontento causato dalla recessione economica, che è una conseguenza diretta delle sanzioni della NATO e dell’UE contro la Russia. In Gran Bretagna dei fascisti dichiarati stanno guidando cortei di massa contro gli immigrati. Sull’altra sponda dell’Atlantico l’amministrazione ultradestra di Donald Trump sta entrando nelle prime fasi di un regime di stato di polizia, con forze paramilitari mascherate che rastrellano le città per catturare gli immigrati (anche quelli che hanno una regolare cittadinanza), nella sua corsa verso deportazioni di massa.

Tutto questo e lo scoppio di guerre in tutto il mondo sono un riflesso dell’avanzata putrescenza del sistema imperialista che, com’è stato drammaticamente dimostrato dalla pandemia da COVID con il suo terribile bilancio di vittime (in particolare in Italia), non è più in grado di soddisfare i bisogni fondamentali della popolazione. La “globalizzazione” neoliberista ha fatto il suo corso, dopo aver distrutto intere zone industriali nei paesi capitalisti avanzati. Il capitalismo dello stato sociale del secondo dopoguerra è moribondo. La situazione sta rapidamente precipitando verso una Terza guerra mondiale termonucleare, che può essere impedita soltanto dalla rivoluzione socialista internazionale. Il compito che la Lega per la Quarta Internazionale si è assunta, per condurre tale lotta, è quello di consolidare il nucleo dell’avanguardia rivoluzionaria sulla base del programma bolscevico di Lenin e Trotsky.


21 gennaio 2025. Il ritorno alla vasta distruzione dei palestinesi al campo profughi di Jabaliya al Nord di Gaza durante il breve cessate il fuoco. (Foto: Abed Hajjar/Associated Press)

Come scrisse Trotsky nel Programma di transizione del 1938: “La crisi storica dell’umanità si riduce alla crisi della direzione rivoluzionaria.” E come scrisse Rosa Luxemburg tra gli orrori della Prima guerra mondiale imperialista, la scelta che l’umanità si trova di fronte è: socialismo o barbarie. Se volete sapere che aspetto abbia la barbarie, basta guardare al genocidio che è in atto oggi a Gaza. ■


  1. 1. Nel suo rapporto dell’agosto 2025, il Famine Review Committee dell’Integrated Food Security Phase Classification è arrivato alla conclusione che le condizioni a Gaza City hanno raggiunto le dimensioni di una carestia, colpendo oltre un terzo della popolazione, e che le condizioni nella zona a nord sono “simili o peggiori”.
  2. 2. Il 14 settembre 2025 il Ministero della Salute di Gaza ha segnalato circa 66.000 palestinesi uccisi nella guerra condotta da Israele. Confrontando tre diversi elenchi di individui deceduti, uno studio pubblicato nella rivista medica britannica Lancet (8 febbraio 2025) ha concluso che i dati del Ministero della Salute sottostimavano il numero effettivo dei decessi di almeno il 41%. Utilizzando lo stesso studio, l’Economist di Londra (5 maggio 2025) ha valutato che quella sottostima sia ancora maggiore e che il numero reale dei palestinesi uccisi sia superiore del 46-107%. Ciò significa che il bilancio effettivo delle vittime della guerra sarebbe compreso tra le 96.000 e le 136.000.
  3. 3. Si veda “Gaza, un genocidio ‘Made in USA’”, L’internazionalista, supplemento, ottobre 2024.
  4. 4. Si veda “Difendere i palestinesi contro la guerra genocida di USA/Israele su Gaza!” (10 ottobre 2023), L’internazionalista, n. 7, dicembre 2024.
  5. 5. Si veda “Bay Area ILWU Local 10 Calls for Labor Boycott of Arms to Israel”, The Internationalist, n. 72, gennaio-maggio 2024.
  6. 6. Sumud significa, in arabo, tenacia o resilienza.
  7. 7. Si veda “Israel’s Gaza Flotilla Massacre: Bloody War Provocation”, The Internationalist, n. 31, estate 2010.
  8. 8. Si veda “Azioni operaie internazionali contro la guerra genocida degli USA/Israele a Gaza!”, L’Intenazionalista, n. 7, dicembre 2024.
  9. 9. Si veda “Interview with Erik Helgeson of The Swedish Dock Workers Union”, Växjös Gnista, 12 giugno 2025. Il 4 febbraio un tribunale ha stabilito che l’azione del sindacato era legittima.
  10. 10. I lavoratori e gli student marocchini hanno protestato ripetutamente contro la collaborazione del governo con lo Stato sionista. I legami del regime con Israele sono talmente stretti che in maggio alcune unità dell’esercito marocchino hanno preso parte a un “addestramento congiunto alla guerra nelle gallerie” insieme alle forze d’élite della Brigata Golani israeliana, nel quadro delle esercitazioni African Lion 2025 (Israel Hayom, 25 maggio 2025).
  11. 11. La Provence, 5 giugno 2025.
  12. 12. Si veda “Grecia: I lavoratori portuali bloccano armi a Israele e all’Ucraina” (26 novembre 2024), L’internazionalista, n. 7, dicembre 2024.
  13. 13. Si veda “Francia e Italia: I portuali boicottano un carico militare saudita destinato alla guerra in Yemen” (22 giugno 2019), L’internazionalista, n. 5, agosto 2019,
  14. 14. Si veda “Netanyahu Admits Israel Economically Isolated, Says Will Need to Become ‘Super-Sparta’”, Times of Israel, 15 giugno 2025.
  15. 15. L'Autorità Palestinese è finanziata dalle entrate fiscali raccolte da Israele in Cisgiordania e dai contributi di Washington. Nel 2024, l'AP ha ricevuto 16 milioni di dollari dagli Stati Uniti, che hanno aumentato gli aiuti previsti dal bilancio a 45 milioni di dollari nel 2025. Le forze di “sicurezza” dell'AP agiscono come un'appendice israeliana, arrestando e uccidendo i militanti palestinesi.
  16. 16. L'accordo per i sottomarini, venduti dal colosso tedesco delle armi ThyssenKrupp sia a Israele che all'Egitto, è stato portato avanti da Netanyahu e dalla sua banda contro la concorrenza degli Stati Uniti e di altri paesi imperialisti.
  17. 17. Si veda “Revealed: Britain’s Labour Government Sent 8,000 ‘Munitions of War’ to Israel After Saying It Had Stopped”, Drop Site, 7 maggio 2025.
  18. 18. Palestine Action è un gruppo di azione diretta “impegnato a mettere fine alla partecipazione globale al regime genocida e di apartheid di Israele” utilizzando tattiche dirompenti contro “attività aziendali” del tipo di quelle dei produttori di armi che riforniscono Israele.
  19. 19. In realtà l’ILA aveva sabotato quella lotta, rifiutandosi per oltre un anno di difendere i Charleston Five.
  20. 20. Si veda “Rolex-Wearing Union Leader Faces Allegations of Union-Busting”, Novara Media, 6 agosto 2025.